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lemond
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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCVII

Quando Bruto era giunto ad Atene nel mese di sestile, aveva trovato l'adulazione che si aspettava da Roma per aver ucciso Cesare. I Greci avevano un debole per i tirannicidi, anche perché si aspettavano che Bruto fosse lì per sollevare l'Oriente e buttar fuori Roma, ma invece quel patrizio romano si limitava a comportarsi da intellettuale, passando da una conferenza all'altra. E le cose non mutarono anche quando, un mese dopo, giunse anche Cassio.
Però a Cassio bastò poco per stufarsi di quella vita e presto s'imbarcò per passare di isola in isola sull'Egeo fino alla provincia d'Asia, lasciando Bruto a oscillare fra il dovere di andare a governare la Macedonia e il reale desiderio di restare ad Atene. Aveva lettere da scrivere e tanto altro da fare, prima di mettersi in viaggio e fu solo alla fine di Novembre che arrivò a Tessalonica e, anche lì, non sapeva che fare e decise di aspettare l'anno nuovo, prima di prendere il posto di Ortensio e, mentre procrastinava, la Quinta legione partì.
Il governatore dell'Illiria, Publio Vatinio era a Salona con due legioni, ma disinformato di quel che accadeva a Roma, pensava che fosse Gaio Antonio il legittimo governatore della Macedonia (non Ortensio e poi Bruto) e decise di spostarsi a Dirrachio con le legioni per aspettare l'arrivo del fratello di Antonio.
Spronato da una lettera di Servilia, alla fine Bruto decise di agire, lasciò Ortensio a Tessalonica e si mise in marcia, con l'unica legione rimasta, verso ovest, sulla via Egnazia, ma il tempo era spaventoso e il procedere, terribilmente lento ed era ancora sugli altipiani della Candavia alla fine dell'anno in cui Cesare era stato assassinato.
Cassio era arrivato a Smirne all'inizio di novembre e aveva trovato Gaio Trebonio ben sistemato, come governatore. Gli confidò che sarebbe andato in Siria a prendere la provincia a Dolabella e alla fine di novembre, prese il mare. A Rodi non ebbe nessuna fortuna, perché come da tradizione, la città non voleva avere niente a che fare con le guerre intestine dei Romani. A Tarso ebbe il medesimo rifiuto e solo ad Antiochia trovò le legioni di Lucio Staio Murco, un altro LIberatore, che fu felice di lasciargli le redini.
Alla fine di quell'anno orribile, ormai tutto era pronto per l'inizio di un'altra guerra civile e nessuno sapeva minimamente che cosa sarebbe successo.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCVIII

Da gennaio fino a sestile del $3 a.C.


Cicerone, esattamente vent'anni dopo, pensava di dover di nuovo "salvare la patria" :D La paura e Catone gli avevano impedito di condizionare gli eventi secondo il proprio giudizio in passato, ma ora doveva intervenire per impedire ad Antonio di assicurarsi il potere! D'altra parte il cugino di Cesare gli forniva davvero tante munizioni: era rozzo, intemperante, crudele, impulsivo, stolto!
Doveva solo convincere il Senato e il popolo che i Liberatori erano autentici eroi e che al contempo erano anche nemici di Antonio (tralasciava Ottaviano, perché non lo considerava una pedina importante).
Ormai Antonio era un consolare e l'imperium l'aveva ricevuto solo dall'Assemblea della plebe e non anche dal Senato, per cui era facile toglierlo, tanto più che lui era un patrizio! Era di per sé un argomento debole, dato che anche molti patrizi in passato avevano ricevuto province dalla plebe, ma Cicerone lo usò egualmente.
Abbiamo detto che la strategia del Nostro verteva anche sul far pendere la bilancia dalla parte dei Liberatori, ma in primis doveva far staccare il Senato da Antonio e solo dopo ...
Cicerone aveva un potente alleato in Vazia Isaurico, che incolpava Antonio del suicidio del padre e pensava anche che fosse uno dei cospiratori assassini e l'influenza di Vazia era enorme in Senato.
I due parlarono all'unisono e alla fine chiesero che Antonio fosse dichiarato "hostis"! Però non avevano considerato il diritto dei consoli di chiedere ad altri di parlare, prima della votazione (per divisione). E il console superiore, che deteneva i fasci in gennaio, era Pansa e suo suocero era un antoniano dei più fedeli e proprio Quinto Fufio Caleno fu chiamato a parlare.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCIX

"Suggerisco, disse abilmente Caleno, che prima di vedere una divisione in aula sulla mozione di Marco Cicerone, sia inviata un'ambasciata a Marco Antonio, con il potere di imporgli il ritorno a Roma, lasciando l'assedio di Modena."
- Mandare un'ambasciata a un uomo del genere significa solo ritardare l'inevitabile guerra!" (rispose Cicerone) -
Pansa mise da parte la mozione e dette la parola a Vazia, il quale si lanciò in un lungo discorso in lode di Gaio filius e stava ancora parlando quando si dovette chiedere la riunione per il tramonto. Il giorno dopo proseguì nel panegirico e chiese che l'erede di Cesare fosse cooptato immediatamente in Senato e che gli fosse permesso di candidarsi alla carica di console prima del "suo anno" e che, nel frattempo avesse l'imperio di propretore e assegnato un terzo del comando contro Marco Antonio.
Il 4 gennaio si deliberò su tutto quanto proposto da Vazia Isaurico e, in più, (sempre a Gaio filius) furono assegnati i fondi che aveva promesso alle truppe come gratifica. Il governo di tutte le province doveva restare come Cesare l'aveva dettato e quindi Decimo bruto era il governatore ufficiale della Gallia Cisalpina.
In quello stesso giorno apparvero sul portico dell'ingresso alla Curia Ostilia Fulvia e Giulia Antonia. La moglie e la madre erano vestite di nero e singhiozzando, chiedevano al Senato che il marito/figlio non fosse dichiarato hostis!
Pansa decise di accontentarle e spedì l'ambasciata richiesta da Caleno quattro giorni prima.
Marco Antonio era ancora un cittadino romano, benché nel pieno di una sfida contro il Senato e il popolo di Roma.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" C

Gaio filius si mise in marcia, da Arretium verso nord con l'imperio di propretore e, quando Salvidieno gli chiese se si sarebbero scontrati con Antonio, rispose che sperava di no.
Aulo Irzio, console subalterno, avrebbe dovuto raggiungere Ottaviano con altre tre legioni, per assumere il comando delle forze riunite, ma aveva un'affezione polmonare e non sarebbe stato in grado di scendere in campo; ma quell'uomo leale e altruista, si avvolse in scialli e pellicce e si avviò per la via Flaminia tra turbini di vento inclementi! E raggiunse il propretore a sud-est della grande città di Bonomia.
La mobilitazione nell'Italia propriamente detta procedeva a tutta velocità e Cicerone, deliziato, colse l'opportunità di parlare ancora una volta contro Antonio: la settima invettiva.
Lucio Cesare gli rispose che volerlo dichiarare hostis pareva eccessivo e inimicus sarebbe stata una punizione sufficiente.
In quella riunione si seppe che Antonio rifiutava di sottostare alle condizioni del Senato e diceva che avrebbe rinunciato alla Gallia Cisalpina in favore di Decimo Bruto se avesse potuto tenersi la Gallia Transalpina fino a dopo che Bruto e Cassio fossero stati consoli, ovvero di lì a quattro anni.
Cicerone si sedette attonito, Marco Antonio gli aveva rubato l'idea, stava proclamando al Senato che cambiava fazione e riconosceva i diritti dei LIberatori! :x
Il Senato invece rispose che accettare le richieste di Antonio voleva dire non controllare più i magistrati e dichiarò lo stato di tumultus, autorizzando i consoli Pansa e Irzio a dar battaglia ad Antonio con un decreto ultimum, si rifiutò tuttavia di dichiarare quet'ultimo hostis, era solo un inimicus.
Tutte le leggi passate da Antonio in qualità di console erano dunque abrogate: suo fratello Gaio non era più governatore della Macedonia, la razzia dell'argento di Ops era illegale e così pure la distribuzione di terra ai veterani.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CI

Alle Idi di febbraio arrivò una lettera di Marco Giunio Bruto per informare il Senato che Quinto Ortensio lo aveva nominato governatore della Macedonia e che Gaio Antonio era stato rinchiuso nelle prigioni di Apollonia.
Cicerone fece istanza affinché l'aula confermasse la carica e la ottenne; ormai per Marco Tullio non restava che ottenere la Siria per Cassio, strappandola a Dolabella.
Quest'ultimo nella sua marcia aveva messo a sacco le città della Provincia Asiatica e a Smirne era riuscito, con l'inganno, a prendere il governatore Trebonio prigioniero e preteso di sapere dover fossero custodite le finanze cittadine, ma nemmeno la tortura era riuscita a estorcergli le informazioni, per cui Dolabella lo aveva ucciso! (P.S. Gaio Trebonio fu il primo degli assassini di Cesare a morire; poco prima delle Idi di marzo del 43 a. C.)
La notizia sconvolse gli antoniani, come potevano difendere il sodale, che si era comportato in modo così barbaro? Fufio Caleno e i suoi non ebbero altra scelta in Senato che votare, insieme a tutti gli altri, affinché Dolabella fosse dichiarato *hostis*!
Cicerone approfittò subito per ottenere la nomina a governatore della Siria per Gaio Cassio Longino, ma quello i consoli non l'avrebbero permesso e Pansa forzò una mozione che conferiva a lui e a Irzio il comando della guerra contro Dolabella, non appena fosse finita quella in Gallia Cisalpina.
Ottenuta l'approvazione, affidò la cura di Roma ai pretori e marciò con altre regioni verso lo scontro con Antonio.
Il giorno dopo la partenza di Pansa, arrivarono lettere dalla Spagna, in particolare Marco Emilio Lepido sosteneva che lui e Lucio Munazio Planco avevano due eserciti che si sarebbero schierati con Marco Antonio.
"Ricatto!", disse Cicerone e si arrogò il titolo di scrivere a Lepido e Planco per significare ai due che dovevano interessarsi solo delle loro lontane province e non mettere il becco nelle questioni romane!
Lepido, che era un patrizio, reagì come se fosse stato infilzato da un pungolo per buoi ... come osava quell'arrampicatore, venuto dal nulla, di Cicerone rampognare un Emilio Lepido? :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CII

Nel mese di Marzo le condizioni atmosferiche migliorarono; Irzio e Gaio filius si spostarono verso Modena, costringendo Antonio ad abbandonare Bonomia. Pansa stava arrivando con tre legioni di reclute, ma Antonio riuscì ad intercettarlo a Forum Gallorum (Castelfranco Emilia) e gli impose gravi perdite, lo stesso Pansa fu ferito gravemente.
Dopo la battaglia si vide con chiarezza che tipo di generale fosse Marco Antonio: non fece alcun tentativo di serrare i ranghi; lasciò invece che gli uomini saccheggiassero la colonna dei bagagli di Pansa e si disperdessero in ogni direzione, per cui quando giunse Irzio non era minimamente in grado di combattere e fu battuto malamente! Irzio, insieme a Gaio filius, terminò il confronto il 21 di aprile in una battaglia così decisiva da lasciare ad Antonio solo la possibilità di fuga sulla via Emilia.
Ma, nonostante la vittoria, la fortuna non era completamente dalla parte del potere ufficiale di Roma, perché Irzio morì nella battaglia e il giorno dopo si seppe che anche Pansa non era sopravvissuto alle ferite di alcuni giorni prima!
Gli unici romani al comando rimasti erano dunque Gaio filius e Decimo bruto, liberato dall'assedio di Modena e terribilmente sconvolto per non aver potuto combattere contro Antonio! :muro:
Gaio filius sapeva che ad Antonio era rimasta una sola legione, la Quinta Alauda e con essa stava andando ad ovest molto in fretta e quando incontrò Bruto (evento molto spiacevole per l'erede di Cesare) dovette trattarlo con riguardo e gli chiese se avesse intenzione di inseguire Antonio? Ma poi non riuscì a esemersi dal chiedere perché aveva ucciso suo padre!?
"L'ò ucciso perché tutto ciò che avevamo, io e qualunque altro nobile romano, dipendeva dalle sue grazie e dal suo favore. Aveva assunto l'autorità di un monarca, se non il titolo, e si riteneva l'unico uomo capace di governare Roma!"
- Aveva ragione! -
"Aveva torto!"
- Roma è un impero mondiale, il che obbliga a una nuova forma di governo e Cesare l'aveva capito da tempo. -
"Intendi diventare il prossimo Cesare?"
- Io sono il prossimo Cesare! E, al contrario di lui, non mostrerò nessuna clemenza verso chi mi si opporrà e fra questi di certo ci sarai anche tu e gli altri assassini! -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CIII

Due giorni dopo Decimo venne a trovare Ottaviano per comunicargli che Publio Ventidio era in marcia per unirsi ad Antonio con tre legioni reclutate nel Piceno e gli chiese di andare a fermarlo.
La mente di Gaio filius corse veloce: "Lui sa che non so comandare e vuole che prenda dei begli sculaccioni e inoltre se mi muovessi da qui, il Senato mi vedrebbe come un altro giovane Pompeo Magno, troppo presuntuoso e di sfrenata ambizione! Devo dire di no."
- MI rifiuto di muovere l'armata per andare incontro a Publio Ventidio, perché il consiglio mi viene da uno degli assassini di mio padre! -
Decimo dovette andarsene molto risentito, mentre lui sospirava di sollievo in quanto si era messo al sicuro da eventuali trame del Senato, che forse aspettava solo un pretesto per dichiarare hostis l'erede di Cesare. Ma se lui non rientrava in Italia (dalla Gallia Cisalpina) con l'esercito, non ci sarebbe stato nessun pretesto. :)
Un nundinum più tardi ricevette la conferma di aver visto giusto: il Senato attribuiva il trionfo a Decimo Bruto e consegnava allo stesso tutte le legioni, comprese quelle che appartenevano ad Ottaviano, la cui ricompensa era la semplice ovazione.
"Bene, bene, disse Gaio filius ad Agrippa, adesso sappiamo con chi abbiamo a che fare, no?"
- Che cosa intendi fare? -
"Nihil, restiamo qui e aspettiamo e intanto tu puoi informare le truppe che il Senato si è rifiutato di far onore a quanto loro promesso, vale a dire le gratifiche! Inoltre, ti avverto che Decimo Bruto potrà prendersi le legioni di Irzio e Pansa, ma non le mie!"
Infatti, quando il Liberatore emanò l'ordine di marciare con lui, i rappresentanti delle sei legioni dichiararono senza mezzi termini che non si sarebbero messi sotto il comando di un uomo che aveva assassinato il Vecchio!
Decimo fu costretto a muovere verso ovest senza di esse e Gaio filius si ritirò con le truppe a Bonomia, aspettando/sperando nella rovina di Bruto. La speranza era però legata al filo dell'orgoglio di Bruto e cioè che costui non cercasse un accomodamento con Antonio, invece dello scontro. Nel caso della loro alleanza, si sarebbero poi gettati contro di lui e l'avrebbero fatto a pezzi! :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CIV

Appena ricevuta l'oltraggiosa lettera di Cicerone, che gli diceva di farsi gli affari provinciali suoi, Marco Emilio Lepido spostò le legioni al confine orientale della Gallia Narbonese per dimostrare che voleva essere presente nel conflitto. Anche Lucio Munazio Planco dalla Gallia Comata cominciò a marciare lungo il Rodano con dieci legioni, anche se non sapeva da quale parte schierarsi.
Intanto Antonio s'incontrò a Genua con Ventidio e da lì seminarono una falsa pista, in modo che Decimo Bruto la seguisse. La trappola funzionò; Decimò oltrepassò Placentia e prese la via Domizia attraverso i picchi alpini, molto più a nord di Antonio e Ventidio.
Antonio seguiva la strada costiera fino a raggiungere Forum Iulii (Fréjus, a poco più di 1 Km dalla costa su una collina tra i fiumi Argens e Reyran), poco lontano da dove era accampato Lepido. A stretto contatto le truppe dei due eserciti fraternizzarono e dopo poco i capi decisero di unire le forze.
Planco invece scelse Decimo Bruto, perché lui, benché indeciso, voleva essere un governatore legale e anche Lepido, intanto, era stato dichiarato inimicus.
Ma Decimo non era più il grande generale di un tempo: aveva perso tutta l'antica baldanza e si preoccupava molto perché la maggior parte delle truppe era formata da reclute e, benché avesse addirittura quattordici legioni, non fece nulla per provocare il confronto con gli inimici.
Così tutti giocarono ad aspettare, finché, all'inizio di sestile arrivò Pollione dalla Spagna Ulteriore per unirsi a Lepido e la prima cosa che fece, fu quella di scrivere a Planco per invitarlo a lasciare Decimo e costui cambiò partito, lasciando Bruto ai suoi tentennamenti e al suo destino!
Quando Bruto si accorse della diserzione, fu preso da una tremenda depressione, alzò le mani e rinunciò ai suoi doveri militari e all'imperium! Insieme a pochi amici si mise in marcia per raggiungere Marco Bruto in Macedonia, un'impresa ardua, ma non impossibile, perché in estate tutti i passi alpini erano aperti. Arrivato, però, nella terra dei Brenni, fu riconosciuto e fatto prigioniero. Costoro sapevano che era uno dei LIberatori, mentre i Brenni idolatravano Cesare come colui che aveva saputo sconfiggere il loro idolo Vercingetorige, ragion per cui pensarono di fare cosa buona e giusta a uccidere un assassino e mandarne la testa ad Antonio, dal quale poco dopo ricevettero un borsa d'oro.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CV

L'ultimo giorno di Sestile il Senato aveva dichiarato inimicus Marco Emilio Lepido per essersi unito ad Antonio, però era Pontefice Massimo e questa carica si poteva togliere solo per Hostis.
Intanto i LIberatori stavano calando di numero: dopo Trebonio e Decimo, anche Lucio Minucio Basilio era stato ucciso, lui a causa di una ribellione dei suoi schiavi. Quest'ultima non fu percepita come grave perdita da nessuno, ma i LIberatori, comunque, si chiedevano per quanto ancora Ottaviano si sarebbe tenuto nell'ombra, mentre il popolo continuava a chiedere che gli assassini fossero puniti?
Ma in Senato le preoccupazioni erano altre, perché ventitré legioni di fatto erano state dichiarate nemiche!
Verso la fine di luglio, quattrocento vecchi centurioni e soldati giunsero a Roma per chiedere udienza al Senato e chiedere le gratifiche per loro e la carca di console per Gaio filius, ma i padri coscritti rispose con due no tondi, tondi!
Ma l'ultimo giorno del mese Gaio passò il Rubicone con otto legioni e il Senato fu preso dal panico e inviò messi, pregando Ottaviano di arrestare la marcia, gli sarebbe stato permesso di candidarsi a console in absentia e quindi non c'era nessuna ragione di continuare.
Gaio filius non fu per niente persuaso e il diciassette di sestile entrò a Roma "senza colpo ferire"! Il popolo accolse i soldati con applausi e lancio di fiori. Ci fu un solo morto (suicida): Marco Cecilio Cornuto.
Il giorno seguente il Senato capitolò e chiese all'erede di Cesare di candidarsi a console superiore, con Quinto Pedio come subalterno.
Più un un mese prima del ventesimo compleanno. Gaio Giulio Cesare filius era giunto sulla scena del mondo e non l'avrebbe lasciata tanto presto. :)


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Da sestile a dicembre del 43 a. C.


Solo Marco Vipsanio Agrippa conosceva fino in fondo l'animo di Gaio filius, egli poteva quasi di calarsi fino agli inferi: non c'era fallimento umano che sfuggisse all'attenzione, debolezza che ignorasse, commento casuale che non soppesasse. Gaio aveva l'istinto di un rettile: si manteneva immobile, mentre gli altri facevano l'errore di muoversi e quando si muoveva lui, era così rapido da sembrare solo una traccia.

"Per prima cosa, disse Gaio filius ad Agrippa, devo fare in modo che tu e gli altri entriate in Senato, Non c'è tempo di tenere elezioni per i questori, quindi dovrete essere cooptati. Poi istituiremo un tribunale speciale per processare gli assassini e ogni amico mio provvederà a incriminare uno di loro, a te spetterà Cassio!"
- Varerai personalmente le legislazione del tribunale? -
"No, sarebbe un mossa poco saggia, può farlo Quinto Pedio, il quale dovrà emanare anche misure straordinarie per il grano, data la siccità che ha colpito in ogni dove. I capite censi sono molto importanti per me, tanto più che forniscono la maggior parte dei soldati di Roma. Domani a quest'ora diventerò Caesar filius per legge e quindi entrerò in possesso del patrimonio e pagherò il regalo al popolo, ma per il resto non ho nessuna intenzione di sperperarlo, per il momento Roma mi appartiene, ma prima o poi finirà e quei soldi mi serviranno."
- Ma tu devi ai legionari più di trecento milioni, non vedo come puoi riuscirci senza intaccare il patrimonio? -
"Non intendo pagare tutto in contanti, solo una parte e per il resto mi impegnerò per un versamento rateale, dopo aver loro spiegato che in tal modo godranno di un reddito annuale sicuro e avranno pure un interesse garantito del 10 per cento. In questo mod riuscirò a conservare la fedeltà." :)
E ce la farà, penso Agrippa, soggiogato. Che magnifico finanziere sarebbe stato.


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Filippo stava male per quel suo figliastro assetato di potere e in più quel lungo viaggio diplomatico in Gallia Cisalpina nel pieno dell'inverno gli aveva causato la cancrena alle dita dei piedi, tanto che i chirurghi avevano consigliato l'amputazione, che lui aveva rifiutato con orrore!
A una cena di famiglia, Gaio filius portò con sé Agrippa; Filippo ne fece la conoscenza e non ebbe difficoltà a vedere in lui un naturale condottiero di uomini, che però soffocava del tutto le ambizioni a favore di Ottavio. Se Cesare avesse avuto con sé un Agrippa, nessuno avrebbe potuto assassinarla, si disse.
Per Gaio filius la cena fu una gioia, perché c'era anche la sorella: Ottavia era la persona più cara al suo cuore e quel giorno gli sembrava fosse davvero sbocciata e aveva gli occhi più belli, che mai donna avesse posseduto. "La terrò come un tesoro, si disse, e la proteggerò come spirito guida ogni giorno della mia vita."
Il marito di Ottavia, Gaio Claudio Marcello Minore si trovava in una posizione curiosa, perché la sua famiglia si era opposta a Cesare in modo ostinato. Quella sera chiese se davvero fosse arrivato il momento di perseguire i Liberatori? Subito però colse il lampo negli occhi di Ottaviano, all'uso di quel nome detestato e si affrettò a correggersi, aggiungendo che aveva usato, come tanti, quell'epiteto con sarcasmo e non in senso proprio.
Filippo gli venne in aiuto: "Da quanto ho sentito dire, Vatinio non contesterà la presenza di Marco Bruto in Illiria e poi c'è Cassio in Siria, perché processare gli assassini ed esacerbare la situazione? Se Bruto e Cassia saranno condannati, dovrebbero fare la guerra a Roma e l'Urbe non ha bisogno di un altro focolaio, insieme a quello di Antonio!"
Gaio filius subito rispose che gli assassini dovevano essere processati e che il Senato e il popolo di Roma doveva capire che l'omicidio è omicidio e
"se non hanno osato togliere la carica di dittatore a mio padre, perché ne avevano paura, pur sapendo che Cesare non aveva mai fatto giustiziare nessuno, anzi aveva sempre perdonato tutti, avranno invece ben più motivo di aver paura di me, non mi darò pace finché non sarà morto anche l'ultimo assassino, con disonore, le proprietà confiscate, le mogli e i figli gettati in povertà! Ma non mi limiterò agli assassini, mi sbarazzerò di tutti i nemici di Cesare!"
Gli astanti capirono che il Cesare a cui alludeva, era lui stesso.


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Gaio Giulio Cesare Ottaviano e Quinto Pedio celebrarono i processi nel primo mese di mandato consolare, con ventitré udienze separate (anche i morti). Le giurie condannarono i Liberatori all'unanimità e li dichiararono nefas. Un processo sussidiario condannò Sesto Pompeo per alto tradimento, ma quello non fu all'unanimità, una tavoletta fu restituita con absolvo.
"Perché l'ài fatto, chiese Agrippa a quel cavaliere?"
- Non è un traditore! -
Furono distribuiti i lasciti al popolo e giardini di Cesare furono aperti ai Romani di tutti i ceti.
Si tennero elezioni suppletive per i tribuni e i due, che riempirono i posti vacanti, furono Marco Agrippa e Lucio Cornificio.
Fedele alla parola data, il nuovo console superiore prelevò dall'erario il denaro sufficiente a pagare alle legioni diecimila sesterzi ciascuna e anche a lasciare una scorta per far fronte ai prezzi del grano, che aumentavano continuamente. Poi pensò che una buona propaganda valeva più di molti talenti e reclutò sei umili soldati per ogni legione, con l'incarico di diffondere le notizie sulla generosità di Cesare verso le truppe e che in definitiva il mestiere del militare poteva essere molto attraente, tanto più che il servizio di guarnigione permetteva una vita famigliare sul posto. Si trattava, nei piani di Gaio filius, di preparare i legionari all'idea di un esercito in servizio permanente.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CIX

Il 23 settembre, che era anche il compleanno, Gaio filius prese undici legioni e si mise in marcia per affrontare Antonio e i governatori occidentali. Ad Agrippa non era piaciuta l'idea di abbandonarlo, ma Cesare rispose che se la sarebbe cavata, mentre "Ho bisogno che tu resti a Roma per accumulare esperienza in pace e come si fanno le leggi. Credimi, non corro alcun pericolo in questa campagna."
Arrivò a Bonomia, dove pose il campo e mandò a prendere a Modena le sei legioni di reclute, che Decimo Bruto aveva abbandonato, considerandole inutili, le fece addestrare da Salvidenio e intanto attese l'arrivo di Antonio, contro il quale non aveva nessuna intenzione di combattere. Il motivo della decisione era semplice: se non fosse riuscito a riunire tutte le fazioni della vecchia alleanza nella guerra civile di Cesare, Roma sarebbe andata a Bruto e Cassio, che controllavano le province ad est dell'Adriatico!
Anche Antonio era consapevole di Bruto e Cassio, ma nei suoi pensieri accomunava Ottaviano ai due LIberatori, però non sapeva quale effetto avrebbe avuto sulla truppe romane (tutte) l'uccisione da parte sua dell'erede di Cesare!?
Quando giunse a Modena incontrò il tribuno della plebe Lucio Cornificio, che Antonio non poteva bistrattare, perché i rappresentati del popolo erano sacri e inviolabili quando agivano per conto della plebe ed era proprio questo che Cornificio affermava di star facendo.
"Il console Cesare, disse, desiderava conferire con Marco Antonio ed Emilio Lepido."
- Vuole conferire o arrendersi? - ghignò Antonio, ma poi disse che avrebbe preso in considerazione la proposta.
Cornificio andò al galoppo avanti e indietro per diversi giorni, ma infine fu convenuto che Antonio, Lepido e Ottaviano si sarebbe incontrati per conferire su un'isola nel mezzo del fiume Lavino, vicino a Bonomia.
Era stato proprio Cornificio a decidere il luogo


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CX

L'isola era piccola e rigogliosa, ombreggiata da diversi pioppi e sotto uno c'erano tre sedie curuli; il pubblico era numeroso: entrambe le armate erano allineate sulla riva del Lavino.
Parlò per primo Antonio: "Sai bene che se scendiamo in battaglia, perderai!"
- Abbiamo diciassette legioni ciascuno, con veterani distribuiti quasi in parità, tuttavia hai il vantaggio di una maggiore esperienza nel comando. -
"Quindi vuoi uscire dalla fossa?"
- Non penso a me stesso, alla mia età posso sopportare anche un'eventuale sconfitta, ma voglio provare a far sì che non ci siano morti romani, perché dovrebbero versare il loro sangue solo per decidere chi fra te e me è il capobranco? -
Era una domanda dalla risposta molto difficile, a cui Antonio non sapeva rispondere.
- Davvero, non desidero una carneficina, voglio invece che coloro che seguivano mio padre si riuniscano sotto la stessa bandiera per combattere i veri nemici di Roma, che non sono qui, ma in Oriente! -
"Continua, Ottaviano." Ma poi fu lui a proseguire, dicendo che avrebbero dovuto colpire così forte da non dar loro la possibilità di fare quello che è successo dopo Farsalo!
Gaio filius sapeva che il modo per ottenere l'alleanza era dare all'altro l'impressione che gli avrebbe ceduto la supremazia finché l'età gliela negava. Se ci crede, andrà bene per tutti, finché Bruto e Cassio non saranno schiacciati, dopo di che vedremo, una cosa per volta.
"Ovviamente, disse Antonio, le mie legioni non acconsentiranno a un accordo che dia l'impressione di una tua vittoria. Ma che cosa ne dite, se dividiamo il dominio di Roma più o meno equamente fra noi tre? Per esempio una dittatura divisa in tre parti. La dittatura l'ò abolita e non me ne pento, però Roma non può essere comandata da una sfilza di semplici consoli finché i LIberatori non saranno finiti, però un vero dittatore è malvisto da quelli che credono nella Repubblica, ma se dividiamo il potere in tre, ciascuno sarà controllore e controllato."
- Un triunvirato per rimettere in ordine gli affari della Repubblica, sì, suona bene. Tranquillerà il Senato e piacerà al popolo. -
"E inoltre mostrerà a tutti che noi siamo il loro vero governo e nessuno penserà alla guerra civile quando andremo a est per combattere; è stata una buona idea, Ottaviano, condannare i LIberatori per alto tradimento, così non dovremmo combattere cittadini romani."
- Bene, ma non basta essere d'accordo sulla strategia bellica, dobbiamo anche trovare il modo di sfamare le nostre legioni e i cittadini e vi devo avvertire che l'Erario ormai è vuoto! -
"Io conosco un modo"
- Sono tutto orecchie. -

-


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXI

"La soluzione non è uno scherzo e la parola è uno sola *Proscrizione!*
Il silenzio fu l'unica eco che suonò come risposta e Lepido sembrava quasi che stesse per svenire; riuscì solo a balbettare: - Antonio, non oseremo ... -
Gaio filius sedeva con aria meditabonda: "Mio padre era famoso per la clemenza, ma è stata proprio quella a ucciderlo, la maggior parte degli assassini era proprio gente alla quale aveva accordato il perdono; se non lo avesse fatto non avrebbe dovuto preoccuparsi di Bruto e Cassio e ora Roma avrebbe tutto il gettito orientale, per cui sono d'accordo con te, Marco Antonio, però non faremo l'errore di Silla di documentare le ricompense, così da non dare a chicchessia l'opportunità di costringerci a punire i nostri delatori."
- Non posso accettare, si lamentò Lepido, mio fratello Paolo è stato dalla parte dei Liberatori e degli Ottimati! -
"E noi lo proscriveremo, disse Antonio; anch'io ho qualche parente che dovrà essere condannato; pazienza."
- Sarà meglio procedere con cautela, rispose Cesare, chi non costituisce una minaccia, lasciamolo perdere e quindi Paolo non sarà fra i proscritti e così non ci renderemo famosi/odiosi come coloro che hanno processato i propri parenti stretti! Così come non dovremo toccare nessun banchiere, l'ultima cosa che vogliamo è privarci in futuro dei più illustri finanzieri, perché anche tu Antonio sai che le proscrizioni sono una misura temporanea e gente come Attico, Oppio ci servirà e molto per far girare i soldi, quanto la guerra civile sarà terminata. -
"Ha ragione lui, disse Lepido, flebile."
- Affare fatto, replicò Antonio. -
"Hai pensato, Antonio a come regolare questo comitato a tre?"
- In Italia avremo gli stessi poteri, ma fuori, credo che dovremo suddividerci le province, io mi prendo la Gallia Cisalpina e Transalpina, Lepido potrà avere la Narbonese e le Spagne, il che lascia a te le Afriche, e le isole del mediterraneo occidentale, ti va bene Ottaviano? -
"Mettiamola così, non mi lamenterò se avrò il pieno e uguale comando quando andremo a oriente per Bruto e Cassio."
Antonio stava per dissentire, ma vide che Lepido era invece d'accordo con Ottaviano e quindi decise di accettare il comando congiunto.
I tre andarono fino al centro dell'isola per stringersi la mano e dalla gola di tutti gli astanti eruppero urla gioiose: il Triunvirato era una realtà. :clap:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXII

La maggior parte della Gallia Cisalpina era una pianura alluvionale bagnata dal fiume Padus (nuovo nome dell'Eridano) e dai suoi molti affluenti, il che assicurava sempre buoni raccolti di grano, che però era difficile far arrivare in Italia a causa della catena appenninica, per cui i triunviri decisero di lasciare le legioni in Gallia e si misero in viaggio per Roma accompagnati solo da poche truppe.
"Tuttavia, disse Gaio filius, poiché la responsabilità di nutrire Roma e l'Italia è ricaduta su di me, proverò a inviare carri di frumento attraverso Dertona e la costa toscana: i gradienti non sembrano impossibili da quella parte, anche se finora non ci abbiamo mai provato."
Egli non smetteva mai di pensare alle questioni pratiche, non era come Antonio che sognava soltanto la gloria militare. Il maggior desiderio di Cesare era invece quello di vedere Roma in pace e il motivo era piuttosto semplice: le guerre prosciugavano l'Erario, dato che ormai quasi tutti i tesori esterni erano già stati assorbiti da Roma, tranne uno, ovvero quello egizio. Solo in quel settore Roma avrebbe dovuto impiegare le legioni, anche perché quel grande e antico paese produceva quantità enorme di grano. Negli ultimi anni abbiamo combattuto, pensava il Nostro, più per le guerre civili che contro popoli altri, quella versus Bruto e Cassio dovrà essere l'ultima, anche perché Sesto Pompeo è solo un pirata e non potrà raccogliere l'eredità dei due, in quanto ha scelto il mare e non saprà mai organizzarsi per una vera campagna.
L'arrivo a Roma di Gaio avvenne verso la fine di novembre e il console superiore si recò subito ai rostri, per pronunciare un breve e toccante discorso, che non lasciò dubbi sul suo ruolo centrale nella riconciliazione delle parti e che, da ora in poi. lui doveva essere conosciuto come Cesare il pacificatore e mai come il guerrafondaio. Aggiunse che le leggi per l'istituzione del triunvirato sarebbero state promulgate dall'assemblea del popolo, così come le norme eccezionali sulle proscrizioni.
Quinto Pedio si alzò in piedi a proclamare che, in qualità di console, si sarebbe opposto a quest'ultima misura, ma poi capì che nulla poteva contro gli alleati e la notte stessa si gettò sulla spada!
Gaio, fu subito avvertito e disse alla moglie Valeria Messala e al fratello, augure, che avrebbe annunciato lui la morte del console, come consumato dai doveri di magistrato. "Datemi retta, per voi è molto meglio così".


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXIII

Antonio entrò in città con molta più pompa di Ottaviano e fu molto compiaciuto dell'accoglienza che ricevette, così come Lepido il giorno dopo.
Verso la fine di novembre Gaio filius rassegnò le dimissioni da console e non appena Gaio Carrina e Publio Ventidio (due antoniani) si furono insediati come suffetti, Publio Tizio andò alla plebe.
In primis legiferò l'esistenza ufficiale del Triunvirato con il consenso di tutte le tribù, poi varò i provvedimenti sui nemici pubblici: c'erano centotrenta nomi, fra i quali il primo, per espressa richiesta di Antonio, era quello di Marco Tullio Cicerone. Il motivo della proscrizione per tutti era: "simpatie per i LIberatori."
Attico e i banchieri erano stati informati in privato che non sarebbero stati nella lista, il che impedì che il denaro finisse in molti nascondigli, mentre intanto l'Erario si riempiva, se pur lentamente, dei contanti e degli investimenti degli appartenenti alla prima e seconda classe.
Quando Cicerone aveva saputo del patto dei triunviri a Bonomia, era partito da Roma per Tuscolo, ma la vecchia casa colonica era troppo densa di ricordi ed era già in viaggio quando Tirone gli comunicò che il suo nome era il primo nella lista dei proscritti! L'intenzione era di prendere una nave a Caieta per raggiungere Bruto oppure andare da Sesto Pompeo in Sicilia. Riuscì a noleggiarne una, ma era l'inizio di dicembre e il tempo invernale aveva portato Fortunali, che avevano ricacciato la barca a riva molte volte e Cicerone fu preso da una depressione così terribile che gli tolse ogni speranza: non ci sarebbe stata partenza dall'Italia per Marco Tullio Cicerone!
"Torniamo a Caieta e lasciami a riva, disse."
Morirò, ma almeno sarà nel Paese che ho fatto tanto per salvare, sono stanco di vivere e non voglio più sopportare la crudeltà dei tempi!
Fu in questo stato d'animo che incontrò Gaio Pompilio Lena e i suoi uomini, mandati da Antonio. Il centurione Erennio sguainò la spada e procedette alla decapitazione. La testa fu gettata in una scatola apposita, insieme alla mano che aveva scritto cose terribili e false su Marco Antonio! Quando quest'ultimo l'aprì, con grande sodisfazione, esclamò: "Ti ho preso alla fine, vecchio cunnus vendicativo!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXIV

Gaio Cesare Ottaviano si era impegnato con Antonio a sposare Claudia, la figlia di Fulvia, ma quando seppe come lei si era comportata con le spoglie di Cicerone, disse a Mecenate che "costei sarà mia sposa solo di nome, trova sei schiave robuste e fai in modo che Claudia non rimanga mai sola e così sarà ancora vergine quando la restituirò ad Antonio e a quell'arpia di sua madre!" Il matrimonio si svolse sottotono: proprio in quel giorno morì Filippo e quindi Azia e Ottavia non poterono essere presenti.
A mano a mano che il tempo passava, a Claudia divenne chiaro che il matrimonio non sarebbe stato consumato e quindi si rivolse a sua madre.
"Che cosa dovrei fare?"
- Riportami a casa. -
"Non posso, il tuo matrimonio è rappresentativo della pace fra i due triunviri e talvolta succede che i matrimoni combinati tardino a dare frutti, ma forse col tempo tornerà alla ragione."
Gaio Cesare invece non dormiva solo, aveva un amante: una ragazza di vent'anni della Cilicia, madre di un bambino; a lui piaceva il carattere sottomesso e le lasciava trascorrere molto tempo con il figlio.
Se l'aspetto privato funzionava a dovere, quello pubblico invece gli dava grosse preoccupazioni, perché il gettito delle proscrizioni era molto inferiore al previsto e, alla fine di dicembre, il tribuno della plebe Lucio Clodio, creatura di Antonio, varò una legge che imponeva a tutte le donne in regime di sui iuris (che detenevano il controllo delle proprie finanze) di pagare subito una tassa pari a un anno del reddito.
Ciò, naturalmente infastidì le matrone e, in particolare Ortensia. la figlia del celebre avvocato, la quale salì sui rostri con molte seguaci e tuonò con una voce che salì fino a Porticus Margaritaria:
"Sono una cittadina romana e una donna della prima classe e questo che cosa significa? Semplice, che devo andare al talamo nuziale vergine e poi diventare proprietà di mio marito, il quale può mettermi a morte, se lo tradisco, mentre lui può avere tutte le amanti che vuole. E se resto vedova, non posso ereditare alcunché e quindi dovrò dipendere dalla generosità della famiglia di lui o di quella dei miei parenti. Lo stesso ragionamento si può estendere alle donne delle altre classi, che non hanno un reddito proprio! Perciò mi sento in dovere di farmi portavoce dello sdegno di qualsiasi donna che si guadagna da vivere, perché costoro si dovrebbero privare di un intiero anno del proprio lavoro per finanziare le follie degli uomini romani? Votano forse le cittadine romane? Eleggiamo i magistrati? Se Roma vuole tassarci deve anche darci i diritti che spettano ai cittadini di sesso maschile! E poi quegli idioti che governano Roma, come faranno a esigere questa tassa iniqua? Noi donne non siamo censite in nessun ruolo e quindi il reddito di ciascuna di noi potrà essere stimato da Clodio e dagli imbecilli come lui, solo in base alla propria misoginia! E che mi dite di Fulvia, la donna più ricca di Roma e in regime sui iuris? Pensate che pagherà la tassa? Lei no, perché ha avuto sette figli da tre dei più spregevoli farabutti che mai abbiano montato un cavallo o una donna! Mentre noi che siamo rimaste fedeli al mos maiorum e non ci siamo risposate, dobbiamo pagare! Ma noi non lo faremo!"
Il giorno seguente Lucio Clodio, rosso in viso, tornò all'assemble per abrogare la legge.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXV

A est dell'Adriatico da gennaio a dicembre del 43 a.C.


Bruto aveva raggiunto i dintorni di Dirrachio il terzo giorno di gennaio e si era insediato, con le truppe, in una delle molte fortezze che punteggiavano la circonvallazione costruita cinque anni prima, durante la guerra fra Cesare e Pompeo. Dopo appena quattro giorni i soldati di Publio Vatinio, che si trovavano a Petra, decisero di passare con lui, mentre il comandante era già tornato in Illiria.
Bruto disponeva di tre legioni e duecento cavalieri e la prima cosa di cui si rese conto era che doveva mantenere più di quindicimila uomini, ma i soldi gli caddero nel piatto. :)
Per primo venne il questore della Provincia Asiatica, Lentulo Spinther a consegnargli i contanti, poi arrivò il questore della Siria, Gaio Antistio Veto con i tributi siriani.
A metà gennaio la città di Apollonia si arrese, perché le legioni annunciarono che preferivano Bruto all'odioso Gaio Antonio, che però Bruto si rifiutò di giustiziare, anzi lo trattò con la massima cortesia.
Il calice di Bruto traboccò quando Creta e la Cirenaica gli fecero sapere che sarebbero state liete di abbracciare gli interessi dei Liberatori. Il totale delle sue legioni era arrivato a sei, ma ciò produsse altri frutti: la Grecia, l'Epiro e la Tracia costiera si schierarono con lui. Sconvolgente!
Bruto si trovava però in ansia per Cassio, dal quale non aveva avuto nessuna notizia, così come era poco informato su quel che accadeva a Roma, tanto più da lì provenivano sia notizie vere che false, per esempio una diceva che Cicerone era il nuovo console superiore, con Ottaviano come subalterno. Poi arrivò una lettera di Servilia:
"Porzia è morta, ma lei gli aveva già detto spesso che da tempo non ragionava più e infatti si era rifiutata di mangiare e lei era stata costretta a usare la forza per farle ingerire qualcosa. Alla fine però l'à avuta vinta: aveva mangiato carboni ardenti!"
Bruto lasciò cadere la lettera, come se anch'essa bruciasse, ma la prima cosa che pensò fu quella di maledire la madre, perché era convinto che fosse stata Servilia a metterle in bocca i tizzoni, perché nessun essere umano sarebbe riuscito a farlo spontaneamente.
Ma questo mi dice che tu pensi che la mia causa è persa, altrimenti non avresti avuto il coraggio di ucciderla, perché sai che se mai ti rivedessi ancora, ti legherei e ti farei ingoiare altri carboni ardenti! :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXVI

Finalmente Bruto ebbe notizie di Cassio e seppe che gli era stata assegnata la Siria e che aveva in programma di invadere l'Egitto e punire così la regina, che non lo aveva aiutato e poi sarebbe stato il turno dei Parti; bisognava strappare dai piedistalli in Ectabana quelle sette Aquile romane, sottratte a Crasso!
Di fronte a tale "grandezza" di visione, Bruto si accontentò di una piccola spedizione in Tracia per dare l'indipendenza alla tribù del principe Rascopulo, che fino allora era soggetta al re Sadala dei Bessi. Fu una piccola campagna, durante il mese di sestile, condotta con perdite minime e l'armata l'aveva salutato imperatore sul campo, cosa che gli dava il diritto di celebrare il trionfo.
Tutto sembrava filare per il verso giusto, finché non si seppe che Gaio Cesare Ottaviano era diventato console e che a Roma tutto stava cambiando per i Liberatori; l'unica possibilità era raggiungere Cassio e in novembre arrivò a Smirne, dove si fermò per attendere l'amico, a cui aveva scritto:
"Notizie terribili da Roma e questa mia spero che ti faccia recedere dall'intenzione di invadere l'Egitto. Ottaviano è console di Roma e noi siamo stati dichiarati nefas, per cui la nostra sola possibilità è unire le forze per prendere l'Italia e Roma. Lascia le legioni che ritieni necessarie in Siria e vieni a raggiungermi. Con la vittoria sui Bessi sono entrato in possesso di una gran quantità di grano e dunque i nostri eserciti mangeranno, dunque dobbiamo agire adesso, finché possiamo nutrire gli uomini e mentre abbiamo ancora denaro."
La risposta fu immediata: - Ci vediamo a Smirne in dicembre. Manda tutte le navi che puoi. -


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXVII

Da gennaio a sestile del 42 a.C.


"Non penserete d'invadere l'Italia senza molto denaro in più?" disse Emicillo (il tesoriere) a Bruto e Cassio.
- Ma dov'è finito il patriottismo? - rispose Bruto.
"Gran Giove, sei proprio uno stupido Bruto, disse seccamente Cassio, che cosa vuoi che sappiano i soldati delle fazioni in guerra fra i loro capi? A quale definizione di patriottismo potrà credere un qualsiasi milite, alla tua o a quella degli altri? Gli uomini sanno solamente che quando sguaineranno la spada sarà contro dei concittadini. Poco da fare, dobbiamo trovare altri soldi!"
A Smirne si svernava comodamente, i contadini portavano verdure, pollame, uova e quant'altro abbisognava alle truppe e al porto giungevano celermente notizie dal mondo. I due Liberatori appresero, sconvolti, della formazione del Triunvirato, che aveva ai suoi ordini ben 40 legioni! Ancora più orripilante la notizia che Cesare era stato ufficialmente dichiarato una divinità e che Ottaviano aveva assunto il nome ufficiale di "divi filius". Marco Antonio non aveva fiatato, perché se uno dei triunviri era figlio di un dio, la loro causa doveva essere giusta.
Lasciando da parte quei pensieri, Cassio si mise all'opera per cavare seicento milioni di sesterzi da Rodi e dalle città della Lidia e per far questo avrebbe dovuto condurre battaglie navali per lo meno con quattro legioni, pur sapendo che i fanti romani odiavano il mare, mentre Bruto si sarebbe dovuto occupare, per via terra della Licia. Quest'ultimo aveva imparato a comportarsi con la dovuta deferenza nei confronti dell'amico, capiva bene che contro i Bessi aveva avuto un colpo di fortuna, ma da lì a comandare una vera campagna ...


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXVIII

Bruto partì con dieci legioni e cinquecento cavalieri in marzo e, finché poté, si tenne vicino alla costa; la rotta gli offriva vitto sufficiente, anche se l'anno prima c'era stato un ben magro raccolto, per cui prese solo il grano, lasciando ai contadini del posto polli e sementi.
La Licia, ovvero la terra di Sarpedone e Glauco, cantati nell'Iliade, cominciava con la città di Telmesso, dove la strada romana si fermava, da lì non c'era neanche una mulattiera. I soldati si dovettero applicare per aprirsi un passaggio e quelle venti miglia fra Telmesso e il fiume Xanto presero più tempo della metà della marcia precedente (che era stata di centocinquanta miglia in trenta giorni). Nel frattempo gli abitanti di Xanto erano stati avvertiti dell'arrivo dei Romani e razziarono la campagna, evacuarono i sobborghi e chiusero le porte. I granai erano tutti all'interno e c'erano pure fonti di acqua sorgiva; le mura erano bastioni massicci, abbastanza da tener fuori gli invasori!
Bruto, considerato dai suoi pari straordinariamente erudito, era in realtà ferrato solo in poche materie e l'unica storia che aveva studiato era quella romana, per cui non sapeva nulla di Xanto, a parte che era stata fondata da Sarpedone. Non sapeva perciò che era stata assediata due volte e non da illustri sconosciuti: Ciro il Grande e Alessandro Magno e quando era caduta, perché alla fine fu così, l'intiera popolazione si era tolta la vita! I Romani impiegarono meno tempo degli assedianti precedenti, ma la tradizione del suicidio di massa fu rispettata e le strade, quando le truppe entrarono, erano piene di pire, così come i lucernari di tutti i condomini e i peristili delle case: gli uomini avevano ucciso donne e bambini, poi avevano incendiato le fascine e vi si erano gettati essi stessi!
Bruto finì per ottenere da Xanto molto meno di quanto si era aspettato, mentre molto meglio andò a Patara: la città si arrese, senza la pena di un accerchiamento prolungato.
Fra Patara e Myra, la tappa seguente, c'erano cinquanta miglia e costruire un'altra strada era impensabile; Bruto capiva adesso perché Cassio aveva proposto la navigazione e quindi requisì tutte le navi del porto di Patara e s'imbarcò per Myra, alla foce del fiume dall'opportuno nome di Cataratto.
La licia era famosa anche per i pirati e lungo il fiume i Romani trovarono molti covi e tutte le volte che un drappello scendeva a terra, riportava una gran quantità di bottino, per cui alla fine, Bruto decise di lasciar perdere Myra e si diresse nuovamente a ovest, ricco com'era di trecento milioni di sesterzi. Lui e i suoi legati presero domicilio nella deliziosa città di Sardi, quaranta miglia nell'entroterra.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXIX

Cassio fece accampare quattro legioni a Cnido, mentre schierava la flotta a Mindo, sulla penisola seguente, appena a ovest della favoloso città di Alicarnasso.
Ovviamente i Rodiesi si avvidero che stava accadendo qualcosa e mandarono una piccola imbarcazione, dall'aria innocua, a spiare Cassio e quando l'equipaggio riferì dell'ingente dispositivo che questi stava schierando, i comandanti rodiesi si fecero una bella risata.
"Se Cassio è cos' stupido da attaccare con quegli elefanti, finirà come Mitridate, detto il Grande, ah, ah, ah, non è ancora nato un romano che può combattere sul mare contro un popolo di navigatori!" :D
Ma Archelao, un vecchio retore che era stato mandato a chiamare perché conosceva Cassio, disse che i romani erano comunque pericolosi e sarebbe stato meglio mandare dei messi a trovare Cassio a Mindo, ma gli stessi tornarono poco dopo, solo per dire che Cassio non aveva nessuna voglia di negoziare!
Archelao decise che sarebbe andato lui stesso a trovare quello che un tempo era stato un suo giovane scolaro, ma anche lui dovette capitolare di fronte alla sicurezza di Cassio e se ne ritornò alla villa in campagna, con disonore.
L'esercito romano s'imbarcò alle calende di maggio, con Cassio in persona alla testa di ottanta galee da guerra, che piombarono addosso ai rodiesi e, in poco tempo ne ebbero ragione. Rodi aprì le porte e così la città non fu messa a sacco, ma fruttò a Cassio ottantamila talenti d'oro, ovvero seicento milioni di sesterzi.
Al suo ritorno a Mindo ebbe notizia che la regina Cleopatra d'Egitto aveva messo insieme una grossa flotta di navi da guerra e stava dirigendosi contro di lui e il LIberatore ordinò a Lucio Staio Murco di prendere sessanta grosse galee e di mettersi in attesa delle navi egizie fuori dal capo Tenaro, ai piedi del Peloponneso greco.
Murco attese invano, perché, dopo un certo tempo, gli giunse la notizia che Cleopatra aveva incontrato una violenta burrasca ed era dovuta ritornare, malconcia ad Alessandria. Pertanto, decise di spostarsi dall'Egeo in l'Adriatico, verso Brundisium, dove avrebbe potuto creare molti guai ai triunviri, che stavano cercando di portare i loro eserciti in Macedonia occidentale.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXX

Sardi era stata la capitale dell'antico regno di Lidia e così immensamente ricca che il suo re (Creso, cinquecento anni prima) era ancora una misura di opulenza. :) Bruto era contento di aver scelto la città come quartier generale della grande impresa dei Liberatori, per Cassio invece quella scelta si rivelò un'irritante seccatura: era lontana dal mare e ogni volta doveva farsi un viaggio di cento miglia per arrivare alla flotta e di fronte all'allegria di Bruto, per il fatto che non sentiva odore di pesce, si rendeva sempre più conto che l'amico non aveva nessuna idea di come si conduce una guerra e se si lamenta un'altra volta della morte di Cicerone, pensava, lo strangolo! :(
La grande impresa si mise in marcia il secondo giorno di sestile con l'esercito via terra fino all'Ellesponto, mentre la flotta prendeva il mare per raggiungere l'isola di Samotracia. Ma Cassio e Bruto non erano troppo celeri e occorse più di un mese per raggiungere il golfo di Melas, a sole duecento miglia da Sardi, dove Emicillo avrebbe pagato le gratifiche in contanti.
Ciò fatto, Cassio si mise a dare disposizioni e domande ai sottoposti. Attilio Allieno gli rispose che Marco Antonio stava marciando sulla via Egnazia con poche legioni e quindi non sarà in grado di dare battaglia, finché non gli giungeranno rinforzi.
"E quello non succederà tanto presto, aggiunse Gneo Enobarbo con sicurezza, perché le mie truppe stanno tenendo il resto degli antoniani bloccato a Brundisium." :)
Cassio era sodisfatto: - Noi intanto cerchiamo di tener lontano Antonio dai nostri viveri, se riusciamo ad adottare la tattica fabiana, faremo crepare Antonio e i suoi leccapiedi di fame. - :clap:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXI

Da giugno a dicembre del 42 a.C.


Marco Antonio e Gaio Cesare filius avevano 43 legioni, 28 delle quali in Italia e le altre 15 fra le province controllate, a eccezione dell'Africa, che per il momento era in guerra interna.
Antonio spiegava il piano: Saxa e Flacco avevano già portato otto legioni oltre l'Adriatico, ad Apollonia, con l'ordine di marciare ad Est, sulla via Egnazia, finché non avessero trovato un rifugio impenetrabile, nel quale fermarsi ad attendere il grosso dell'armata e, nel caso fossero arrivati Cassio e Bruto, sarebbero stati costretti a un brusco arresto, per quanto enorme fosse il loro esercito. Sembrava altresì piuttosto sodisfatto dei primi sei mesi del governo: le proscrizioni avevano fruttato quasi ventimila talenti d'argento e a Roma i cittadini sembravano abbastanza tranquilli, persino gli elementi di solito più ostili in Senato, dove si era ritornati al numero di mille.
La situazione più difficile appariva ai tre la Sicilia e Gaio disse che per il momento avrebbero dovuto lasciare che Sesto Pompeo la considerasse un feudo privato e comprare da lui il grano, come se fosse un venditore legittimo di cereali, presto o tardi i suoi enormi profitti sarebbero rientrati nei forzieri di Roma; nella fattispecie - quando avremo il tempo di occuparci di lui, come un elefante tratterebbe un topo ... schiacciandolo! - :)
"Io porterò le sette legioni rimaste direttamente a Brundisium, riprese Antonio e tu, rivolto a Ottaviano, condurrai le tue tredici sul lato occidentale dell'Italia, insieme a tutte le navi da guerra che riusciamo a procurarci, non voglio Sesto Pompeo dalle parti dell'Apulia, per cui avrai l'incarico di trattenerlo nel mare Etrusco."
- Va bene, rispose Gaio e al comando ci sarà Salvidieno. -
"Ottima scelta." E tornò a casa da Fulvia compiaciuto, dicendole che il loro Bimbo Bello non aveva emesso neanche un vagito. :clap:
- È troppo tranquillo ed è molto paziente, stai attento Antonio. -
"Non sarà mai in grado di sfidarmi!"
- Non ne sono così sicura, Ottaviano si muove per vie misteriose. -

In quello stesso momento Gaio filius stava dicendo ad Agrippa di non essere in grado di sfidare Antonio.
"E quando pensi di poterlo fare?"
- Non dirò una parola finché non sarò tornato a Roma da pari a pari agli occhi dell'esercito e del popolo, per cui quando batteremo Cassio e Bruto, le nostre truppe dovranno aver dato alla vittoria lo stesso contributo di Antonio. -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXII

Gneo Domizio Enobarbo arrivò per mettere il blocco al porto di Brundisium mentre Antonio lasciava Capua e Gaio Cesare filius spostava l'esercito e la flotta lungo la costa occidentale verso il Bruttium (ora Calabria). L'erede di Cesare imitò il padre in velocità e giunse a destinazione alla metà di giugno, ma quasi subito arrivò una nota di Antonio per dirgli che doveva scordarsi il tentativo di contenere Sesto Pompeo e inviare invece una flotta a Brundisium per toglierlo dal "cul de sac" dove lo aveva incastrato Enobarbo, altrimenti l'esercito non avrebbe potuto attraversare l'Adriartico!
Sesto Pompeo ostacolava il passaggio nello stretto e Agrippa disse a Gaio che Salvidenio non stava affrontando Pompeo nel modo giusto; lui avrebbe invece fatto meglio. "D'accordo, la prossima volta la flotta è tua!"
Intanto, però decise di scrivere a Pompeo per trovare un accordo, il quale accettò l'invito: "Perché hai chiesto un negoziato, Cesare?"
- Io mi tengo tutte le porte aperte e mi è venuto in mente che forse anche tu fai lo stesso, dunque non do per scontato che tu sia già schierato dalla parte dei Liberatori, perché sai bene che quella fazione è immensa e angusta a tal punto che perfino tu corri il rischio di finire seppellito sotto una pletora di Giunii, Cassii, Claudii, Cornelii e così via. È vero che hai una potente flotta, ma ai LIberatori puoi fornire solo il grano e questo loro l'ànno già, avendo spogliato la Tracia e l'Anatolia, mentre noi abbiamo molto bisogno di questa merce, o meglio io, perché Antonio e Lepido non si preoccupano degli acquisti. Pertanto ti chiedo, tu che cosa vuoi? -
"La Sicilia, senza combattere!"
- Sono d'accordo, se tu acconsenti a vendere il grano siciliano a Roma a dieci sesterzi il modius e, anche se il prezzo ti pare basso, devi capire che avrai così poche spese accessorie che guadagnerai di più vendendo il grano a noi di quanto fai di profitti ora al prezzo di 15 sesterzi a chiunque. -
"Vero!"
- Un'altra domanda, ci sarà raccolto in Sicilia quest'anno? -
"Sì, anche se non sarà enorme."
- Allora dovremo accordarci anche sul grano africano, che tu potresti intercettare; nel caso saresti disposto a venderlo alle stesse condizioni? -
"Se mi lasciate da solo, imperator in Sicilia, lo farò."
- Affare fatto!" La mano di Gaio scattò e Sesto Pompeo la prese. :)
I due giovani si lasciarono da grandi amici, anche se consapevoli che quel sodalizio poteva avere breve durata, perché prima o poi i vincitori avrebbero dovuto riprendersi la Sicilia e ricacciare in mare Sesto Pompeo. Ma per il momento andava bene così.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXIII

Enobarbo era scomparso, anche se non si sapeva per quanto tempo; in ogni modo i Triunviri dovevano approfittare dall'assenza. Certo era rimasto Murco a presidiare il porto e Salvidenio si portò con la flotta da nord-ovest all'interno, sospinto da un buon vento e la dispose a semicerchio, intorno all'isola che stava davanti alla bocca del porto, in modo da rinchiudere Murco. Sarebbe potuto uscire sì, ma solo a prezzo di una battaglia navale e Murco non era attrezzato per quella, era lì solo per affondare trasporti e quindi dovette assistere, impotente, a guardare quattrocento trasporti riversarsi fuori da Brundisium per tutto il giorno e gran parte della notte e come unica consolazione ebbe quella di maledire Enobarbo! :muro:
L'imbarcazione di Gaio filius e Agrippa era appena uscita dalla rada che il Triunviro cominciò ad ansimare tanto forte, da poterlo sentire, anche in una nave molto rumorosa; gli spasmi di tosse lo squassavano, fino a farlo vomitare, il viso era grigio e gli occhi rovesciati nelle orbite!
Agrippa non sapeva che cosa rispondere ai soldati che gli chiedevano che cosa avesse il loro comandante, poi alla fine gli venne un'idea, piuttosto insulsa, ma sempre meglio della verità, perché le truppe non avrebbero seguito volentieri un infermo!
"Lui è il figlio del divo Giulio e fa parte della sua eredità prendere su di sé tutte le vostre infermità e così, grazie alle sue sofferenze, voi non avete mal di mare!"
Agrippa fu molto stupito quando un centurione gli rispose: - Cesare ci ha portati fin qui sani e salvi ed è stato molto coraggioso ad ammalarsi per noi. -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXIV

Tre giorni dopo Antonio e Cesare filius seppero che era tornata la flotta di Enobarbo e ogni comunicazione con Brundisium sarebbe cessata, per cui si dovevano scordare di tutto quello che era rimasto al di là del mare, in particolare la legione Marzia, che aveva ritardato a imbarcarsi!
Antonio disse che sarebbe partito subito in direzione di Bruto e Cassio, "ma tu, rivolto all'altro, dovresti rimanere qui, stai troppo male per viaggiare."
- Io accompagnerò il mio esercito, disse Gaio in tono caparbio. -
"Va bene, mi muoverò con otto legioni e tu mi seguirai con cinque sei giorni dopo. Non abbiamo molte scorte di cibo, per cui li costringeremo alla battaglia, li batteremo e mangeremo il loro cibo."
Uscito Antonio, Gaio lesse una missiva di Ottavia, dove si annunciava la nascita di un bimbo sano, però c'era anche una notizia non certo bella, anzi per Gaio molto brutta: "La mamma è incinta del nostro fratellastro Lucio e si sono sposati. Il matrimonio è stato celebrato ieri, molto riservato. Il caro Lucio Cesare è stato molto buono e ha concesso loro la villa di Miseno e così staranno lontani da Roma. Ti scrivo per esortarti a non giudicare la mamma, queste cose succedono, dovresti scriverle e dirle che le vuoi bene e che capisci."
Quando tornò Agrippa, trovò Gaio sdraiato sul divano, appoggiato ai cuscini, il viso bagnato di lacrime, l'asma peggiorata.
"Cesare! Che cosa è successo?"
- Una lettera di Ottavia,. Mia madre è morta! - :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXV

Bruto e Cassio si mossero dal golfo di Melas in settembre, pensando che non avrebbero trovato i nemici prima di aver raggiunto la Macedonia, finché il re Rascupulo non arrivò per avvisarli che otto legioni romane era stanziate sulle colline ad est di Filippi.
"Ho capito la strategia di Antonio, disse Cassio, vuole tenerci fuori dalla Macedonia, non combattere, perché otto legioni non gli bastano e lui lo sa. Ma chi c'è al comando?"
- Tali Decidio Saxa e Gaio Norbano, sono ben sistemati e sarà difficile smuoverli. - Rispose Rascopulo.
I liberatori andarono a controllare come si era sistemata l'avanscoperta di Antonio e notarono che Saxa non aveva vista sul mare, mentre Norbano aveva due torri di guardia, ben in grado di notare qualunque attività marittima.
"Dobbiamo farli sloggiare da lì, disse Cassio, ma come facciamo ad arrivarci?"
- C'è un sentiero per capre, disse Rascopulo, pertanto per far passare le truppe bisognerebbe allargarlo. -
"Va bene, faremo come i persiani alle Termopili."
Tre giorni dopo, l'esercito dei Liberatori marciò sulla nuova strada, facendo il massimo rumore, perché Cassio non voleva la battaglia e Saxa e Norbano, che da Antonio avevano ricevuto l'ordine di aspettare, dovettero ritirarsi in buon ordine ad Anfipoli, un vasto porto di legnami, cinquanta miglia a ovest di Filippi e da lì inviarono un messaggio al Comandante in capo.

"Questa è un'ottima posizione, controlliamo i passi e i Triunviri, con questa siccità, non troveranno cibo. Ci sistemeremo qui a Filippi per un po', aspettando che Antonio si renda conto che è battuto e si ritiri in Italia, che noi invaderemo. A quel punto le sue truppe saranno così affamate e l'Italia così stufa del governo triunvirale che vinceremo senza spargere nemmeno una goccia di sangue!" :)
L'unica cosa che tormentava il pensiero di Cassio era che Le legioni romane ad Anfipoli erano diventate sedici, con l'aggiunta di migliaia di cavalieri e che anche Ottaviano stava arrivando, nonostante che i rapporti affermassero che stava così male da dover usare una lettiga per muoversi.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXVI

Antonio giunse nella piana del fiume Ganga l'ultimo giorno di settembre e pose il campo a neanche un miglio di distanza dal muro dei LIberatori; era ben conscio di quanto fosse malmesso, tuttavia si comportò da generale e la prima cosa che fece, fu proteggere e fortificare la posizione, poi valutò che la battaglia sarebbe stata di fanteria, perciò in segreto rimandò indietro i cavalieri, tranne tremila, per i quali era possibile avere acqua e foraggio a sufficienza.
Cesare filius arrivò, ancora in lettiga, ai primi di ottobre e fu disperato nel vedere che c'era polvere ovunque. Agrippa gli disse che un po' di sollievo contro l'asma lo poteva trovare nella palude lì vicina.
Entrambe le parti avevano 19 legioni con circa centomila fanti e i LIberatori ventimila cavalieri, ma Antonio rassicurò Gaio che sarebbe stata una battaglia a piedi e d'altra parte il foraggio per i cavalli non c'era, per cui "ci deve bastare quel che abbiamo. La cosa più difficile sarà far loro accettare battaglia."
Cassio era ben deciso a non combattere e dette ordine di estendere le fortificazioni.
Ottobre si trascinava senza niente che fosse degno di nota e a Cassio sembrava che i triunviri sapessero solo far finta di brandire le armi, ma si sbagliava, Antonio aveva deciso di aggirare il fianco del nemico dalla parte delle marcite paludose, ove aveva messo al lavoro più di un terzo dell'armata, senza farsene accorgere e riuscì a scavare un canale percorribile attraverso il pantano, mentre apertamente chiamava gli uomini in adunata per la battaglia. Alcuni giorni dopo erano riusciti a costruire anche una carreggiata stabile, conficcando persino i pali per reggere ponti robusti sopra acquitrini senza fondo, il tutto in un silenzio assoluto.
E infatti Cassio non vide e non sentì nulla.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXVII

Il ventitreesimo giorno di ottobre, all'alba, Cassio scoprì quanto determinato a combattere fosse l'avversario: una colonna di truppe d'assalto triunvirate aveva occupato tuti i salienti, usando poi i materiali per trasformarli in ridotte. Il capo-Liberatore cercò di tagliar fuori Antonio, estendendo le fortificazioni lungo tutto il percorso verso il mare, ma non gli venne in mente che l'altro avesse intenzione di andare ben al di là di una manovra di aggiramento. Così si scordò dal tutto delle truppe di Bruto, al quale non recapitò nessun ordine e quindi costui dedusse che doveva star fermo.
A mezzogiorno Antonio attaccò su due fronti, ma Cassio continuò a pensare che fosse solo un finta, omettendo di prendere in considerazione la temerarietà dell'altro, dando per scontato che un buon generale si sarebbe comportato come pensava lui e quando si rese conto, troppo tardi, che così non era, non aveva più tempo per organizzare una resistenza vera con tutto l'esercito. La prima linea di Cassio cedette quasi subito e le altre furono spinte all'indietro verso la palude, facile bersaglio di chi controllava i salienti.
Migliaia di soldati erano in piedi lungo il muro di Bruto, ma nessuno dette loro l'ordine di andare a salvare l'esercito di Cassio. Solo alle due del pomeriggio, le sentinelle decisero di far da sé e, senza ordini, sguainarono le spade e andarono ad aiutare gli uomini di Cassio, ma Antonio pose le riserve fra i due eserciti nemici e aveva il vantaggio che gli uomini di Bruto dovevano attaccare in salita.
Questi ultimi erano antichi veterani di Cesare e capirono quasi subito che la loro causa in quel settore era persa e si gettarono invece contro il piccolo campo di Ottaviano; in poco tempo ebbero la meglio contro quelle due legioni di riserva, formate da reclute. Dopo aver razziato il campo e ucciso quelli che avevano cercato di difendere la posizione, alle sei del pomeriggio decisero di ritornare al di là del muro.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXVIII

Mai una battaglia era stata così polverosa come questa di Filippi e per Cesare filius quel male si era rivelata una fortuna: avendo dovuto lasciare l'accampamento per le marcite, aveva evitato di essere catturato dall'incursione dei veterani di Bruto.
Per Cassio la nube opaca significò una totale perdita di contato con quel che succedeva, capiva solo che le cose si stavano mettendo male per lui e poteva solo sperare che non fosse così per Bruto. Per cercare di sapere qualcosa montò a cavallo e insieme a Lucio Titinio, andò verso la piana di Filippi. Arrivarono quando la luce era svanita e si vedevano solo ombre, dalle quali Cassio arguì a sproposito che i Triunviri avevano vinto e si gettò sulla spada. In realtà la prima giornata dello scontro era finita presso a poco in parità.
Bruto aveva passato tutto quel pomeriggio in cima alla collina, cercando invano di vedere il campo di battaglia, senza successo, però poi arrivò Cimbro ad annunciargli la vittoria nel campo di Ottaviano e lui si stupì molto, perché non sapeva che i suoi avessero combattuto. :D Subito dopo il sorriso gli si spense dal volto, perché gli fu annunciata la morte di Gaio Cassio Longino e Lucio Titinio!!!

Nell'altro campo Antonio interrogava aspramente Ottaviano su come avesse lasciato che i LIberatori avessero saccheggiato l'accampamento e sottratto i fondi bellici!? "Ora dovrò cercare di recuperarli a causa dell'inettitudine di un inutile, patetico mammone, sprecato per il comando! Tu non riusciresti a organizzare neanche una lotta a cuscinate!" :muro:

- Fammelo ammazzare, ti prego, implorò Agrippa, ce la farei Cesare, so che ce la farei, lui sta invecchiando e beve troppo! -
"No, non oggi, tu vai a dormire, perché hai bisogno di riposo per affrontare la giornata di domani e non certo di un duello con un volgare gladiatore come Antonio. Mi hanno detto che oggi sei stato il primo a passare il muro di Cassio, sono molto orgoglioso di te e quando combatteremo di nuovo, tu comanderai la Quarta legione. :)
Agrippa era molto contento per quelle parole, ma ancor più perché vedeva che Cesare filius stava molto meglio e poi c'era un'altra cosa: le truppe perse quel giorno dai Triunvirati erano reclute, mentre i soldati di Cassio erano la parte migliore dell'esercito, in ultimo c'era anche il fatto che la malattia di cesare era vista dai soldati come fonte di bene augurio. :)


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXIX

Circa 25.000 soldati di Cassio si erano rifugiati nel campo di Bruto, il quale oltre a non sapere come fare a sfamarli e inquadrarli, era anche nel panico più totale di fronte alle accresciute responsabilità: era lui l'unico LIberatore rimasto vivo, ma decise di non rivelare ai soldati la morte del loro generale, disse che era stato ferito e ci sarebbe voluto qualche giorno, perché si rimettesse in piedi. E di un'altra cosa era sicuro, che non si doveva in nessun modo accettare lo scontro e disse a tutto l'esercito: "non faremo mai battaglia!"
Dovremo, pensava, prenderli per fame, come aveva detto Cassio. In Grecia e in Macedonia non c'erano raccolti, né bestiame e la flotta dei LIberatori controllava i mari, per cui ad Antonio e Ottaviano non potevano giungere provviste da nessuna parte. :)
Ma Cimbro, Catone il giovane e quasi tutti gli altri avevano preso molto male quella sua decisione, volevano combattere e non star comodi a mangiare e aspettare, " siamo soldati e non frequentatori del Foro!"

All'inizio di novembre l'esercito triunvirato si trovava in gravi difficoltà e Antonio andò da Ottaviano per chiedergli se aveva qualche idea per uscire da quell'impasse: "Non vali niente come militare, spero che come intellettuale e politico tu sia un tantino migliore."
- Tanto per cominciare, dovremo promettere alle truppe una gratifica di ventimila sesterzi, il che rappresenterà un incentivo in più per provocare la battaglia. Dipoi i miei agenti mi informano che la mente di Bruto è in preda al dubbio (sì Antonio ho delle spie nei quartieri alti del nemico :old: ), perché non è certo della lealtà di parte dell'esercito, molti sono ex cesariani e i soldati di Cassio pensa che lo stimino poco, come generale. Pertanto Bruto è molto vulnerabile, così come i suoi uomini e credo che ciò sia motivo sufficiente per confidare che non occorra un'enorme pressione per indurlo allo scontro. - ;)
"Credo che tu, Ottaviano, abbia spie anche nel nostro esercito!"
- Ti lascio pensare quello che vuoi, fai pure. - :D


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXX

Col trascorrere di novembre il dilemma di Bruto cresceva, perché ogni viso che incontrava gli faceva intuire una sola cosa: la battaglia. E alle Idi del mese Lucio Tillio Cimbro irruppe nella stanza senza farsi nemmeno annunciare e, dopo aver strattonato il comandante in capo, lo apostrofò: "Che tu lo voglia o no, Bruto, tu combatterai!"
- No, sarebbe la fine di tutto, piagnucolò il Nostro, dobbiamo lasciarli morire di fame! -
"Emana l'ordine di attacco o domani io stesso ti solleverò dal comando! Perché devi sapere che la mia non è un'iniziativa personale, ho il sostegno di tutti."
- E allora sia, ma sapeva che la battaglia era già persa, prima di cominciare. - :grr:
La mattina dopo, quando Bruto dovette montare a cavallo per parlare ai soldati, questi ultimi, alla fine del discorso, si stavano chiedendo per quale motivo si fossero arruolati sotto quel tragico disfattista. :dubbio:
L'unica cosa che Bruto poteva fare a quel punto era far durare la battaglia meno possibile e invece di dare il segnale poco dopo l'alba attese e alle due del pomeriggio Cimbro dovette andare da lui a minacciarlo, ma Bruto gli chiese un'altra ora di tempo, così pensava, dopo non ci sarebbe stata quasi più luce e così lo scontro avrebbe comportato pochi morti e soprattutto non sarebbe stato decisivo.
I corni suonarono alle tre e le due masse di truppe appiedate si scontrarono ferocemente in un combattimento corpo a corpo, senza schermaglie preliminari e, siccome nessuno voleva cedere di un palmo, il massacro fu immenso: quando gli uomini delle prime file cadevano, subito gli altri ne prendevano il posto per cadere a propria volta.
Se pur molto lentamente, i vecchi cesariani di Bruto cominciarono a perdere terreno e la pressione contro aumentava, finché divenne così imponente da costringerli a rompere le righe e, come accade in questi casi, prima ci fu il ripiegamento graduale, ma poi la velocità aumentò e si trasformò in fuga.
Il secondo scontro presso Filippi durò poco, ma totalizzò un numero di morti altissimo.


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" CXXXI

Bruto era riuscito a vedere qualcosa dalla sommità della collina, perché la polvere era rimasta appiccicata ai corpi sudati dei combattenti e quando fu evidente che la battaglia era persa, disse ai suoi di cercare di salvarsi la vita e di lasciar perdere lui, che se la sarebbe cavata da solo.
Lucilio gli chiese il favore di scambiarsi gli abiti, in modo da ritardare l'inseguimento, se il nemico lo avesse scambiato per lui.
"Va bene, a condizione però che ti arrenda ad Antonio e non a Ottaviano, il primo sarà anche uno zotico, ma ha il senso dell'onore e non ti ucciderà nel momento che scoprirà di essere stato ingannato.
Detto ciò, Bruto, se ne andò con pochi uomini di scorta, senza che nessuno li vedesse partire.
Quando si fermarono per la notte, Bruto rimase perso nei proprio pensieri: ero così sicuro che, se Cesare fosse morto, la Repubblica sarebbe stata ripristinate, invece l'omicidio ha scatenato i nemici peggiori e, siccome ogni fibra del mio cuore è legata al mos maiorum, è giusto che debba morire!
Solo Omero aveva le parole per descrivere ciò che la mente sapeva solo cogliere confusamente:
"Siccome quando in ciel, tersa è la luna e tremule e vezzose a lei dintorno sfavillano le stelle, allor che l'aria è senza vento, e allo sguardo tutte si scoprono le torri e le foreste e le cime dei monti; immenso e puro l'etra si spande, gli astri tutti il volto rivelano ridenti ..."
E ... tutti compresero. Finis Postfazione dell'autrice.
Le Idi di marzo segnano il passaggio dell'ultimo grande mattatore repubblicano: Giulio Cesare, mentre Gaio filius appartiene a un'altra era, l'impero e quindi, con questi sei libri, penso di aver concluso la narrazione di questo grande periodo della Roma Antica.

P.S. Fu convinta a proseguire, ma io resto dell'idea che è meglio finire con Gaio Giulio Cesare. :clap:


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:clap: :clap:
Ho seguito tutte queste puntate. Assolutamente godibili anche se traspare nella MC Cullough più la preferenza per il romanziere che per lo storico. Alcune caratterizzazioni sono probabilmente eccessive, la moderna storiografia tende a giudicare Cesare un po' meno supereroe di come lo vede la scrittrice australiana e Catone e i cosiddetti liberatori meno negativi. Però è in atto pure una tendenza di narrazione lontana dai canoni tradizionali che sta avendo molto successo. Una scrittrice attuale, Madeline Miller, ha scritto due libri di grande successo La canzone di Achille e Circe dove rivisita l' Iliade e l' Odissea. A me non ha detto molto, ma ha ricevuto il plauso di molti insegnanti che hanno testimoniato un grande interesse da parte degli studenti altrimenti poco propensi ad affrontare questi due grandi classici. In tempi di estrema semplificazione come gli attuali suscitare attenzione verso i classici, la storia ecc. ecc. è comunque da ritenere positivo.
L' applauso a Carlo invece è totalmente meritato!


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Gimbatbu ha scritto: martedì 19 dicembre 2023, 23:56 :clap: :clap:
Ho seguito tutte queste puntate. Assolutamente godibili anche se traspare nella MC Cullough più la preferenza per il romanziere che per lo storico. Alcune caratterizzazioni sono probabilmente eccessive, la moderna storiografia tende a giudicare Cesare un po' meno supereroe di come lo vede la scrittrice australiana e Catone e i cosiddetti liberatori meno negativi. Però è in atto pure una tendenza di narrazione lontana dai canoni tradizionali che sta avendo molto successo. Una scrittrice attuale, Madeline Miller, ha scritto due libri di grande successo La canzone di Achille e Circe dove rivisita l' Iliade e l' Odissea. A me non ha detto molto, ma ha ricevuto il plauso di molti insegnanti che hanno testimoniato un grande interesse da parte degli studenti altrimenti poco propensi ad affrontare questi due grandi classici. In tempi di estrema semplificazione come gli attuali suscitare attenzione verso i classici, la storia ecc. ecc. è comunque da ritenere positivo.
L' applauso a Carlo invece è totalmente meritato!
Ti ringrazio e ti rispondo che per me è meglio distinguere i Liberatori da Catone e Cicerone. Alcuni dei primi avevano buone ragioni dal loro punto vista, gli altri due agivano solo per gelosia nei confronti di chi li sovrastava in tutto (o quasi, per Cicerone). :)


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Una delle più belle barzellette, secondo me del secolo scorso: Carlo I d'Asburgo, l'ultimo imperatore d'Austria, colui che era in carica durante la disfatta italiana di Caporetto nel 1917, è un santo della chiesa cattolica, grazie al papa boy(a). :crazy: :diavoletto: :drink: :muro:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - I

Il 28 giugno del 1992, senza preannuncio, il presidente francese Mitterand andò a Sarajevo per ricordare all'opinione pubblica la gravità della crisi bosniaca e quel gesto, fatto fra l'altro da una persona in cattiva salute, destò ammirazione. Però un aspetto restò quasi sotto silenzio, benché fosse uno dei più importanti: la data.
Il 28 giugno era l'anniversario dell'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando e per ogni europeo colto balzava agli occhi il nesso, ma in pochi lo colsero e questo vuol dire che la memoria storica non era più viva! La distruzione del passato è uno dei fenomeni più strani degli ultimi anni del Novecento e la maggior parte dei giovani è cresciuta in una sorta di presente permanente, senza alcun rapporto organico con il passato storico del tempo in cui vivono.
L'intento di questo libro non è però non è di narrare la storia del periodo oggetto della trattazione, bensì di comprendere e spiegare perché e come tutti i fatti si colleghino fra loro.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - II

Noi non sappiamo che cosa avverrà dopo e non vogliamo impegnarci in previsioni, che, il passato ce lo insegna, sarebbero scadenti; possiamo solo dire che nei primi anni Novanta è finita un'epoca della storia del mondo.
La struttura del Secolo breve appare come quella di un trittico: un'età della catastrofe, fino ai postumi della seconda guerra mondiale; una trentina d'anni di straordinaria crescita economica e di trasformazione sociale, come mai forse era avvenuto prima; e un'ultima fase di decomposizione, di incertezza e di crisi e per talune nazioni (una in particolare) un'Età di nuova catastrofe.
La grande guerra nasce in una civiltà che si gloriava dei progressi della scienza, del sapere e che appunto credeva nel progresso morale e materiale; questo soprattutto in Europa che, se si considerano anche i discendenti degli emigrati, era arrivata ad avere una popolazione pari a un terzo del mondo e i maggiori stati del continente costituivano il sistema della politica mondiale.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - III

I decenni che seguirono la grande guerra furono per l'Europa, come abbiamo già detto, un'epoca catastrofica! L'economia barcollava e le istituzioni della democrazia liberale (o che tendevano a diventare) scomparvero fra il 1917 e il 1942 in quasi ogni paese, sotto l'avanzata del fascismo e dei movimenti e regimi autoritari a esso imparentati. Solo la temporanea e insolita alleanza del capitalismo liberale e del comunismo reale salvò l'Europa.
Sotto molti riguardi il periodo di simile alleanza (anni '40) costituisce il cardine della storia del nostro secolo ed è proprio un'ironia della storia di questo strano secolo che il risultato più duraturo della Rivoluzione di Ottobre sia stato quello di salvare il capitalismo, procurando al resto dei paesi europei l'incentivo e la paura che li portarono ad autoriformarsi.
Ma forse la catena è un po' più lunga: senza il crollo della società borghese ottocentesca nell'Età della catastrofe non ci sarebbe stato il colpo di Stato in Russia, con la nascita dell'Unione sovietica, e il sistema economico improvvisato col nome di sistema socialista non avrebbe considerato se stesso come una realistica alternativa al capitalismo. Fu la grande crisi economica degli anni '30 che gli conferì questo ruolo apparente, così come fu la sfida del fascismo ad assegnare all'URSS quel grado di potenza mondiale, che riuscì a dominare, attraverso l'equilibrio del terrore, la seconda metà del Secolo breve, dando stabilità, come oggi appare chiaro, alle strutture politiche internazionali.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - IV

Credo che Questo Periodo ci sia stata la più rapida e fondamentale trasformazione che la storia ricordi: i mutamenti della vita umana che ha causato su quasi tutta la superficie del globo sono stati tanto profondi, quanto irreversibili. Il XXI secolo ci fa vedere chiaramente la fine di sette o otto millenni di storia umana, cominciati con l'invenzione dell'agricoltura, e questo, se non altro, perché è terminata la lunga èra nella quale la stragrande maggioranza del genere umano è vissuta coltivando i campi e allevando animali.
La crisi del capitalismo, dopo l'età dell'Oro e il crollo del socialismo reale ci hanno rivelato un mondo colmo di malessere: era distrutto un sistema che aveva stabilizzato le relazioni internazionali negli ultimi 40 anni, il che ha messo in evidenza la precarietà degli assetti politici interni dei singoli stati. Il futuro della politica è oscuro, ma la crisi di essa alla fine del secolo è palese, ma non solo, perché anche le credenze, più o meno comuni, che si erano costruite in quegli anni a Est e a Ovest, sono tutte in discussione. Una in particolare: l'umanità si trovava sulla via di diventare artefice del proprio destino. Appare invece sempre più chiaro che non c'è modo di definire un'identità, se non distinguendosi rispetto agli estranei!
(Nota mia, quest'ultima affermazione mi pare sia solo il proseguimento del contrasto fra Est e Ovest durante la guerra fredda)


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - V

Nel secolo intiero si è assistito a un progresso generale, come mai prima; allora perché al termine si è diffuso un senso di disagio e inquietudine? Forse il motivo è che mentre il XIX secolo era stato, oltre che portatore di nuovi beni materiali, anche di elevazione morale e civile, nel XX invece c'è stato, a partire dal 1914, una netta regressione dei livelli di civiltà che non si è diffusa nelle aree più arretrati e tra gli stati meno illuminati della popolazione. In altre parole, più ci si allontanava dall'illuminismo e meno luce si aveva davanti agli occhi e si sono viste molte cose che i nostri antenati ottocenteschi avrebbero definito *barbarie*! Un esempio per tutte: nel corso del Novecento le guerre sono state condotte in misura crescente contro le infrastrutture economiche degli stati e contro la popolazione civile.
Alla fine del secolo ci troviamo in un mondo in cui il passato ha perso il suo ruolo e le mappe che ci eravamo costruiti nell'Ottocento non raffigurano più il paesaggio nel quale ci muoviamo ora e quindi viviamo in un mondo dove non sappiamo dove andare. :dubbio:


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Re: Storia

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Winter ha scritto: giovedì 11 gennaio 2024, 20:53
Per me non è un apartheid
È completamente differente da quello che avveniva in sudafrica
Nello stato di Israele i palestinesi son uguali agli ebrei? No
Son 100 anni di odio , di due popoli che vogliono la stessa cosa
Difficile che vengano trattati allo stesso modo

Vivono tanti arabi ma pochissimi ebrei
In tanti luoghi erano lì da duemila anni
Son sempre stati una minoranza
Mal visti dal resto della popolazione (che puntualmente li perseguitava)
Adesso non danno più fastidio non ci sono più
Sposto perchè col ciclismo non ha attinenza.

Assolutamente no.
Non sono nemmeno semiti, tra l 80 e 85% degli attuali "ebrei" sono Askenaziti,
i Sefarditi e altri ebrei nord africani e medio orientali sono una minoranza.
Premesso che in Israele sia illegale far mappare il proprio DNA, e che io
la pensi come Noam Chomsky e li consideri ebrei per tradizione , i loro antenati
nemmeno l' avevano mai vista la palestina e non facevano parte delle 12 Tribù.
Sono Ebrei da quando ai tempi del Gran Khanato di Khazaria vi fu la conversione di massa
attorno all 800 DC (vado a memoria) e da li si sono diffusi specialmente nell Europa centrale.


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Re: Storia

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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - VI

Il genere umano è sopravvissuto al secolo breve, tuttavia il grande edificio della società ottocentesca crollò fra le fiamme della grande guerra e i pilastri rovinarono al suolo! Per quanti erano cresciuti prima del 1914 il contrasto con il passato fu così drammatico che molti di loro, vissuti nell'Europa, si rifiutarono di scorgere qualche forma di continuità con esso.
Prima del 1914 per un secolo intiero non c'era stata una guerra generale, solo quella di Crimea, coinvolte però solo Russia, Francia e Gran Bretagna (fra le grandi potenze) e durò abbastanza poco. La durata delle guerre di solito si misurava in mesi e persino in settimane, nel caso di Prussia vs Austria.
Forse lo scontro più importante fuori d'Europa fu quello fra Russia e Giappone nel 1904-05, perché accelerò la corsa della caduta del regime zarista. I russi sentono ancora quella sconfitta come la più grande umiliazione della storia!
C'erano stati altri conflitti, c.d. esotici, ma, appunto per questo, non producevano effetti sulla popolazione degli stati che li avevano intrapresi.
Tutto cambiò nel 1914.


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Re: Storia

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lemond ha scritto: venerdì 12 gennaio 2024, 9:01 da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - VI
Non l'avevi mai letto?

Quelli di Hobsbawn sono probabilmente i più godibili tra i libri di storia contemporanea scritti da uno storico professionista. E questo è il best seller.


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Re: Storia

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castelli ha scritto: venerdì 12 gennaio 2024, 9:47 da chi viene liberata l'italia fascista?
Chi portò l'Italia al fascismo?
Sessant'anni di governo dei liberali. E gli Einaudi applaudivano tutti contenti.


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Re: Storia

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bicycleran ha scritto: venerdì 12 gennaio 2024, 9:16
lemond ha scritto: venerdì 12 gennaio 2024, 9:01 da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - VI
Non l'avevi mai letto?

Quelli di Hobsbawn sono probabilmente i più godibili tra i libri di storia contemporanea scritti da uno storico professionista. E questo è il best seller.
Ce l'avevo da tanto tempo, ma ... :hammer:


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Re: Storia

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aitutaki1 ha scritto: giovedì 11 gennaio 2024, 21:29
Winter ha scritto: giovedì 11 gennaio 2024, 20:53
Per me non è un apartheid
È completamente differente da quello che avveniva in sudafrica
Nello stato di Israele i palestinesi son uguali agli ebrei? No
Son 100 anni di odio , di due popoli che vogliono la stessa cosa
Difficile che vengano trattati allo stesso modo

Vivono tanti arabi ma pochissimi ebrei
In tanti luoghi erano lì da duemila anni
Son sempre stati una minoranza
Mal visti dal resto della popolazione (che puntualmente li perseguitava)
Adesso non danno più fastidio non ci sono più
Sposto perchè col ciclismo non ha attinenza.

Assolutamente no.
Non sono nemmeno semiti, tra l 80 e 85% degli attuali "ebrei" sono Askenaziti,
i Sefarditi e altri ebrei nord africani e medio orientali sono una minoranza.
Premesso che in Israele sia illegale far mappare il proprio DNA, e che io
la pensi come Noam Chomsky e li consideri ebrei per tradizione , i loro antenati
nemmeno l' avevano mai vista la palestina e non facevano parte delle 12 Tribù.
Sono Ebrei da quando ai tempi del Gran Khanato di Khazaria vi fu la conversione di massa
attorno all 800 DC (vado a memoria) e da li si sono diffusi specialmente nell Europa centrale.
No gli ashkenazi son grosso modo l un terzo della popolazione israeliana
https://en.wikipedia.org/wiki/Ashkenazi ... 20founding.

I Sefarditi e i mizrahi son la maggioranza

In America risultato opposto


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Re: Storia

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Winter ha scritto: venerdì 12 gennaio 2024, 17:30
aitutaki1 ha scritto: giovedì 11 gennaio 2024, 21:29
Winter ha scritto: giovedì 11 gennaio 2024, 20:53
Per me non è un apartheid
È completamente differente da quello che avveniva in sudafrica
Nello stato di Israele i palestinesi son uguali agli ebrei? No
Son 100 anni di odio , di due popoli che vogliono la stessa cosa
Difficile che vengano trattati allo stesso modo

Vivono tanti arabi ma pochissimi ebrei
In tanti luoghi erano lì da duemila anni
Son sempre stati una minoranza
Mal visti dal resto della popolazione (che puntualmente li perseguitava)
Adesso non danno più fastidio non ci sono più
Sposto perchè col ciclismo non ha attinenza.

Assolutamente no.
Non sono nemmeno semiti, tra l 80 e 85% degli attuali "ebrei" sono Askenaziti,
i Sefarditi e altri ebrei nord africani e medio orientali sono una minoranza.
Premesso che in Israele sia illegale far mappare il proprio DNA, e che io
la pensi come Noam Chomsky e li consideri ebrei per tradizione , i loro antenati
nemmeno l' avevano mai vista la palestina e non facevano parte delle 12 Tribù.
Sono Ebrei da quando ai tempi del Gran Khanato di Khazaria vi fu la conversione di massa
attorno all 800 DC (vado a memoria) e da li si sono diffusi specialmente nell Europa centrale.
No gli ashkenazi son grosso modo l un terzo della popolazione israeliana
https://en.wikipedia.org/wiki/Ashkenazi ... 20founding.

I Sefarditi e i mizrahi son la maggioranza

In America risultato opposto
https://it.wikipedia.org/wiki/Aschenaziti qui wiki dice 70-75


Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
.·. Sic Semper Tyrannis .·.

Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
Dove questo verbo attecchisce alla fine c'è il lager. (P. Levi)

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