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lemond
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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXIV

Le crisi a est e a ovest correvano su binari paralleli ed erano connesse, al limite, in una unica; c'erano, però, almeno due punti importanti in cui differivano: per il sistema comunista era in gioco la sopravvivenza, di contro il sistema economico occidentale non fu mai in questione e all'inizio dei Novanta neppure uno degli stati nazionali occidentali, la cui unità era stata minacciata da movimenti separatisti, si è infranto.
Tuttavia, proprio a causa del maggiore dinamismo dell'economia capitalistica, il tessuto sociale ivi era stato più lesionato in profondità e di conseguenza la crisi poteva avere una portato addirittura maggiore. Dove si possono fare paragoni, ovvero in Germania, sembra che i valori e le abitudini della vecchia Prussia si siano meglio preservati sotto la cappa del comunismo, che in mezzo ai "miracoli economici" della regione occidentale. Gli abitanti di Mosca e Varsavia non erano così preoccupati, come quelli di New York e Londra, dalla criminalità. In altre parole, ciò che è apparso evidente è che il comunismo ha prodotto una società molto più conservatrice dell'altro sistema.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXV

Uno dei prodotti della nuova grande crisi è stata l'introduzione della parola *comunità*! Essa non era mai stata usata prima in maniera tanto vuota e indiscriminata come in questi ultimi decenni, nei quali le comunità in senso sociologico sono davvero difficili da trovare. Le millantate identità di gruppo, ovvero il formarsi di un insieme di persone ai quali un individuo poteva "appartenere" inequivocabilmente furono introdotte per la prima volta negli anni Sessanta in America da alcuni saggisti, propensi alla autoanalisi. :) Specie negli Stai Uniti era difficile collegare gli individui in base alla nazione o all'etnia, ma lo scopo essenziale di una politica, se non etnica, similare, in una società urbanizzata e quindi disomogenea per forza di cose, è quello di entrare in competizione con altri gruppi (altrettanto immaginari) per appropriarsi una quota di risorse gestite dallo stato, facendo leva sulla fedeltà dei politici al "gruppo di appartenenza". (Nota mia: un esempio preclaro è la strategia da sempre adottata dalla chiesa cattolica romana per accaparrarsi ogni tipo di prebende, una volta terminato il potere diretto su un territorio, trasformandolo in...)
L'esclusività diventa ancora più essenziale per le politiche identitarie, perché ormai le differenze effettive, che una volta distinguevano gli umani, si sono attenuate: la fluidità delle caratteristiche etniche nelle società urbane fa sì che la scelta del criterio etnico, come il solo che individui l'appartenenza a un gruppo, sia arbitraria e artificiosa (gli sposalizi inter-etnici sono sempre più comuni) e a es, come potrebbero raggrupparsi in naziskin tedeschi, se non bastonando turchi e albanesi immigrati!? Come potrebbero distinguersi croati e serbi, dopo che per secoli si sono mischiati? Oppure davvero qualcuno crede ancora che i vecchi italo-americani di Brooklyn si sentano figli del paese dove il sì suona?
Si può essere sicuri che la parola comunità non è la soluzione, bensì, semmai il sintomo di una malattia, che il vecchio stato nazionale non è in grado di sanare. Il secolo breve si può dire che non ha trovato soluzioni!


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lemond ha scritto: martedì 2 aprile 2024, 10:44 da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXV

Uno dei prodotti della nuova grande crisi è stata l'introduzione della parola *comunità*! Essa non era mai stata usata prima in maniera tanto vuota e indiscriminata come in questi ultimi decenni, nei quali le comunità in senso sociologico sono davvero difficili da trovare. Le millantate identità di gruppo, ovvero il formarsi di un insieme di persone ai quali un individuo poteva "appartenere" inequivocabilmente furono introdotte per la prima volta negli anni Sessanta in America da alcuni saggisti, propensi alla autoanalisi. :) Specie negli Stai Uniti era difficile collegare gli individui in base alla nazione o all'etnia, ma lo scopo essenziale di una politica, se non etnica, similare, in una società urbanizzata e quindi disomogenea per forza di cose, è quello di entrare in competizione con altri gruppi (altrettanto immaginari) per appropriarsi una quota di risorse gestite dallo stato, facendo leva sulla fedeltà dei politici al "gruppo di appartenenza". (Nota mia: un esempio preclaro è la strategia da sempre adottata dalla chiesa cattolica romana per accaparrarsi ogni tipo di prebende, una volta terminato il potere diretto su un territorio, trasformandolo in...)
L'esclusività diventa ancora più essenziale per le politiche identitarie, perché ormai le differenze effettive, che una volta distinguevano gli umani, si sono attenuate: la fluidità delle caratteristiche etniche nelle società urbane fa sì che la scelta del criterio etnico, come il solo che individui l'appartenenza a un gruppo, sia arbitraria e artificiosa (gli sposalizi inter-etnici sono sempre più comuni) e a es, come potrebbero raggrupparsi in naziskin tedeschi, se non bastonando turchi e albanesi immigrati!? Come potrebbero distinguersi croati e serbi, dopo che per secoli si sono mischiati? Oppure davvero qualcuno crede ancora che i vecchi italo-americani di Brooklyn si sentano figli del paese dove il sì suona?
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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXVI

Negli anni '70 c'era un paese socialista, la Cina, particolarmente preoccupato per l'arretratezza economica, tanto più che il paese vicino ero lo stato capitalista che aveva ottenuto il successo più spettacolare. (il P.I.L. era inferiore a quello dell'Italia, della Corea del Sud e di Taiwan)
Il novo corso, inaugurato da Deng fu la più sincera ammissione pubblica che erano necessari grandi mutamenti nella struttura del "socialismo reale".
Ma prima di interessarci in particolare della Cina, dobbiamo quantomeno accennare a come avvenne il crollo, appunto del c.d. socialismo reale in Europa.
Polonia e Ungheria erano il punto più vulnerabile del sistema sovietico. In Polonia la situazione era molto critica, perché era l'unico paese dove si era creata una certa opposizione con il congiungersi di tre fattori:
a) il nazionalismo anti russo e anti ebraico
b) l'organizzazione mantenuta dalla Chiesa cattolica
c) la classe operaia aveva mantenuto una certa forza politica.
Nel 1980 il trionfo del movimento sindacale di Solidarnosc dimostrò la crisi profonda del regime, anche se non poteva essere rovesciato, per il pericolo di un intervento dell'Unione Sovietica. Pertanto la Chiesa e lo Stato si accordarono tacitamente per l'insediamento di un regime militare, capeggiato dal comandante delle forze armate, il quale poteva rivendicare una certa credibilità sia come nazionalista che comunista.
L'ordine fu ristabilito , ma il governo si rivelò subito incapace di affrontare la situazione economica e quindi le proteste di una opposizione, che rimaneva attiva e che rappresentava in qualche modo l'opinione pubblica nazionale.
Tutto ormai dipendeva dall'URSS, ma non solo in Polonia, perché in ogni paese "satellite" si guardava con apprensione e paura all'evolversi (o no) dello scenario. Dopo poco tempo si comprese che i sovietici non erano più interessati a intervenire.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXVII

Nel 1985 era diventato segretario del PCUS un appassionato riformatore: M. Gorbacev, che era succeduto a un altro che aveva le stesse idee Y. Andropov, ma era morto appena dopo un anno circa di potere.
Il nuovo segretario era un uomo colto e intelligente e quindi non aveva seguito la vecchia strada dei quadri stalinisti, che portava alle massime cariche pubbliche, partendo dalle fabbriche, con una laurea in ingegneria o agronomia. Egli lanciò l'appello per la "glasnost" e ci fu una risposta immediata e vastissima da parte degli strati politici e intellettuali, anche se questa non va confusa con la massa del popolo.
La popolazione sovietica, a differenza di quella degli stati satelliti, riconosceva piena legittimità al regime, se non altro perché era l'unico che conosceva: "nessun" abitate nato nell'URSS poteva aver avuto una esperienza diretta (la vita media colà, a causa del comunismo e della vodka è molto bassa e quindi quanti novantenni ci saranno stati nel 1985?).
Il sistema offriva un tenore di vita minimo garantito, una certa sicurezza sociale e soprattutto il "diritto di ozio" teorizzato da Paul Lafargue e quindi c'è poco da meravigliarsi se i riformatori radicali si trovarono a contrastare l'umanità sovietica che, era ormai abituata a prendere (anche poco) anziché a darsi (da fare). :) :x


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXVIII

La società sovietica è sempre stata molto stabile, in parte per l'ignoranza su gli altri paesi (notizie sempre censurate) e in secundis, i giovani non hanno mai rappresentato un fattore destabilizzante: forse fu l'unico paese europeo a non conoscere la rivoluzione studentesca del 1968. E il tentativo di riforma, infatti, venne dai quarantenni.
Ma come fece un uomo come Gorbacev ad assumere il potere e prima di lui Andropov?
In primo luogo la smaccata corruzione dei dirigenti del partito e in secondo, gli strati istruiti e competenti, che facevano funzionare in qualche modo l'economia, erano consapevoli che, senza un cambiamento drastico, ci sarebbe stata una crisi senza fondo, anche perché le debolezze strutturali erano aggravate dalle esigenze di una superpotenza militare e la guerra in Afghanistan nel 1980 aveva ancor più peggiorato la situazione. Gli S.U.A. scelsero di considerare l'intervento sovietico come una minaccia contro il mondo libero e aiutarono "generosamente" i fondamentalisti islamici! E l'Afghanistan divenne per l'URSS quello che era stato il Vietnam per gli Stati Uniti, ma soprattutto dissanguò l'economia.
A questo punto Gorbacev dovette porre fine senza indugi ai, fino allora, 40 anni di Guerra fredda. Il Nostro non intendeva abbandonare il socialismo, ma renderlo migliore, ma la storia ci dice che il sistema non poteva essere riformato dall'interno.


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Gorbacev lanciò la campagna per trasformare il socialismo sovietico attraverso due slogan: perestrojka (ristrutturazione) e glasnost (libertà di informazione). Ma fra questi due momenti si manifestò un conflitto insolubile: la sola cosa che potesse far funzionare il sistema era la struttura gerarchica e autoritaria del partito/stato, così come dello zar in precedenza. Le riforme erano sempre venute dal vertice, ma in questo caso il partito era connesso a interessi cospicui e non poteva trovare un'alternativa confacente. Il modus operandi era sempre stato simile a quello militare e gli eserciti, se vengono democratizzati, non migliorano la loro efficienza. D'altro canto, se non si vuole più un sistema militare, bisogna fare in modo che esiste un'alternativa civile, prima che il vecchio sistema sia distrutto, altrimenti si provoca il crollo.
L'URSS, sotto la guida di Gorbacev precipitò nel crepaccio sempre più largo che aveva creato: quello fra glasnost e perestrojka! :(
Purtroppo quasi nessuno aveva le idee chiare su come doveva essere la transizione da un'economia centralizzata al nuovo sistema e nemmeno come avrebbe in effetti funzionato quella che nel futuro sarebbe stata un'economia duplice, di tipo statale e privato. Un vago riferimento poteva essere la NEP e la politica della Cina, dopo il maoismo, ma non si poteva paragonare la Russia degli anni '20, né la Cina rurale a questa URSS altamente urbanizzata e industrializzata (anche se solo in quella militare e spaziale) degli anni '80.
Il paese si dovette muovere verso un sistema democratico e pluralista proprio quando sprofondava nell'anarchia economica: era una concomitanza esplosiva, che minava le fondamenta poco profonde dell'unità della federazione russa. :x


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LXX

Gli ultimi anni dell'Unione Sovietica furono una catastrofe al rallentatore e non fu a opera delle forze nazionalistiche, ma al contrario fu la disintegrazione dell'autorità centrale che costrinse ogni regione del paese a pensare a se stessa. La crisi finale non fu economica. ma politica:
Alla fine di aprile del 1991 Gorbacev negoziò un Trattato dell'Unione, sostenuto dalle nove repubbliche più grandi, che aveva lo scopo di preservare un potere federale centrale, che doveva entrare in vigore il 20 agosto.
Due giorni prima della data quasi tutti i pezzi grossi dell'Unione proclamarono invece che un Comitato d'emergenza avrebbe assunto il potere in assenza del presidente e del segretario generale (posto agli arresti domiciliari).
Non era un vero colpo di stato, nessuno fu arrestato a Mosca e non furono occupate le stazioni radiotelevisive, quanto una proclamazione che la macchina del potere reale si era rimessa in moto.
La popolazione di Mosca rimase indifferente e ai cospiratori non rimase altro da fare che desistere, dopo che la nuova stella, Eltsin, spalleggiato da qualche migliaio di sostenitori venne a difendere di persona il proprio quartier generale e, in televisione, sfidò i carri armati e sciolse il Partito comunista. Trattò la Russia come il successore naturale della defunta URSS e accennò anche a un possibile rinegoziazione di confini con le altre repubbliche.
L'Ucraina dichiarò immediatamente l'indipendenza, perché per la prima volta le altre repubbliche avevano motivi per temere l'oppressione di Mosca, per salvaguardare gli interessi di una sola nazione! (E questi timori saranno di molto accentuati con l'ascesa al potere di Putin!) :grr:


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Possiamo concludere l'esame con due osservazioni:
a) quanto sia stata superficiale la presa del comunismo sull'area enorme che aveva conquistato in poco tempo: essa quasi scomparve da un giorno all'altro con la fine dei regimi politici che l'avevano imposta. Il comunismo non si fondava sulla conversione di massa, ma era solo la fede di alcuni quadri (per usare la terminologia di Lenin) delle avanguardie e infatti tutti i partiti comunisti arrivati al potere, lo furono grazie a élite minoritarie. L'adesione, successiva, delle masse, dipendeva dalla qualità della vita che offriva il regime e "nulla quaestio" fino a quando non si potevano fare paragoni con i paesi esterni. Una volta che non fu più possibile isolare il popolo, i giudizi delle masse divennero scettici e poi molti critici.
Un altro aspetto riguarda l'elemento fideistico strumentale: il presente aveva valore come mezzo per arrivare al futuro millenaristico., e un tale sistema di credenze è più adatta alle "sette", che alle "chiese" universali, il cui campo d'azione invece è solo la vita quotidiana.
Quando poi il futuro si spostava sempre più lontano, anche i quadri cominciarono a concentrare gli interessi sulla sodisfazione dei bisogni quotidiani.
Il paradosso del fallimento dell'URSS fu che offrì uno dei più forti argomenti alla conferma dell'analisi di Marx:
"Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali... A un dato punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi si erano mosse. Da forme di sviluppo delle forze produttive queste relazioni si sono trasformate nelle loro catene. Entriamo allora in un'epoca di rivoluzione sociale."
Il primo risultato dell'epoca della rivoluzione sociale iniziata nei regimi comunisti fu la disintegrazione del sistema stesso, ovvero il socialismo-reale non fu sostituito, come Marx prevedeva, dal comunismo senza stato, ma ...


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Re: Storia

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... dallo stato senza comunismo?


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Re: Storia

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Gimbatbu ha scritto: martedì 9 aprile 2024, 17:21 ... dallo stato senza comunismo?
:crazy:


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Il secolo breve è terminato lasciando aperti interrogativi, per i quali nessuno ha soluzioni; per la prima volta in due secoli il mondo manca del tutto di ogni sistema o struttura internazionale ed è indicativo il fatto che, dopo il 1989, sono comparse decine di nuovi stati territoriali, senza che vi sia un qualche meccanismo indipendente per la fissazione dei confini ed eventuali conflitti.
L'unica cosa che forse appare certa in questa temperie è che anche gruppi abbastanza piccoli, che si oppongano all'ordine esistente, possono portare dovunque lo sconquasso e la distruzione, perfino con armi nucleari.
Un fenomeno emergente è il fondamentalismo, anche se non ha nulla da dire alla società attuale, che non è più formata dai pastori nomadi dell'antico vicino Oriente e quindi non offrono nessuna soluzione, anzi amplificano le difficoltà di comprensione. Essi sono solo il sintomo di una malattia di cui pretendono di essere la cura, per usare la definizione che dava K. Kraus della psicoanalisi. :)
Lo stesso dicasi per la xenofobia e le politiche di identità: esse hanno la probabilità di contribuire al progresso nel mondo del terzo millennio quante ne aveva il fascismo di fronte alle difficoltà dell'Era della catastrofe! P.S. Le soluzioni non le ha neppure l'autore di questo libro. :diavoletto:
Fine


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