Filosofia

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lemond
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Re: Filosofia

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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LII

Louis de Bonald non è entusiasta come J.d.M. per la teocrazia papale, ma accoglie il resto quasi per intiero e accentua addirittura i principali aspetti reazionari del "maestro". Egli ribadisce il primato indiscutibile del "noi sociale" contro l'individualismo: l'uomo esiste solo per la società ed essa lo forma per se stessa.
La società perfetta naturalmente è quella religiosa sulla base della "proporzione generale" : il potere sta al ministro, come il ministro sta al suddito.
Al centro delle Ricerche filosofiche e morali torna il concetto di tradizione come unico veicolo per ripristinare la fede in Dio, detronizzata dalla moderna filosofia. Con tale concetto torna anche l'idea della nuova sottomissione dei popoli all'autorità del monarca, espressione di quella divina.


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Re: Filosofia

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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LIII

Lo svizzero Carl Ludwig von Haller, di nobili origini, compone la Restaurazione della scienza politica, che influenzerà buona parte della cultura tedesca.
La concezione dello Stato si ispira alle antiche città elvetiche, di stampo repubblicano, ma non certo simili alla Repubblica di tipo francese. Von Haller è particolarmente radicale nel porre alla base del sistema naturale il rapporto signoria-servitù, che è un concetto universale, necessario e immutabile, perché viene da Dio. La società deve essere, come da tradizione, una scala di obbligazioni personali che dal servo, va al padrone fino ad arrivare al Signore di tutto.
Nell'ambito del legittimismo italiano, si possono segnalare Monaldo Leopardi (meno male che il figlio era diverso) e il palermitano Gioacchino Ventura, che conferma la supremazia della Chiesa sullo Stato.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LIV

Charles Darwin


Da giovane è uno studioso di geologia e trova una spiegazione all'esistenza delle isole e delle barriere coralline: il lento immergersi o innalzarsi di intiere regioni del globo, permette ai coralli di occupare quote crescenti o minori di una montagna o di un altopiano e ai loro resti di ergersi o sprofondare per migliaia di metri.
Tornato in patria, dopo il viaggio sulla Beagle, si rende conto che la teoria geologica poteva essere attaccata perché non riusciva a spiegare la successione delle forme di vita nel corso della storia della Terra e allora decide di dedicarsi alla soluzione di simile questione, ovvero al come e perché si sono trasformate le specie?
Esisteva e produceva consensi in quel tempo la teoria di Lamarck: ogni vivente aveva avuto un inizio nella generazione spontanea ed era spinto continuamente verso la perfezione.
No, non può essere il singolo che produce il mutamento, bensì esso si produrrà attraverso meccanismi simili al processo geologico: se il lento agire del vulcanismo aveva generato l'innalzamento della Cordigliera delle Ande, forse anche la vita biologica dispone di meccanismi in grado di produrre enormi mutamenti grazie a un'azione lenta, ma costante. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LV

Gli studi intorno al modello epistemologico di Lyell conducono il Nostro al convincimento che la causa delle variazioni debbano risiedere nel processo di riproduzione sessuale, i cui effetti si possono misurare solo su lunghi periodi.
Nel luglio 1837 comincia a raccogliere appunti su appunti e nel settembre 1838 arriva a una prima, illuminante, soluzione: gli organismi soggetti a sollecitazioni ambientali nuove ricevono una spinta al cambiamento e, anni dopo, sono rimasti in vita solo quegli animali o piante portatori di variazioni anche minimamente favorevoli nella competizione per le sempre scarse risorse disponibili. La seleziona naturale elimina invece tuti i portatori di variazioni sfavorevoli, indeboliti dalla lotta per la sopravvivenza. In questo modo la natura permette ai favoriti di riprodursi, consegnando alle nuove generazioni quei tratti risultati migliori e alla fine abbiano una specie mutata. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LVI

Negli anni successivi il Nostro si interessa della distribuzione geografica delle piante, in modo da verificare se il meccanismo di isolamento-variazione-adattamento possa reggere alla prova dei fatti. Ma i calcoli pazientemente elaborati provano la tesi contraria: la diversità delle forme di vita è maggiore in spazi aperti, per cui capisce che non serve l'isolamento e che le variazioni sono frequentissime in natura. Essa non ha un compito esclusivamente eliminatorio, ma può favorire processi complessi di speciazione. Un ruscello che attraversa una pianura o un gruppo di rocce in una prateria offrono alle forme di vita altrettante possibilità di specializzazione e di adattamento, peraltro sempre precario ed esposto al rischio.
Nella primavera del 1856 Darwin informa il mentore e amico Lyell dei progressi e nell'estate comincia a scrivere la grande opera sulle specie.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LVII

C.D. resta sempre fedele alla cautela di non toccare questioni che avrebbero potuto urtare la suscettibilità di ambienti religiosi e conservatori, però quando poi pubblica L'origine dell'uomo (1871) le polemiche non mancano e a rispondere ci penserà non lui, ma il "suo mastino" (Thomas Henry Huxley).
L'uomo fa parte di quelle specie che sono brave a cooperare con chi pensano che facciano parte della stessa “fazione”, proprio perché in lotta con chi non vi appartiene. In altri termini, la cooperazione e l’aggressività nascono dalla stessa logica, quella di gruppo.
Darwin spiega poi – con elementi ancora oggi in grado di farci capire molte situazioni – che nel corso dell’evoluzione questi retaggi vengono perfezionati: subentrano gli elementi culturali e simbolici. Darwin pensava che evoluzione biologica e culturale fossero intrecciate. Questo vale anche per il senso morale e di comunità. Con il passare dell’evoluzione culturale, dice Darwin, noi abbiamo imparato ad allargare questo “noi”: non è più la nostra piccola tribù, ma l’insieme di tutte quelle che costituiscono una nazione. E poi impareremo a capire che il noi vale per tutta la specie umana. E infine, saremo così bravi a capire che quel noi includerà tutti gli altri esseri viventi. Ma, realista come era, Darwin ricorda che in fondo c’è sempre una tentazione: il retaggio del tribalismo che tornerà sempre a galla. Quindi, capire che facciamo parte di un grande noi non è un fattore scontato, ma sempre minacciato. Il nostro senso di comunità universale, di conseguenza, va coltivato.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LVIII

Herbert Spencer


Con lui si passa dall'evoluzionismo biologico a quello filosofico, nel mentre ci presenta una visione unitaria della realtà.
La conoscenza si basa su due principi, che sono di chiara ispirazione positivistica:
a) che il sapere si deve fondare su fatti osservabili empiricamente;
b) il compito delle scienze è quello di rilevare relazioni costanti tra i fatti, passando dal particolare al generale.
Compito della filosofia è unificare i concetti generali proposti dalle scienze.
Nel procedere della conoscenza, l'uomo avverte sempre il carattere relativo dei risultati, ma forse l'evoluzione ci spinge un po' più su.
Evoluzionismo per lui significa adattamento dei corpi all'azione esercitata dall'ambiente circostante e la selezione naturale fa in modo che si conservino e si tramandino quelle strutture più adatte; ciò si traduce in psicologia nell'idea della coscienza come capacità, anch'essa, di adattamento all'ambiente. In ambito etico il filosofo inglese si muove nell'ambito di una concezione utilitaristica: il bene è identificato con l'azione individuale più adatta a mantenere la vita propria e allevare nuovi individui, nel rispetto naturalmente del diritto altrui a fare altrettanto, nell'interesse (appunto) generale.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LIX

La Termodinamica


I due grandi principi della fisica che studiano il calore sono noti sono noti come primo e secondo principio della termodinamica e le definizioni si debbono al fisico tedesco Rudolf Clausius e in sintesi sono:
a) l'energia dell'universo è costante;
b) l'entropia dell'universo medesimo tende al massimo.
La dimostrazione del primo si ha asd es: un sasso che cade all'inizio ha solo energia potenziale, che poi si trasforma in cinetica e in calore, generato nell'urto con l'aria; ma alla fine del processo la somma di energia cinetica e di calore sarà eguale all'energia potenziale iniziale. La nozione di energia diventa quindi una chiave di misurazione universale.
Il secondo principio deriva dall'asimmetria nella trasformazione del lavoro in calore; quando avviene si osserva sempre la perdita, ovvero ogni tipo di energia, dopo, non ha più la stessa utilizzabilità. Se in una stanza abbiamo un gas freddo e uno caldo separati, l'entropia complessiva è inferiore a quella in cui i due gas saranno mescolati: dopo non potremo più sfruttare la differenza di temperatura fra i due gas per produrre un lavoro meccanico, ad es, far alzare il pistone di un un cilindro.
Se siamo in un sistema chiuso (universo unico) e per ipotesi gli attribuiamo una certa entropia, tutto tende verso la diminuzione della possibilità di compiere lavoro, cosicché l'universo stesso tende inesorabilmente alla morte termica..
Questo principio ha una portata concettuale enorme e forse è stato l'inizio della perdita di ogni fiducia nelle sorti progressive dell'umanità, tipica dell'epoca vittoriana e di ogni religione!


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LX

George Boole


Nell'opera "Analisi matematica" presenta la logica strutturata matematicamente e quindi elegge a oggetto d'indagine la forma del pensiero, invece che il contenuto e così questa logica permetterà di conoscere le leggi del pensiero, così come la matematizzazione della fisica aveva consentito di conoscere le leggi della natura. L'idea fondamentale è che le leggi logiche abbiano una forma algebrica e che i simboli dell'algebra siano rappresentabili come certe operazioni della mente, al riparo di ogni considerazione metafisica.
Boole impiega il sistema per tradurre in termini algebrici la teoria del sillogismo di Aristotele e ottiene un insieme di equazioni che possono essere dimostrate vere o false. La riduzione di ogni enunciato in equazioni non è senza difficoltà perché nella prospettiva booleana si tratta di ridurre tutti gli enunciati senza la copula a enunciati con essa, per esempio "Cesare conquistò la Gallia" dovrà essere tradotto in equazioni del tipo "Cesare" e "colui che conquistò la Gallia.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXI

Gottlob Frege


È la figura più importante della logica dell'Ottocento: il linguaggio naturale è ambiguo, perché contiene elementi estranei al concetto di dimostrazione e non ci segnala spesso le regole d'inferenza effettivamente applicate. Il progetto, che cerca di attuare, è di fondare tutta la matematica esistente (tranne la geometria) sulla logica. Al fondo della logica c'è la funzione di *insieme* o classe, che può essere distinto in due modi; se l'insieme è finito, è sufficiente elencarne gli elementi, se è infinito occorre enunciare una proprietà che ne caratterizza tutti gli elementi.
Come si può rispondere alla domanda su quando due insiemi sono eguali?
La risposta Frege ce la fornisce con l'assioma di estensionalità: sono uguali quando hanno gli stessi elementi e con l'assioma di astrazione: data una qualsiasi proprietà coerente, esiste sempre un insieme formato da tutti e solo gli oggetti che godono di essa.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXII

Le geometrie non euclidee


Fu C.F. Gauss uno dei primi che propone una geometria in cui non valga il postulato delle rette parallele e i triangoli hanno la particolarità che la somma dei loro tre angoli non è uguale a due angoli retti.
Contro Kant, che sosteneva la certezza apodittica di tutti i principi della geometria, il Nostro, insieme al russo Lobacevskij e a Farkas Bolyai, pensa che i concetti geometrici non sono che costruzioni artificiali della nostra mente, tratte dalla proprietà del movimento, che è la sola cosa di cui abbiamo cognizione in natura. Non c'è alcuna contraddizione nel supporre che talune forze della natura seguano una geometria, altre una diversa.
Lobacevskij in particolare introduce l'angolo di parellalismo p(p) relativo a un segmento p. Se p(p) è retto si ha l'ordinaria geometria, se è minore, si ha le geometria immaginaria. In quest'ultimo caso, egli ottiene le stesse relazioni e identità trigonometriche trovate indipendentemente prima da Taurinus e poi da Bolyai.
Altro importante contributo alla geometria non euclidea è quello di B. Riemann: "Che lo spazio sia una varietà tridimensionale illimitata non comporta che sia anche infinito, anzi sarebbe di sicuro finito se la sua curvatura avesse un valore positivo, per quanto piccolo.
Le nuove geometrie entrano a far parte del patrimonio della matematica a partire dal XX secolo. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXIII

Nuove conoscenze per una nuova società


In Europa, a cavallo fra due secoli, la rivoluzione industriale e quella francese modificano i processi produttivi e i rapporti di autorità fra le classi. Dipoi esiste una terza rivoluzione, quella demografica, con particolare riguardo alla distribuzione fra città e campagna; una quarta per modo di dire, è la scientifica che, in effetti, ha preceduto tutte le altre. :)
Il pensatore socialista C-H. de Saint-Simon produce quella che potremo chiamare "protosociologia" e afferma la superiorità della società industriale su quella basata sull'ancien regime, perché in essa si affermano sempre più gruppi dirigenti di tipo nuovo che hanno in comune l'idea della produzione di maggiore ricchezza.
Alexis de Toqueville intraprende un viaggio in America per approfondire e provare la propria intuizione, secondo cui è possibile un ordine sociale democratico, affatto diverso dall'aristocratico; l'eventuale disordine prodotto all'inizio del cambiamento è solo un aspetto temporaneo e la costituzione degli Stati Uniti d'America prova che in quel paese è chiara la vocazione a instaurare un ordine nuovo e migliore.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXIV

Forme ancora più ambiziose di trattare la "questione sociale" sono il marxismo e il darwinismo sociale; interpreti di queste sono da una parte Marx e Engels e d'altra Herbert Spencer.
I primi sono molto più creativi e più complessi dell'altro e avranno molto più influenza sugli affari politici e sociali, non solo intellettuali, dell'intiero pianeta.
Avendone già parlato in precedenza, vediamo qui comunque il pensiero del filosofo britannico.
Nelle società umane l'evoluzione è tanto più sicura, rapida e benefica quanto meno è ostacolata dalle istituzioni che limitano artificialmente la lotta concorrenziale. L'intiero processo dovrebbe essere affidato all'iniziativa dei singoli, capaci di scegliere con chi trattare, a quale scopo e condizioni.
In altre parole Spencer fornisce un supporto scientifico all'ideologia del liberalismo ottocentesco.


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Re: Filosofia

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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXV

Claude Lévi Strauss


Dalla psicanalisi e dalla linguistica possiamo ricavare una sorta di ontologia della struttura, che dal modello esplicativo si traduce in un complesso di regole inconsce a cui l'uomo è soggetto e che presiede alla funzione simbolica dell'umanità. La struttura è retta da una coesione e coerenza interne, che si mostrano solo nello studio delle trasformazioni, in cui, sistemi apparentemente diversi, riflettono degli schemi similari.
In tal senso la struttura si propone come una descrizione sistematica di ciò che gli uomini fanno e così si può definire un a-priori storico-culturale, un complesso sempre più dato di invarianti che presiede a ogni mutamento e lo rende possibile. Il suo è un metodo di ricerca affatto obiettivo e le cui proprietà acquistano il carattere di una realtà propria e indipendente.
Nella "Strutture elementari della paremtela" L.S. raccoglie materiali sull'India, la Cina e il Sud America, estrapolando da questo ricco materiale un piccolo numero di principi semplici, capaci di ricondurre la molteplicità di usi e costumi, sotto una regola generale, espressa sotto la forma del tabù dell'incesto. Tale proibizione si colloca a metà fra natura e cultura, ovvero l'accoppiamento non è più solo pulsione, ma regolato secondo criteri che possono apparire logici, oppure anche assurdi e accidentali. :)


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La pedagogia e il metodo Montessori


La forte personalità di Maria è insieme l'origine del successo del metodo e insieme il limite per l'applicazione: non è facile trovare insegnanti capaci della stessa passione e dedizione della fondatrice.
Il metodo guarda all'educazione del bambino dalla nascita e l'insegnante deve essere solo il mediatore, che ne favorisce la voglia di fare, innata e, dopo aver osservato la azioni, scegliere il materiale adotto per aiutarlo e anche saper tacere al momento giusto.
Maria Montessori vede quattro periodi nello sviluppo:
il primo (2-6 anni) ha per obiettivo l'esercizio dei sensi e l'educazione alla vita pratica e alla socialità, in un ambiente idoneo.
Nel secondo (7-12) avviene il passaggio dal piano sensoriale a quello astratto e l'adulto-insegnante in questo periodo deve aiutare il discepolo a diventare sicuro di sé. Oltre alle varie materie teoriche, nel periodo si deve insegnare anche il lavoro pratico, che aiuta ad acquisire una disciplina interiore.
Nell'adolescenza (13-18) il ragazzo sta diventando uomo e quindi entra a far parte della società e la comunione stimola nuove energie, perché l'uomo ha bisogno della vita sociale, tanto per il pensiero che per l'azione.
Infine nel quarto periodo (19-24) si evidenzia la necessità di incoraggiare il giovane all'autonomia e alla conquista dell'indipendenza economica durante gli studi universitari.


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La linguistica


Già nell'antichità si era scoperto che tutte le lingue sono soggette a cambiare attraverso il tempo e anche lingue molto diverse possono avere un'origine comune. In Grecia non erano certo favorevoli a idee del genere (cfr barbaro, proprio per la lingua) a parte il grande Epicuro che, unico fra i connazionali, cercò di affermare il riconoscimento della pari dignità delle culture, avendo sottotraccia una visione evolutiva della specie umana.
Il frangersi della latinità in tradizioni linguistiche differenziate rese disponibile un materiale certo ed evidente del mutamento linguistico e della parentela fra gli idiomi.
La vicenda del passaggio dal latino unitario alle diverse parlate romanze offriva un modello che, nel corso dei secoli, consentì di cominciare a dominare la messe crescente di notizie e descrizioni di lingue diverse e anche per queste si poteva arguire un'origine comune.
Nel Settecento si notò che esisteva una certa somiglianza fra il sanscrito, antica lingua classica dell'India e le lingue europee e sir Willam Jones lanciò nel discorso inaugurale dell'anno accademico dell' Asiatic Society: "La lingua sanscrita possiede una struttura meravigliosa, più perfetta del greco e del latino, ma ha un'affinità talmente forte con entrambe, che non si può pensare che sia per puro caso." Jones morì prima di vedere accettata la teoria. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXVIII

Le concordanze fra le lingue sono tanto più probanti quanto più riguardano l'apparato morfologico: gli aspetti legati alla flessione, alla composizione e derivazione delle parole, alla determinazione delle categorie grammaticali e degli elementi formativi della lingua.
Seguendo questi canoini si consolida il riconoscimento della famiglia linguistica indoeuropea, alla quale riconduciamo alle quali riconduciamo oggi le lingue del gruppo celtico, germanico (antico gotico, tedesco, inglese e neerlandese, lingue nordiche), italico (osco-umbro, latino e lingue romanze), messapico e venetico (oggi estinte), illirico (forse solo l'albanese), greco antico, bizantino e moderno, baltico (lituano, lettone), slavo (bulgaro, ceco, polacco, russo, sloveno, serbocroato), armeno, indoiranico, etc.
Si giunge anche ad accertare l'unità genetica delle lingue semitiche e, a mano a mano, fra Otto e Novecento, di numerose altre famiglie: caucasico, uralo-altaico, camitico, sino-tibetano, etc; e, correlativamente a individuare alcune lingue isolate, come il giapponese, coreano, basco o etrusco.


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Le lingue del mondo oggi parlate e censite sono circa 7.000 e in tutta l'ecumene si è sviluppata la scienza chiamata linguistica, con studiosi, come N. Tommaseo che la osteggiò e invece altri come Cattaneo e Ascoli. che fecero di tutto per svilupparla anche in Italia.
La ben fondata comunanza generica fra le lingue alimenta l'idea che c'è stata una lingua comune e che è esistito un popolo che la parlava e qualcuno fomenta l'idea che questo mitico popolo fosse superiore: il razzismo cristiano antiebraico ne trasse alimento!
Qualcuno prova a ricostruire questa antica lingua, ma i loro sforzi non hanno portato a nulla di valido e questo è stato dimostrato con il latino e le lingue romanze. Se conoscessimo solo le lingue neo-latine, senza aver nessuna documentazione dell'originale, ricostruiremmo sulla base di ciò che è sopravvissuto e quindi una protolingua senza declinazioni di nomi e aggettivi e solo per i pronomi personali saremmo autorizzati a pensare che il latino distinguesse un pronome soggetto e uno oggetto. Non ricostruiremo i futuri sintetici (amabo, cadam), non i participi futuri , non gli infiniti passati e nemmeno le intiere coniugazioni passive; non avremmo congiunzioni pilastro della sintassi, come ut e cum causale e temporale, etc.
La distanza fra un testo latino vero e la possibile ricostruzione ci fa capire che l'ipotesi elaborata da Schleicher è solo una favola, nemmeno tanto bella.


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Re: Filosofia

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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXX

La psicologia della forma (Gestalt)


Essa focalizza l'interesse sulla strategia di risoluzione di problemi in situazioni complesse. L'esperienza umana deve essere considerata per intiero e non scomposta: l'insieme è più della somma delle parti e quindi la società non è l'addizione dei singoli individui.
Per comprendere il mondo si tende a identificare forme secondo schemi che ci sembrano adatti e in questo ambito di riferimento si sviluppa la "teoria del campo" di Kurt Lewin. Il campo sarebbe la realtà complessa nella quale ogni individuo si muove per raggiungere gli obiettivi. Uno stesso oggetto nel campo può essere percepito con significati diversi, secondo gli obiettivi o i bisogni che il soggetto avverte in dati momenti o così come essi interagiscono con il contesto situazionale nel quale sono inseriti.
Queste intuizioni di Lewin dànno il via a una serie di ricerche sul "problem solving" e sul concetto correlato di "insight" (l'intuizione e la consapevolezza dei propri sentimenti, delle proprie emozioni e dei moventi del proprio comportamento).
Il modello teorico della Gestalt si oppone a quello comportamentista, secondo il quale gli animali procedono in avanti per tentativi ed errori, privilegiando invece il criterio di spiegazione basato sulla comprensione e intuizione, l'insight appunto.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXI

La sociologia e Weber


Egli assegna un posto centrale alla soggettività, al complesso di percezioni, criteri, aspettative etc, che albergano nella mente di ciascuno e ne orienta l'agire. A lui interessano poco i singoli eventi e cerca invece tipi ideali, concetti astratti che identificano molteplici temi ricorrenti dell'azione sociale. Ciascun tipo è caratterizzato dalla prevalenza dell'uno o dell'altro dei seguenti atteggiamenti:
a) tradizionale, ciò che è stato fatto nel passato vale sempre e comunque per questo (mos maiorum dei romani, di cui il più pedissequo rappresentante è stato Catone uticense!);
b) affettivo, ovvero non c'è il filtro della riflessione;
c) razionale, la ricerca di un fine con il minimo dispendio delle risorse a disposizione.
Weber distingue *c* in una razionalità puramente di scopo, il cui stesso fine è oggetto di scelta e una di valore, in cui un particolare fine è considerato degno d'essere perseguito comunque e dovunque. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXII

A questa partizione si riferiscono diversi tipi ideali e Weber si sofferma in particolare su quelli politici, distinguendo fra mero potere (la capacità di controllare l'agire altrui mediante la minaccia o addirittura la violenza) e dominazione, dove quel potere si manifesta in comandi a cui corrispondono atti di obbedienza. Ci possono essere tre tipi di obbedienza: quella affatto irriflessa, automatica di chi si sente inesorabilmente legato a una condizione di inferiorità, che considera naturale (i bilanisti-berluskoniani); quella risultante dal calcolo da parte del comandato che valuta ciò che gli conviene di più fra obbedienza e ribellione, propendendo per la prima; infine quella che esprime nel comandato un senso di doverosità morale, per un comando considerato legittimo (voluto da Dio!).
La decisione del Nostro di costruire una sociologia che attribuisce un ruolo fondamentale alla soggettività conduce a un sistema assai complesso di concetti astratti che talvolta portano a dei paradossi, come nel caso dell'ascetismo-mondano. :D I calvinisti rifiutano il godimento delle ricchezza, ma, al contempo si impegnano senza sosta ad accrescerla, in quanto segno tangibile della grazia divina. :crazy:
Questo fornì una legittimazione religiosa all'accumulazione capitalistica, che per Weber è un fenomeno centrale della società contemporanea.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXIII

Émile Durkheim


Se E.D. avesse conosciuto gli scritti di Weber, li avrebbe considerati in disaccordo con la propria posizione metodologica, secondo cui sono oggetto della sociologia i fatti. I rapporti contrattuali fra gli uomini non sono quasi mai autosufficienti, perché in primis non tutto nel contratto e volontario e infatti funzionano solo se esiste l'istituzione del contratto. In una società che non lo riconosca è ovvio che ... e d'altra parte in ogni società le libere attività degli individui devono necessariamente essere condizionate e/o sostenute da organi pubblici. L'insieme delle istituzioni di una determinata società si fa, nel tempo, sempre più complesso e diversificato, per cui l'individuo può essere investito di diritti e doveri molto diversi.
Durkheim presta attenzione alla questione della natura della solidarietà; essa si manifesta in modi affatto differenti nelle società primitive e in quelle avanzate. La prima è meccanica, perché è obbligata dalla natura delle cose "ubi maior minor cessat" e gli individui sono costretti a osservarla in maniera continua e precisa. È tipica delle società avanzate invece la solidarietà organica e per trovare la soluzione migliore gli individui negoziano gli uni con gli altri e se le regole sono violate, chi subisce il danno può chiedere l'indennizzo invece che la punizione della controparte.
Per sintetizzare, la solidarietà meccanica è frutto della somiglianza fra componenti diverse, quella organica delle loro differenze. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXIV

Se entro una società umana primitiva aumenta la densità demografica e la vita diventa insostenibile per mancanza di risorse, si può cercare di accrescere tali risorse facendo del proprio territorio un uso più intensivo se si conosce l'agricoltura. Questo richiede il ricorso a un insieme diverso di conoscenze e tecniche da parte di gruppi sempre più differenziati, ma comunque molto più coscienti delle regole e valori che debbano valere all'interno per tutti. A lungo andare si passa alla società moderna e solo allora si verifica un processo di individualizzazione spenceriana, anche se poi, pure loro devono assoggettarsi a istituzioni pubbliche e non solo al contratto.
Durkheim studia in profondità il fenomeno della devianza sociale, che è piuttosto normale: le norme sociali non sono descrizioni empiriche di come la gente agisce, ma prescrizioni di come dovrebbe agire e, in quanto tali, sempre vulnerabili dai comportamenti di fatto e a questo proposito, analizza in particolare il suicidio. Il cattolicesimo generalmente crea fra i fedeli una maggiore propensione alla vicinanza a chi affronta questioni esistenziale, per cui ne risulta una tendenza assai minore dei protestanti.
Infine, nell'ultima grande opera, Le forme elementari della vita religiosa, si esprime così: "Lasciate che l'idea di società si estingua nelle menti e nelle credenze dei singoli, che le tradizioni e aspirazioni della società non siano più sentite e condivise e la società morirà!" Evviva la religione. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXV

Gaetano Mosca


Negli Elementi di scienza politica, egli scrive che ci sono due classi di persone: governati e governanti e la ragione del dominio dei pochi sulle maggioranze è dovuta alla capacità di formare un gruppo coeso. A descrivere i modi effettivi dell'esercizio del potere sono stati in pochi, secondo Mosca, nel passato: Machiavelli, Saint Simon, Comte, Marx/Engels e Hippolite Taine.
Il principio organizzativo come criterio decisivo è interno e regola la costituzione della classe politica, mentre il modo in cui essa esercita il potere all'esterno è individuato nelle c.d. "formule politiche", che legittimano la classe dominante, permettendole di economizzare l'uso della forza e far leva invece sul consenso, se pur indotto, della maggioranza. Le formule politiche non sono solo mere mistificazioni, ma rispondono, come la religione, a un bisogno insito nel genere umano ed esprimono i "valori" su cui si basa la società. Il liberale Mosca procede poi a distinguere i vari regimi in base alla loro apertura, così da reinserire un modello teorico per una differenziazione più articolata (non tutti i governi, benché oligarchici, sono uguali).


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXVI

Vilfredo Pareto


Non ambisce a elaborare un'analisi del potere politico come quella di Mosca, perché l'interesse primario è quello economico, ma si rende conto che con quel solo modello non si riesce a spiegare i comportamenti sociali in generale e la distribuzione ineguale del potere fra i gruppi. In particolare affronta la prima questione, separando le azioni razionali dale altre e per la seconda, elabora la teoria delle élites.
Molti autori si era cimentati sul tema della razionalità e Pareto "taglia la testa al toro" superando il concetto di razionalità, riconoscendo all'opposto una grande importanza negli effettivi processi sociali (nota, il fatto che il berluska, o chi per lui, non avesse un grande cervello politico, non è importante!)
Le azioni irrazionali di solito esprimono una visione fallace, anche se poi gli uomini le giustificano e le rielaborano tramite ragionamenti, che Pareto chiama derivazioni e da queste il Nostro genera la teoria delle élites, ovvero come queste acquisiscono e mantengono il potere. L'esercizio dello stesso è in altre parole fondato sullo sfruttamento di sentimenti e atteggiamenti irrazionali da parte di minoranze dotate di abilità o di ricchezza superiori. (si ritorna ante litteram al berluska!)
Le élites governanti le distingue in volpi e leoni, la differenza è ovvia, però c'è una regola di chiusura per il mantenimento del potere: i governanti devono potersi rinnovare o almeno darne l'impressione, altrimenti andrebbero incontro a una sicura decadenza e il Nostro conclude che la storia intiera può essere considerata come "un cimitero di aristocrazie successive".


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXVII

Robert Michels


Amico e allievo di Max Weber, rivela i meccanismi che trasformano qualsiasi organizzazione in una macchina burocratica al servizio delle finalità del gruppo dirigente: la c.d. legge ferrea dell'oligarchia (nota, credo che non abbia mai avuto smentite).
Lo studioso di Colonia analizza uno dei più famosi e grandi partiti socialdemocratici europei, la SPD tedesca, di cui è stato militante. Egli delinea le fasi del processo in cui avvenhono l'instaurazione e il consolidamento dell'élite dirigente. La psicologia delle masse e dei leader politici porta di sicuro a una struttura verticistica, dove, appunto, pochi o uno, comanda/no sugli altri, senza che il partito se ne accorga neppure, perché muta sì, ma gradualmente (cfr il famoso esperimento della rana che non si accorge di stare per morire bollita se ...)
In tutti i modi, l'organizzazione, da mezzo per raggiungere uno scopo, diviene fine a se stessa, o, in altre parole, l'organo finisce per prevalere sull'organismo. :x


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXVIII

Rosmini e Gioberti


Gli esponenti di spicco della filosofia cattolica risorgimentale sono di solito rammentati in coppia sotto l'espressione *spiritualisti*, anche se poi i due esprimono differenti idee del cristianesimo (nota mia, ci saranno due persone che hanno letto qualcosa sull'argomento e che poi hanno le stesse idee?)
Antonio Rosmini si propone la fondazione di una filosofia solida e sana dalla quale non si possano derivare che conseguenze positive per la religione.
L'ontologismo di Vincenzo Gioberti vuole invece essere una confutazione della filosofia moderna post cartesiana, che ha la pretesa di risalire a Dio, partendo dall'uomo: un soggettivismo destinato a risolversi nello scetticismo! Il neoguelfismo trova in un'opera di Gioberti le formulazioni più celebri: "Del primato morale e civile degli italiani". Egli indica nell'Italia la nazione principe, che possiede un'identità nazionale genuina, con la presenza del papato che è, al tempo stesso, presupposto dell'identità nazionale ed energia morale, che sta alla base di un compito civilizzatore tra gli altri popoli europei, segnati negativamente dalle conseguenze nefaste della Riforma e del Modernismo!
P.S. Gioberti da quell'opera ha cambiato spesso idea, ma il Primato rimarrà a monito imperituro per seguaci (poveretti) e oppositori. :clap:


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXIX

Gli idealisti in Italia


Il più importante seguace di Hegel in Italia è stato Augusto Vera, forse l'unico a non subire persecuzioni politiche, in quanto non partecipe del movimento che ha portato nel 1870 all'Unità. Il suo Hegel non è quella della Fenomenologia dello spirito, ma l'altro, molto più stabile e sistematico dell'Enciclopedia, quasi oggetto di culto per il Vera.
Diverso è il caso di Bertrando Spaventa, che introduce i motivi idealistici nella cultura italiana con piglio rigoroso, ma anche critico. E ciò dara lo spunto a Giovanni Gentile, che riassumerà la formula "circolazione del pensiero europeo", esposta da Spaventa, in una prolusione universitaria tenuta a Napoli nel 1861. Da essa emerge chiaramente l'intento di imporre un'egemonia laicista e moderna alla nuova nazione. La modernità, secondo Spaventa, comincia in Italia con il Rinascimento, spostandosi poi in Europa per il clima oppressivo creato nella Penisola dalla controriforma.
Addirittura l'italiano Bruno anticipa il più grade filosofo (forse di sempre, Spinoza) e Campanella precede Cartesio, Vico precorre temi kantiani ed hegeliani, per cui lo spiritualismo italiano non deve essere visto come un regresso, anzi ...


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXX

Il positivismo in Italia


Le prime diserzioni dall'hegelismo avvengono non senza scalpore: sembra quasi un tradimento. È soprattutto la prolusione di Pasquale Villari all'Istituto superiore di Firenze nel 1865 a introdurre questi elementi perturbatori.
Ma il positivismo non ha un solo volto e, fra le teorie acquisite, assume sempre più importanza quella darwiniana: una visione del mondo che offre a quel ramo della filosofia di progresso per eccellenza, la possibilità di supportare l'anticlericalismo e la lotta contro la tradizione.
Robertò Ardigò spicca fra gli altri perché abbandona la veste talare per approdare a un ateismo esplicito; secondo lui la conoscenza si basa sui fatti, che devono essere certi e da lì si possono trovare leggi che valgono erga omnes, anche se però si deve supporre che siano sempre falsificabili e quindi perfezionabili. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXI

Secondo Ardigò rinsavito, la legge fondamentale della realtà è l'evoluzione, che procede dall'indistinto al distinto e che regola i fatti naturali e anche quelli umani. Fenomeni diversi come la formazione del sistema solare e lo sviluppo dell'embrione di un mammifero sono caratterizzati dall'evoluzione dalla quale, partendo da un insieme indifferenziato, si vengono a distinguere "specialità d'essere" che svolgono funzioni e hanno caratteristiche particolari. Questo passaggio non avviene una volta per tutte, ma per tappe successive.
Inoltre, la realtà è presieduta da processi deterministici, ma le catene che la determinano risultano da intersezioni casuali: ogni serie casuale è determinata nei suoi passaggi interni in modo necessario, ma l'incrociarsi di queste catene e l'azione reciproca, che così si produce, è determinata dal caso. :)
Nella "Morale dei positivisti" Ardigò si fa critico di ogni dottrina religiosa: la morale è un insieme di regole per il vivere civile, che gli individui apprendono nel corso della vita sociale, essa è quindi il risultato di un condizionamento, più che un segno di autonomia. Come il diritto, è uno strumento della convivenza umana e ovviamente anch'essa evolve come le altre conoscenze e gli elementi tutti, che fanno parte della natura. :)
(Nota mia: :clap: :clap: :clap: )


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXII

Lo storicismo tedesco


Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo si delinea l'idea di una coscienza storica come uno dei tratti costitutivi della cultura occidentale.
Dello storicismo si possono distinguere due fondamentali concezioni:
a) principio generale di rappresentazione filosofica della realtà
b) principio soggettivo individuale
Al primo tipo fa riferimento lo storicismo assoluto di Benedetto Croce, mentre per il secondo ci dobbiamo riferire a quello critico di Wilhelm Dilthey.
L'opera di quest'ultimo "Introduzione alle scienze dello spirito" è finalizzata a una critica radicale della metafisica, che sarà confermata anche in seguito, con l'aggiunta delle "Idee per una psicologia descrittiva e analitica", così da fornire una connessione psico-storica, in modo da arrivare alla concezione dell'uomo intiero, fatto di volontà, pensiero e sentimento, come motore della storia.
Tutte le manifestazioni della vita e anche l'impenetrabile mistero che si cela dietro di essa appartengono al processo della storia e trovano la loro limitazione nell'orizzonte della temporalità. La vita non è un'essenza ontologica, ma come un aspetto proprio del genere umano, un insieme di fatti e atti, di giudizi di valore, di regole di condotta; di creazioni insomma della vita collettiva.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXIII

Il pragmatismo


Charles Peirce nasce nel Massachusetts e cresce nell'ambiente sociale della Harward University, oltre che sotto gli insegnamenti del padre, docente di matematica. L'arco della vita coincide con il declino del primato culturale ed economico del New England e la prepotente espansione degli S.U.A. all'Ovest, dopo la guerra di secessione.
L'autore che attrae il giovane Pierce è Kant e nel 1868 pubblica tre saggi, noti come "anti-cartesiani", nei quali propone una prima teoria della conoscenza, fondata sull'inferenza, che si contrappone alla teoria intuizionista.
Pierce critica la possibilità di conoscenza diretta dell'oggetto esterno, senza avere cognizioni precedenti, per lui ogni conoscenza deriva da premesse, che a loro volta sono ottenute allo stesso modo. Ogni conoscenza è la conclusione di un inferenza, tratta da un insieme di fatti e circostanze.
Tuttavia, a differenza di Kant, pensa che il noumeno (l'oggetto in sé) non può mai essere conosciuto, perché la realtà è dinamica. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXIV

A partire dal 1872, Peirce partecipa alle attività del Metaphysical Club e ivi, uno degli argomenti di discussione più frequenti riguarda le conseguenze filosofiche della teoria di Darwin e infatti proprio per questo, dagli intellettuali bostoniani presenti, nasce il pragmatismo, la più nota delle teorie americane. Il Nostro la espone in "Illustrazioni di logica della scienza", il nucleo centrale è l'idea che il significato di un concetto sia dato dagli effetti pratici del concetto stesso. Poi sarà divulgato come una teoria del successo, della contingente riuscita pratica di un'idea senza alcuna analisi dei contenuti, ma Peirce non sarà d'accordo con tale semplificazione, (voluta ed esternata da William James, in una conferenza tenuta nel 1898 a Berkeley); per lui una teoria non è vera se produce effetti, ma al contrario produce conoscenza, solo se è vera. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXV

Il termine *pragmatismo* negli anni successivi alle opere di Pierce. James e Dewey non ha assunto un significato preciso e univoco, al contrario si è presentato con un ventaglio di posizioni teoriche differenti che hanno bisogno di essere precisate, anche se non è una pura etichetta priva di contenuto, se non altro perché, indica in ogni caso una riconoscibile tradizione di pensiero nella quale molti vedono il contributo più originale degli Stati Uniti alla filosofia occidentale.
Dei pragmatisti ad es, Richard Rorty dice che hanno cercato di favorire l'apertura al nuovo e sostituire i vecchi codici morali, prendendo come propria guida la scienza e in particolare quella del dopo Darwin, che non è più "scienza della necessità", ma della contingenza e della probabilità. Significa in questo modo volgere le spalle al tentativo "a priori" di isolare uno spazio ove accade ogni cosa e scegliere invece narrazioni nelle quali si possano contestualizzare le interrelazioni dinamiche fra ogni organismo e il suo ambiente.
In particola la riflessione di John Dewey sull'arte, costituisce l'occasione per il recupero del senso autentico dell'esperienza attraverso la scuola e l'educazione in generale, a partire dal quale sarà poi possibile tornare a una fruizione completa e naturale dell'opera artistica.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXVI

Henri Bergson


Ne "Le due fonti della morale e della religione" l'analisi del filosofo francese si confronta con le società umane, nelle quali sono polarizzati due sensi della vita che attraversano il pensiero di quegli anni: il senso scientifico conservativo e quello creativo dell' *élan vital*. Si distinguono così la società chiusa e quella aperta. La prima è regolata da principi morali costrittivi ed è mantenuto coeso da una religione statica e dottrinale, improntata a un ordine gerarchico e sempre sul piede di guerra. La seconda si estende idealmente all'intiera umanità, i cui principi morali pretendono di essere universali e aspirano a emulare la vita e gli insegnamenti di grandi uomini e donne, le cui storie testimoniano il meglio.
Alla luce del dualismo fra chiuso e aperto, il Nostro propone una lettura della società industriale contemporanea e offre prescrizioni affinché si orienti all'apertura e conducano alla democrazie e alla pace. L'assolutezza finita e il divenire dell'élan vital sarà uno dei fulcri della filosofia di importanti interpreti di Bergson come Maurice Merlau-Ponty e Gilles Deleuze.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXVII

Il fisico Simon de Laplace aveva scritto che lo stato presente dell'Universo è sia effetto del passato che causa del futuro. Secondo altri questo è solo riduzionismo e tali critiche si fondano su certe contraddizioni interne al mondo fisico, tralasciando quelle spiritualiste, senza costrutto di fondo.
La fusione della meccanica newtoniana con la termodinamica e l'elettromagnetismo non si realizza in modo del tutto armonioso. Altra tensione è quella fra meccanica verso l'estremamente grande (astronomia) e la tendenza verso un'analisi microscopica del reale. Infine lo sviluppo delle geometrie non euclidee scuote la fiducia nella corrispondenza fra realtà e misurazione che se ne possa fare.
I nuovi scienziati, come Ernst Mach, Richard Avenarius, Henri Poincaré e Pierre Duhem abbandonano il realismo dei secoli precedenti, condividendo invece una visione fenomenista della scienza: essa non è più un confronto diretto con il reale, ma un processo di astrazione e simbolizzazione.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXVIII

Robert Musil filosofo e scrittore


Ha scritto anche opere giovanili interessanti, ma dal 1919 (a quasi quarant'anni) comincia a dare forma a nuclei narrativi che confluiranno nel grande progetto romanzesco che lo impegnerà fino alla morte. L'uomo senza qualità sarà addirittura, dopo ... anni di lavoro una cattedrale incompiuta.
Si tratta di un'operazione filosofica che accomuna il Nostro a quei pensatori che vedono nella filosofia soprattutto un esperimento mentale che debba portare a una forma di conoscenza superiore della realtà, alla quale dobbiamo comunque ritornare. Musil forse è stato l'ultimo pensatore a prendere sul serio il compito di denunciare il non senso.
La grande opera si costituisce come un disegno politico-satirico e una tensione speculativa che fonda una direzione notevole del romanzo novecentesco, una ricerca saggistica, insieme gnoseologica e ontologica, volta a comprendere in quali condizioni possa vivere l'uomo con quelle sue qualità e chi sia veramente. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea LXXXIX

Il Novecento

L'elemento che caratteristica il secolo e che non può essere riscontrato in precedenza è ciò che è stato definito "svolta linguistica".
All'inizio si è confusa con il canone analitico e cioè il momento aurorale della filosofia britannica del linguaggio ordinario, in Russel e poi in Wittgenstein, nel positivismo logico, fino a tutti i vari aspetti della filosofia americana. Questo tipo di filosofia è fortemente dominata da un concetto forte e oggettivo di verità.
Ma di svolta linguistica si può parlare anche per la filosofia c.d. continentale; si pensi per esempio all'ermeneutica, che va dall'attenzione rivolta al linguaggio, da Heidegger fino a Ricoeur e, in tutt'altra chiave alle discipline semiotiche e alla scuola di Francoforte. E infine, perfino Benedetto Croce definiva la sua estetica come "scienza dell'espressione e linguistica generale".
Probabilmente il fatto che del mondo e dell'uomo si possa parlare solo analizzando il linguaggio e altri mezzi di espressione e comunicazione, in futuro apparirà come la caratteristica saliente del pensiero novecentesco.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XC

Benedetto Croce è il capofila del neoidealismo in Italia e già dalla prima opera entra in polemica con il positivismo di Pasquale Villari, negando che la sapienza storica sia mera conoscenza di fatti, affermando invece il valore inventivo individuale. B.C. non è critico verso le scienze naturali, ma si interessa maggiormente alla scienza dello spirito, di cui sottolinea l'essenziale storicità e il carattere dialettico. Lo spirito, secondo lui, è caratterizzato dall'unità nella distinzione in quattro parti:
a) l'arte, intuizione del particolare
b) la filosofia, conoscenza dell'universale logico
c) l'economia, volizione del particolare
d) la morale, volizione dell'universale.
Tra questi momenti non sussiste opposizione, ma reciproca autonomia e implicazione; il momento che precede: l'arte, rispetto alla filosofia e l'economia nei confronti della morale, è l'antecedente logico e la materia del momento successivo, ma vive anche separatamente dall'altro. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCI

Tra le opere di Croce, l'Estetica è quella che ha avuto maggior risonanza internazionale, in essa afferma il valore autonomo dell'arte, in quanto espressione aurorale del sentimento dell'artista creatore e che si identifica con il linguaggio nel suo stato primordiale e universale (ad es, pitture rupestri). Altre tesi crociane sono la negazione del "bello naturale" e la sottovalutazione della tecnica o la distinzione di poesie e non poesia, di cui farà le spese il giudizio su Leopardi. Queste posizioni, per altro contestabili, erano motivate dalla reazione a una tradizione troppo legata alla distinzione dei generi, ma soprattutto alla retorica. Croce tornò più volte sui propri giudizi, precisandoli e adattandoli al concreto lavoro di critica e di poetica, in cui si rivelò sovente maestro. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCII

L'altro capofila del neoidealismo italiano è Giovanni Gentile, ma fra i due ci sono notevoli differenze: filosofia speculativa quella di quest'ultimo, più positiva e pragmatica l'altra, di don Benedetto, che esprimerà diversi caveat con riferimento al ritorno della metafisica, che lui avvertiva in Gentile.
Nella politica, Croce si tiene sempre lontano dal nazionalismo e dalla esaltazione della guerra, mentre Gentile si avvicina alle posizioni dell'interventismo e addirittura nel dopoguerra aderisce alla rivoluzione fascista, in cui intravede la prosecuzione degli ideali spirituali e antiborghesi.
Affrontando il tema pedagogico, da lui molto sentito, Gentile avanza la tesi dell'identità fra educatore ed educando. Il processo di educazione è reciproco: ciascuno vede se stesso nell'altro e, di conseguenza, attraverso l'altro forma un migliore se stesso.
Gentile considera l'uomo e il di lui spirito, quasi come una sorta di Dio immanente. Nelle opere tarde si vede facilmente l'aspetto religioso e dichiaratamente cattolico della sua filosofia. Da qui scaturirà una netta divisione della scuola: la componente cattolica di Carlini e Guzzo si contrapporrà a quella laica di Spirito e Calogero. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCIII

In Teoria e storia della storiografia, Croce esprime il suo netto orientamento contro la filosofia intesa come speculazione pura e riformula la posizione: vi è circolarità di sviluppo tra filosofia e storia di essa, ma la filosofia deve diventare metodologia della storia e abbandonare ogni misticismo e metafisica.
Ne esce una critica nei riguardi della giovanile battaglia neoidealistica, di cui constata l'insufficienza a creare un solido baluardo etico politico contro le derive del fascismo e dell'imperialismo; è invece confermata la tesi che interpreta la storia moderna come progresso nell'idea di libertà. Per lui il liberalismo è una categoria sovra-storica, che non si identifica con il liberismo (che è solo l'aspetto economico), ma alla cui attuazione concorrono fautori e detrattori: sia i conservatori che i rivoluzionari posso essere della partita.
Nota mia: quel che conta è il modo in cui ci si muove (libero) non il fine, il bene e il male sono troppo soggettivi e a es, la chiesa e il comunismo hanno forse pensato di agire verso il bene, ma SEMPRE con imposizioni dell'alto comando e mai lasciando liberi i singoli! E per questo motivo, s.m. questi movimenti non potranno mai essere definiti di "sinistra".


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCIVV

Edmund Husserl


Fondatore della fenomenologia, la cui prima definizione potrebbe essere "analisi delle diverse modalità di conoscenza con cui opera la soggettività". Il Nostro ha infatti più volte ribadito che l'unico tema era proprio la soggettività.
Gli atti di conoscenza sono, a un primo livello, la percezione, il ricordo, l'immaginazione e gli "atti categoriali", cioè quelli che hanno una dimensione linguistica e nei quali si afferma qualcosa di qualcos'altro.
Ciò che distingue la fenomenologia è il metodo con cui le modalità devono essere comprese. Il metodo per Husserl è l'afferramento (o intuizione) delle essenze attraverso la preliminare epochè. Essa significa mettere fra parentesi; ad es, analizzando l'atto del ricordare in termini fenomenologici, dovrò mettere fra parentesi il fatto che sia o no un ricordo particolare derivato da esperienze singole, o che avvenga per associazione ad altri ricordi.
Una volta preparato il terreno, attraverso l'epochè, sarà possibile afferrare (intuire) le essenze. Una cosa fondamentale per la fenomenologia è che si deve rinunciare al concetto di immagine mentale, la coscienza è sempre diretta a un oggetto, cioè intenziona qualcosa e deve essere analizzata sulla base degli stati precisi in cui essa si trova in riferimento a questo qualcosa.
Nella percezione qualcosa è percepito, nel ricordo qualcosa è ricordato, nel pensiero qualcosa è pensato e in questa ovvietà c'è la fenomenologia che vuol comprendere la coscienza come insieme di atti, in cui emerge un aspetto soggettivo (noèsi) e uno oggettivo (noèma). (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCV

L'intenzionalità è, nell'impostazione fenomenologica, il tratto tipico della coscienza, che è sempre coscienza-di-qualcosa- È importante sottolineare che l'oggetto cui si fa riferimento non è l'oggetto reale, ma l'oggetto di coscienza, vale a dire ciò che si percepisce, si ricorda, si immagina o si formula un pensiero. A es, se osserviamo un oggetto davanti a noi, esso ci appare solo per il lato rivolto nella nostra direzione e apparirà diverso per ogni mutamento di prospettiva. La nostra coscienza poi ci renderà edòtti che stiamo guardando sempre lo stesso oggetto. Da nostro punto di vista fenomenologico i processi percettivi sono integrati in un *sistema* fatto da una progressiva illimitatezza di intuizioni concordanti. ;) (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCVI

L'epochè fenomenologica e il concetto di èidos


Le analisi delle ricerche logiche, secondo Husserl, sono descrizioni di tratti essenziali dei vari atti di coscienza, ma devono essere distinte da un metodo psicologico. La realtà fisica e psicologica deve essere messa fra parentesi per afferrare così l'intuizione/afferramento dell'essenza che l'epochè prepara.
Attuando questa neutralizzazione non sono messe in dubbio quelle realtà, ma si decide di assumerle nel modo irriflesso della vita pratica e nell'esperienza quotidiana. Anche le proposizioni che formano il corpus delle scienze positive, sebbene perfettamente evidenti e fondate, è messo fra parentesi, vale a dire non sono utilizzate come fondamento per conoscenze successive. La psiche così diventa una sfera dell'essere con nuove caratteristiche, una regione di possibili conoscenze affatto nuove, che sono appunto le forme eidetiche o essenze.
Operare l'epochè è facile, il difficile è invece saper individuare l'essenze; una via possibile identificata dal Nostro è partire da un atto individuale qualsiasi (una percezione, un ricordo, un atto linguistico) e poi compiere una variazione delle sue caratteristiche, per lasciar cadere quelle che attendono strettamente all'individualità dell'atto e dell'oggetto, per far emergere ciò che di universale in quella individualità si manifesta. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea XCVII

Nelle "Meditazioni cartesiane" Husserl estende l'analisi fenomenologica all'esperienza dell'altro, partendo da uno strato inferiore di esperienza, vale a dire esperire il corpo altrui semplicemente come un dato di natura. Da qui il primo passo verso cui muovere è la somiglianza con il mio corpo, da cui posso pensare che, come il mio, anche l'altro abbia sensazioni e percezioni. Queste non sono, secondo H, inferenze, ma comprensioni dirette. Ne consegue che la comprensione dell'altro, come essere psichico, si istituisce attraverso un'associazione di accoppiamento tra due entità distinte, ma simili, date entrambe in presenza. Va da sé che io non percepisco l'altro come un duplicato di me stesso, sebbene mi somigli, perché non si trova nel "qui", cioè nel preciso punto dello spazio in cui mi trovo. L'altro non è quindi tale perché i suoi vissuti non mi possono essere dati in originale, ma perché l'esperienza di esso avviene in una situazione soggettiva che, strutturalmente, non può essere la mia propria. :)


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Maurice Merleau-Ponty


Il filosofo francese critica le due impostazioni predominanti nell'analisi psicologica della percezione: empirista e razionalista.
Alla prima, risponde che già nella sensazione interviene la coscienza, che riesce a dare alla realtà un senso.
Alla seconda oppone un insieme di analisi che mostrano come la coscienza sia sempre limitata e parziale, posta cioè all'interno di una determinata struttura spazio-temporale.
M.M.P. mostra come il corpo rappresenti il fulcro attivo di tutta l'esperienza, e racchiude un insieme di forme a priori che conferiscono senso alla realtà, permettono l'orientamento spaziale, temporale e il movimento. Il corpo possiede una forma di coscienza, non razionale/astratta, ma preriflessiva, che può essere conosciuta solo quando il corpo compie un insieme di atti coordinati fra loro, come per es, quelli di un musicista.
Il corpo non può essere considerato come una semplice *cosa*, allo stesso modo di come il linguaggio non è un puro strumento, ma forma di comportamento che porta intenzionalmente verso il mondo. :)


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Voci del dissenso cattolico: il modernismo


Nel 1907 Pio X promulga l'enciclica Pascendi dominici gregis, nella quale si condanna il "modernismo" come sintesi di tutte le eresie! In effetti il modernismo di stampo cattolico costituisce una delle crisi più profonde vissute dalla chiesa .
L'intento era quello di un dialogo fra cattolicesimo e pensiero contemporaneo, ovvero presentare la rivelazione sovrannaturale servendosi dei mezzi della cultura laica. Le difficoltà cominciano prima dell'interpretazione ad es, della bibbia che ovviamente è considerato un documento storico al pari di ogni altro testo antico. E la filologia dimostra che le narrazioni bibliche hanno poco a che fare con la verità storica e questo, per le menti non del tutto aliene dal ragionamento, porta a dubitare di quelle certezze millenarie sulle quali poggiava l'autorità della chiesa di Roma. Dell'evoluzionismo poi, è meglio non parlare!
Motivi sollevati dal modernismo e, come detto, censurati dalla chiesa, si ripresenteranno, a parere di molti, nella svolta del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII.


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La filosofia neoscolastica


Sono spesso gli ordini religiosi ad avviare una forte ripresa degli studi della Scolastica cristiana, in particolare i gesuiti, che nel 1850 fondarono "La civiltà cattolica". Leone XIII renderà ufficiale il movimento neoscolastico e ne segnerà in modo decisivo i futuri sviluppi.
La neoscolastica si proponeva, in primis, di superare l'emarginazione prodotta dalla fine del potere temporale e con le numerose encicliche Leone XIII difende la proprietà privata contro il socialismo nascente e sottolinea l'importanza dello Stato contro l'individualismo liberista.
Il prodotto più importante della neoscolastica sono le 24 tesi della filosofia di San Tommaso, redatto dal gesuita Guido Matiussi e approvato da Pio X nel 1914.
Nel documento si enucleano alcune nozioni, considerate decisive in campo filosofico: potenza e atto, essere e essenza, unitamente al principio di causalità, etc.
Naturalmente questa filosofia finisce per includere tratti forti di dogmatismo, perché vincola a un testo di partenza e una limitazione nella ricerca, ma soprattutto tende a far credere che l'aquinate poteva rispondere a tutte le domande filosofiche in modo atemporale! :muro:


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Il circolo di Vienna


Con questo nome si definisce un gruppo di filosofi, sociologhi, logici e scienziati che nasce nella capitale austriaca intorno agli anni 20 per opera del fisico e filosofo tedesco Moritz Schlick. Purtroppo il circolo si dovette sciogliere dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nazista nel 1938, stante anche il fatto che alcuni membri erano ebrei e altri erano vicini a forze politiche di sinistra.
Il programma dei "viennesi" è ben rispecchiato dall'opera "Una Enciclopedia delle scienze unificate" perché l'aspetto principale per il progresso del sapere è quello di far sì che si debba poter stabilire quando due scienziati parlano della stessa cosa o no. Solo se usano lo stesso linguaggio si può decidere con ragione e quindi l'unificazione del linguaggio scientifico è il principale scopo del movimento.
Il richiamo alla chiarificazione logica del pensiero testimonia l'influenza avuta dal Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein, che costituì appunto uno dei temi più frequenti di discussione e testimonia altresì come i membri del sodalizio condividessero un atteggiamento di fondo radicalmente ostile a ogni forma di metafisica. (continua)


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