Antonio Scurati "L'uomo della provvidenza" XXVIII
Il 31 ottobre era cominciato in maniera trionfale a Bologna, con Benito che, in sella a un magnifico sauro, ha fatto ingresso nel Littoriale, lo stadio voluto da Arpinati e costruito dal Partito fascista bolognese, come primo anfiteatro della rivoluzione e monumento della nuova epoca. Quando Lui tende il bracio nel saluto fascista, tutto lo stadio risuona di entusiasmo. "Il mondo, urla con voce stentorea, veda questa foresta di baionette e senta il palpito dei cuori decisi e invincibili!" Migliaia di militanti rispondono con un boato cavernoso e cavallo e cavaliere fremono insieme: la bestia di paura, l'uomo di gioia.
La prima ombra su cotanto splendore è la presenza di Farinacci, anche se Mussolini fa di tutto per ignorarla. La seconda la proiettano gli squadristi milanesi di Albino Volpi, uno degli assassini di Giacomo Matteotti, da poco scarcerato e vistosamente ubriaco! Costoro strepitano: "Noi siam fascisti, venuti dall'inferno/Vogliamo Farinacci ministro dell'interno." Il pomeriggio si incupisce e il clima si avvelena e un oscuro presentimento comincia a corrompere la luce del giorno che sta per spegnersi.
Quando Mussolini risale sull'Alfa Romeo rossa che dovrà condurlo alla stazione al suo fianco c'è il sindaco e alla guida Leandro Arpinati; la vettura scoperta procede a rilento e il Duce, in piedi, saluta i fascisti bolognesi. Poi il rumore secco di uno sparo e l'idolo, degradato a bersaglio, si risiede e, istintivamente, si perlustra con le mani per accertarsi di essere ancora vivo.
Arpinati preme a fondo sull'acceleratore, mentre Mussolini si volta e vede una selva di mani armate richiudersi sull'attentatore: l'inferno, invocato dagli squadristi ubriachi si è concentrato in poco più di un metro quadrato! Il presunto attentatore è ignoto e sarà anche difficile stabilirne l'età, visto lo stato in cui sono ridotti i resti, l'unica cosa certa è che un ragazzo che aveva da poco raggiunto la pubertà.
A mezzanotte il cadavere è riconosciuto dal padre: Mammolo Zamboni, un vecchio anarchico convertito al fascismo, si chiamava Anteo ed era un ragazzino mezzo ritardato, soprannominato "il patata". Ci sono forti dubbi su come sia riuscito a superare lo schieramento difensivo di migliaia di fascisti armati fino ai denti, ma il Duce è categorico: "È stato lui!" Mentre si accarezza la pelle escoriata dalla pallottola all'altezza del cuore, suona il violino e, forse, è persino felice.