Non so se in passato qualche utente avesse mai aperto un thread dedicato a una delle più incredibili performance nella storia del ciclismo. Da follemente innamorato di Pantani(sia del corridore che del personaggio) che deve tutta la mia passione nei confronti di questo sport grazie alla sua apparizione, in generale lo sportivo che più di ogni altro mi ha emozionato testa e spalle su tutti, non potevo esimermi riportando un pezzo di articolo all'interno dello speciale sul Giro d'Italia che la rivista Bicisport come d'abitudine all'epoca dedicava alla corsa rosa(ma anche al Tour), in quell'edizione specifica intitolato "Il Giro del dolore", speciale che ancora custodisco gelosamente come tutte le cose comprendenti prime pagine e articoli di quotidiani, vhs di tappe registrate o servizi vari, riviste, ecc., riguardanti Il Pirata.
Tra tutte la sua scalata più iconica, quella che più di ogni altro nell'immaginario collettivo ha certificato la sua superiorità in salita(allegato un video per far notare anche lo stupore dei telecronisti spagnoli);
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Quarantanove avversari saltati come birilli prima della vittoria. Cronaca dei venti minuti di leggenda verso Oropa, nel racconto dei dannati che della stessa salita hanno ricevuto più dolore che gloria. È la sintesi dell'esistenza stessa di Pantani. Chiunque si sarebbe accontentato di riacciuffare i primi, ringraziando il Cielo per il pericolo scampato. Non lui, non Pantani: l'uomo risorto dalla sfortuna si è fatto un baffo della salita ed è andato oltre i limiti dell'umana sofferenza. E anche questo, in fondo, gli sarà sembrato un gioco.
"Si- ha ammesso dopo l'arrivo - è stata una bella lotta. In queste situazioni ci si mette a nudo e ci si chiede uno sforzo superiore. Ho solo cercato di non farmi travolgere dal nervosismo e aver ripreso tanti avversari diretti è stata una bella dimostrazione di carattere".
Pantani riparte dal salto di catena quando i migliori sono avanti di 25 secondi e, dissimulando l'aggressività, tengono un ritmo infernale. Sono cose che si fanno ma non si dicono. Perché non sta bene. Marco è atteso da 5 compagni, Garzelli, Podenzana, Borgheresi, Zaina e Velo. La sua rimonta è inesorabile. Lanciato dai suoi, Marco effettua una serie di volate che gli permettono di rientrare sugli avversari che lo precedono.
"Ma i miei- ha sorriso in conferenza stampa- sono partiti così forte da mettermi in difficoltà. Facevano delle volate e poi si spostavano, mentre io dovevo arrivare sino in cima. Una progressione così violenta poteva anche costarmi caro, ma poco alla volta mi sono sbloccato".
Scirea è tra i primi a finire alle spalle del campione. Con lui c'è anche Teteriouk, che al passaggio del romagnolo rimane senza fiato. "Ho visto uno Sputnik rosa- racconterà a Claudio Gregori che ha colto il parere dei 49 dannati- passarmi accanto. E mi sembrava di essere a Bajkonur".
Gli fa eco De Paoli incapace di tenere il passo dei campioni, ma pur sempre tra i migliori.
"Io ero a tutta - confida - a 5 chilometri dall'arrivo. Mi è passato con una leggerezza incredibile".
"Chepe" Gonzales è poco più avanti.
"Non pedalava- racconta a proposito del sorpasso- volava. E accanto a lui, stravolto dalla fatica, Buenahora aggiunge che "sembrava un condor", ricordando le salite andine della sua Colombia.
"Pantani - racconta Sgambelluri, che di montagne se ne intende - mi ha superato dopo il paese, ma non ho nemmeno cercato di prenderne la scia. La sua azione esprimeva sicurezza e superiorità". È dello stesso avviso Rebellin "È superiore a tutti ed è conscio di esserlo. Così fa le cose con una facilità estrema".
Pantani ha ormai ripreso la sua proverbiale scioltezza. Si accoda ai gruppetti che trova lungo la strada, prende fiato e riparte. La testa della corsa si annuncia da un tornante al successivo e così Marco riprende forza e coraggio ed accelera ancora, chiedendo al suo fisico l'impresa più bella.
Savoldelli tiene duro, perché vuole salvare il secondo posto. Pantani lo supera di slancio e l'ammirazione del bergamasco è sincera.
"Era esagerato - dice a Gregori - impressionante. Ero alla sua ruota quando gli è scesa la catena, così l'ho spinto per aiutarlo a rimetterla senza fermarsi. Ma quando si è incastrata, ho dovuto mollarlo e si è fermato ai bordi della strada".
Clavero si ostina a spingere un ventuno che indurisce i muscoli e rende pesante l'azione. Pantani lo affianca e lo salta, lasciandogli il tempo di notare che "saliva come un angelo". Pantani rientra nel gruppo tirato da Simoni. Davanti ci sono Gotti, Jalabert e Miceli, ma quando Pantani lo scavalca il trentino ha la sensazione di essere fermo. "Su ogni salita - confessa - parte con un chilometro di vantaggio. Oggi è stato più forte della sfortuna".
Ripreso Heras, che per primo aveva attaccato, Pantani si riporta sui Gotti e Miceli, mentre Jalabert è scattato ancora.
"Aveva un ritmo incredibile - racconta Miceli - ed io ho cercato di seguirlo per un attimo. Mi sono sentito come se fossi aggrappato ad un aereo e non riuscissi a tenerlo". Più laconico Gotti "L'ho visto come sempre".
L'ultimo a finire nella rete è Jalabert campione anche di spirito. "Era troppo veloce - ha raccontato il francese - e mi sono dovuto spostare, altrimenti mi passava sopra...".
Quarantanove avversari come birilli prima della vittoria. Eppure sul traguardo, Pantani ha tenuto le mani sul manubrio. Credeva ce ne fossero altri. La sua vittoria è stata così entusiasmante che ha sorpreso anche lui...
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