GiboSimoni ha scritto:vorrei chiedere a lemond e bitossi i due maestri della madre lingua, ma l'espressione famosa e tipica di giovanni trapattoni ovvero: non dire gatto se non c'è l'hai nel sacco, che tra l'altro l'ha rilanciata ieri in inglese

qual'è l'etimologia, c'è un qualcosa di storico che si può ricondurre a questa frase storica del trap ma in apparenza dal significato illogico oppure è una invenzione del buon Trap?
E' un proverbio tipico di persone che amano usare le frasi fatte, come "in bocca al lupo" "in c.lo alla balena" etc. e che considera gli animali solo come strumenti a disposizione totale dell'uomo. Esso invita alla prudenza prima di gridar vittoria. In tempi miseri, pure il gatto era un'ottima cena, ma prima bisognava catturarlo e metterlo nel sacco ... ma non era semplice e fino all'ultimo poteva sfuggire. A proposito di etimologia, o meglio della parola che la precede *qual'è" sei proprio sicuro che si debba scrivere così? Nella lingua italiana esiste quale, che andrebbe apostrofato, ma esiste anche qual che non ha la vocale finale e quandi non va messo nessun apostro per segnalare che si sarebbe tolto un qualcosa.
Forse anche te a scuola hanno fatto studiare la poesia "Il natale" di Alessandro Manzoni, in onore di una figura leggendaria, ma creduta vera da molti.
Qual masso che dal vertice
Di lunga erta montana,
Abbandonato all'impeto
Di rumorosa frana,
Per lo scheggiato calle
Precipitando a valle,
Batte sul fondo e sta;
Là dove cadde, immobile
Giace in sua lenta mole;
Né, per mutar di secoli,
Fia che riveda il sole
Della sua cima antica,
Se una virtude amica
In alto nol trarrà:
Tal si giaceva il misero
Figliol del fallo primo,
Dal dì che un'ineffabile
Ira promessa all'imo
D'ogni malor gravollo,
Donde il superbo collo
Più non potea levar.
Qual mai tra i nati all'odio
Quale era mai persona
Che al Santo inaccessibile
Potesse dir: perdona?
Far novo patto eterno?
Al vincitore inferno
La preda sua strappar?
Ecco ci è nato un Pargolo,
Ci fu largito un Figlio:
Le avverse forze tremano
Al mover del suo ciglio:
All'uom la mano Ei porge,
Che si ravviva, e sorge
Oltre l'antico onor.
Dalle magioni eteree
Sporga una fonte, e scende
E nel borron dè triboli
Vivida si distende:
Stillano mele i tronchi;
Dove copriano i bronchi,
Ivi germoglia il fior.
O Figlio, o Tu cui genera
L'Eterno, eterno seco;
Qual ti può dir dè secoli:
Tu cominciasti meco?
Tu sei: del vasto empiro
Non ti comprende il giro:
La tua parola il fè.
E Tu degnasti assumere
Questa creata argilla?
Qual merto suo, qual grazia
A tanto onor sortilla?
Se in suo consiglio ascoso
Vince il perdon, pietoso
Immensamente Egli è.
Oggi Egli è nato: ad Efrata,
Vaticinato ostello,
Ascese un'alma Vergine,
La gloria d'Israello,
Grave di tal portato:
Da cui promise è nato,
Donde era atteso uscì.
La mira Madre in poveri.
Panni il Figliol compose,
E nell'umil presepio
Soavemente il pose;
E l'adorò: beata!
Innanzi al Dio prostrata
Che il puro sen le aprì.
L'Angel del cielo, agli uomini
Nunzio di tanta sorte,
Non dè potenti volgesi
Alle vegliate porte;
Ma tra i pastor devoti,
Al duro mondo ignoti,
Subito in luce appar.
E intorno a lui per l'ampia
Notte calati a stuolo,
Mille celesti strinsero
Il fiammeggiante volo;
E accesi in dolce zelo,
Come si canta in cielo,
A Dio gloria cantar.
L'allegro inno seguirono,
Tornando al firmamento:
Tra le varcate nuvole
Allontanossi, e lento
Il suon sacrato ascese,
Fin che più nulla intese
La compagnia fedel.
Senza indugiar, cercarono
L'albergo poveretto
Què fortunati, e videro,
Siccome a lor fu detto,
Videro in panni avvolto,
In un presepe accolto,
Vagire il Re del Ciel.
Dormi, o Fanciul; non piangere;
Dormi, o Fanciul celeste:
Sovra il tuo capo stridere
Non osin le tempeste,
Use sull'empia terra,
Come cavalli in guerra,
Correr davanti a Te.
Dormi, o Celeste: i popoli
Chi nato sia non sanno;
Ma il dì verrà che nobile
Retaggio tuo saranno;
Che in quell'umil riposo,
Che nella polve ascoso,
Conosceranno il Re.