ste87 ha scritto: ↑venerdì 18 luglio 2025, 18:28
Spettacolo sempre più indecente.
Capisco che per anni abbia prevalso un’attitudine anti-giustizialista: era giusta. Il ciclismo era stato tartassato, aveva controlli sempre più stringenti e mentre lavava i panni sporchi in mondovisione in altri sport accadeva poco o nulla. Perché autoflagellarsi allora?
Quando si arriva ad una trasformazione illogica di tutto ciò che si è conosciuto però, non si può evitare di ripensare a quello che abbiamo visto in questi ultimi 30 anni e che, volenti o nolenti, ha formato la nostra visione del ciclismo. Non possiamo cancellare ciò che ci ha resi vigili e critici riguardo non tanto al doping di per sé, ma alla combo doping- antidoping e alla credibilità di ciò che vediamo in tv e sulle strade.
Questa storia può essere ripercorsa prendendo l’albo d’oro del Tour de France degli ultimi 30 anni: chi non è stato pizzicato positivo, è stato comunque toccato da inchieste giudiziarie che hanno dimostrato l’uso di doping. Le eccezioni sono rarissime: Sastre? Evans? Nibali? E poi i nomi di questi ultimi anni.
Ora, però, ci stiamo ingoiando lo spettacolo (per me brutto e noioso, ma questo è soggettivo) di un corridore che vince ogni corsa a cui partecipa e che ribalta ogni logica che questi anni ci avevano suggerito in merito a gestione della stagione, degli appuntamenti, della complementarità giro/tour/classiche.
Nel passato, per molto, molto, ma molto meno, avevamo imparato ad associare a certi exploit una certa prudenza di spettatore. Ora un tizio vince tutto in scioltezza e per tantissimi va bene così.
E parlo di spettatori competenti, non della massa. I quali, per godersi lo spettacolo, si rifugiano in 2 o 3 argomenti:
- I corridori sono ipercontrollati quindi Pogacar non prende niente
- se anche prende qualcosa, è quello che prendono tutti, quindi è il più forte
- Ma mica vince tutto, è stato anche battuto da Van der Poel e da Vingegaard (sic)
In ultimo, la variante favolosa di questi ultimi giorni: “non è tanto Pogacar che va forte, quanto gli altri che sono al di sotto delle aspettative”.
Argomenti che proprio la storia recente a cui mi riferivo, smentisce con facilità.
Io resto sbalordito. Per quanto mi riguarda ormai, mi aspetto pure che venga inscenata una mezza crisi a metà-fine tour, a dimostrare che anche il “nostro” è umano e fa fatica.
E intanto si soprassiede sul suo staff (Gianetti, Maxtin), su delle performance in linea con il periodo dell’epo al 60% nonostante il forte caldo, di prestazioni stellari ripetute dal primo all’ultimo giorno di un grande giro…
Non me la voglio prendere solo con Pogacar, anche su Vingegaard potrebbero valere le stesse considerazioni. Con alcuni distinguo, però. Che il secondo ha pochi picchi durante la stagione e prepara con ossessione poche gare all’anno (se non il solo tour). Questo rende le sue vicende, per me, simili a quelle di atleti già visti e (infatti) già discussi in altri anni. Il primo invece ha fatto del ciclismo contemporaneo, un nuovo sport.