donchisciotte ha scritto:Sì, infatti sono una donna ( Don Chisciotte è un luogo dello spirito). E’ vero che ho scritto un libro ( pubblicato dalla Fondazione Pantani ,il cui ricavato va in beneficenza), sulla cronaca giudiziaria e persecuzione di Marco Pantani dal giorno di Campiglio in poi ( senza velleità alcuna, solo utilizzando la conoscenza che ho della giurisprudenza) e che mi impegno da anni perché su Marco venga fatta giustizia.
Sono una signora borghese e, ovviamente, l’entrata a piedi uniti o alla Mourinho ( non so niente di calcio e, quindi, non mi importa di squadre e campionati ma Mourinho è veramente un grande) era una battuta, non voglio fare una polemica rissosa, nel rispetto assoluto di cicloweb ( che è davvero un bel posto per chi ama il ciclismo).
Quello che volevo fare, signor Martinello,è una domanda. Se non ha mai pensato di chiedere scusa a Marco ( una scusa postuma, alla memoria, ovviamente) per le sue dichiarazioni su di lui prima delle Olimpiadi di Sydney. Se non le ricorda:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... enire.html
O anche solo se non si sia mai rammaricato di averle fatte.
E vorrei chiederle, inoltre, se non ritiene che anche prima e subito dopo Sydney, Pantani stesse facendo, come sempre da Campiglio, il capro espiatorio di tutto lo sport italiano.
La ringrazio se vorrà rispondermi. Ovviamente si ritenga liberissimo di non rispondermi e spero, comunque, che il suo colloquio con i forumisti di cicloweb sia interessante e utile a tutti.
Maria Rita Ferrara
Maria Rita, mi perdoni ma non conoscendola non potevo sapere a chi effettivamente stessi rispondendo, uomo o donna. Ho fatto qualche ricerca sul forum, e devo ammettere che il suo impegno nel, come dice lei, cercare la verità è encomiabile e rispettabilissimo. Rispondo immediatamente alla sua cortese domanda, provocatoria come la battuta con cui si è presentata, ma ci passo sopra senza problema alcuno. Pitoro, altro utente, la descrive come una delle grandi donne di cicloweb, certo che l’approccio poteva essere migliore, almeno dal punto di vista dello stile. Ma andiamo alla sostanza. Premetto, per rispondere alla sua domanda, che non ho nulla di cui scusarmi, ora come allora, e non condivido il pensiero di coloro che credono Marco sia stato il capro espiatorio dello sport italiano, a mio personale avviso è stato uno sportivo di altissimo livello che commise molti errori, direttamente o indirettamente, mal consigliato, non lo so, ma certamente molti. Sono un soggetto che dice ciò che pensa, senza tanti giri di parole, soprattutto allora. Ora qualche giro, di parole, per la verità ho imparato a farlo, da quando sono sceso dalla bici, devo pur campare anch’io, ed il mondo in cui viviamo non è sempre quello che ci presentano nelle pubblicità. Se mi consente, le faccio io alcune domande, con l’intento di capire con chi mi sto confrontando.
Cosa conosce del ciclismo di allora? E non parlo di quello professionistico soltanto, ma anche di quello dilettantistico, aspetto non marginale mi creda. Cosa conosce dell’impegno dei corridori, quelli di maggior talento e qualità che erano punto di riferimento del movimento, perché erano quelli tra l’altro più penalizzati dal sistema che si era impadronito del “carrozzone”, nel chiedere con forza che gli organi preposti individuassero un metodo credibile per arginare un fenomeno dilagante e fuori controllo? E mi riferisco soprattutto al fenomeno epo. Le istituzioni, come lei ben sa, non seppero andare oltre il famoso e demagogico e nonché ingiusto limite del 50% di ematocrito, ma allora era l’unica strada percorribile, almeno così ci raccontarono. (Pensi se fosse stato introdotto allora il passaporto biologico, quanti meno fenomeni avremmo conosciuto). Marco fu soltanto una dei tanti che rimasero impantanati in quel regolamento, ma ai nostri occhi, parlo dei colleghi, non faceva nessuna differenza rispetto a coloro che i controlli gli superavano con 49,9 % di percentuale di ematocrito. Eravamo tutti consapevoli di come funzionassero le cose, e con quelle regole dovevamo confrontarci.
La ricerca della verità è molto più semplice di quello che appare, mi creda, se solo si conoscesse la materia di cui si pretende di discutere, o addirittura di farne oggetto di pubblicazioni, e non parlo della sua che non conosco, ma di quelle di tanti giornalisti o addetti vari, o solo semplici appassionati o simili che inviano lettere alle varie riviste specializzate, ad un quotidiano o scrivono in un forum, che non hanno mai attaccato il numero sulla schiena, che non hanno mai sentito le gambe bruciare dalla fatica, che non conoscono nemmeno lontanamente le reazioni di un fisico alle sollecitazioni di uno sforzo intenso in bicicletta o dal rimettersi in sella dopo una caduta, o della primaria necessità di reintegrare l’organismo dopo una tappa, alla vigilia di una nuova che da li a poche ore partirà. Costoro che decidono e pretendono di spiegarci tutto sulla base di chissà quali fonti, spesso ex “corridori” falliti che giustificano i loro insuccessi con il non aver ceduto ai “ricatti” del sistema, e ce ne sono molti mi creda, che hanno fatto e fanno solo dei danni enormi al movimento, che anche se avessero mangiato il "tritolo" non l’avrebbero mossa lo stesso, semplicemente perché non avevano i mezzi. O per il semplice fatto che hanno partecipato ad una Granfondo e quindi hanno potuto rendersi conto personalmente di quanta fatica si faccia a scalare il Pordoi ed il Sella, decidono di farci sapere che finalmente hanno compreso quella strana alchimia che spinge un uomo a fare tanta fatica in sella ad una bici. Io gli lancerei in discesa dal Pordoi e dal Sella senza freni, pensi un po, invece con questi sono anche costretto a discuterci, e mi sforzo di dare delle spiegazioni, perché si annoiano nel vedere che nella tappa di montagna al Tour arrivano agli ultimi 3 km 15 corridori tutti insieme, e che una volta era molto più spettacolare. Valli a capire, se c’è equilibrio non c’è spettacolo, se c’è spettacolo ok, c’è però anche puzza di bruciato….. insomma non sono mai contenti, però questi la sanno lunga, molto lunga e gli piace farlo sapere.
Tornando a ciò che interessa a lei, Io fui molto critico con Marco dopo i fatti di Campiglio, a mio modo di vedere si perse una grande occasione per dare una spallata definitiva ad un certo modo di fare sport ad alto livello senza dover aspettare che arrivassero le varie Procure con tutti i danni d’immagine e non solo che hanno procurato. Marco aveva una forza tale, e parlo del personaggio Pantani, che avrebbe dovuto e potuto farsi portavoce della voglia e della necessità di cambiare, ammettendo di far parte di un sistema malato e che questo sistema andava cambiato, molti lo avrebbero seguito, mi creda, e la mia non è utopia, il clima di quegli anni lo ricordo bene. Praticamente il cambiamento di rotta sarebbe arrivato dall’interno, senza attendere che lo imponessero in modo invasivo dall’esterno, con la complicità di dirigenti incapaci quanto inutili e corresponsabili della situazione. Ma le chiedo, sempre che abbia una risposta, è sicura che Marco, come altri, volesse veramente cambiare le cose? O che non fosse ormai talmente risucchiato dal vortice, come altri, da non avere più la sicurezza di poter essere all’altezza della situazione in un sistema non più dipendente dall’assunzione di certe sostanze? Io le risposte le ho, cementate dall'aver vissuto personalmente e direttamente quell'epoca, attendo le sue, sempre che desideri farlo, per capire se vale la pena che io investa del tempo confrontandomi con lei, altrimenti cara Maria Rita, qui ci salutiamo e la lascio alla, legittima ricerca, della sua verità.
Con stima
Silvio Martinello