Piccola storia della Filosofia occidentale XIX
Cogito ergo sum (penso, dunque sono) nessuna massima ha raggiunto la popolarità di quella di René Descartes (Cartesio) fra coloro che non si occupano di filosofia.

Il motivo è forse che mai, a nessun pensatore, era venuto in mente di dubitare anche della propria esistenza (forse Berkeley successivamente). Perché fino allora lo scopo principale degli studiosi era quello di raggiungere la verità, ma che cosa è questa, se non si trasforma in certezza? Ma vincere ogni dubbio è un’impresa titanica! E se tutta la vita non fosse che un sogno?
Il suo modo di dubitare segna il trionfo della ragione, per cui il francese diventò il capo della
corrente detta razionalista.
Per attuare il suo “dubbio metodico” non cominciò dalla natura (come Galileo e Bacone), perché ogni esperimento secondo lui porta con sé sempre qualcosa di accidentale e insicuro, partì invece dalla coscienza, unico campo di indagine, dove l’uomo può sperare di trovare una base sicura.
Dei sensi abbiamo già parlato, ma gli insegnamenti dei gesuiti? Se c’è un Dio onnipotente, chi può assicurarci che costui non abbia fatto in modo che non esista nulla, ma che invece noi percepiamo tali cose come esistenti? Qualcuno sostiene che Dio è buono e non può ingannarci, ma chi l’à detto? Qualche uomo sempliciotto, in definitiva.
La situazione è disperata finché un giorno si sveglia e fa la sua grande scoperta: di qualunque cosa mi sia persuaso (vera o falsa) un fatto è certo: io esisto, anche se un Dio malvagio m’inganna!
Quindi IO sono, perché penso, dubito, concepisco, affermo, nego, voglio, immagino, sento. Cartesio esclude tutte le proprietà fisiche, perché prive di certezza e conclude che la cosa che pensa è immateriale: la nostra mente, che lui chiama spirito.
Questa conclusione non convinse Hobbes che, da materialista, non era disposto ad accettare così facilmente uno spirito pensante: “Non è una buona argomentazione dire che sono uno che pensa, dunque sono un pensiero, perché altrimenti potrebbe derivarne che, essendo uno che passeggia, akkora sono il passeggiare.

Cartesio distingue la “res cogitans” (cosa pensante) dalla res extensa (cosa corporea) e spiega la dualità con un esempio: “Quando il corpo subisce una ferita, è la coscienza che avverte il dolore, difatti sotto anestesia la stessa non provoca nessuna sensazione. Stesso discorso quando la mente comunica ad es. al braccio di muoversi”. I recenti progressi della neurologia hanno supportato questa tesi, oltre a individuare il punto esatto del cervello (non della mente) dove le decisioni sono prese. (cfr. Edoardo Boncinelli).
Leibniz formulò di questa dicotomia un’interpretazione teologica, immaginando che Dio avesse congegnato mente e corpo come due orologi sincronizzati, che prese il nome di armonia prestabilita. Ma come tutte le interpretazioni religiose fu presa in considerazione solo dalle menti più … i credini.
