Cthulhu ha scritto: ↑giovedì 7 maggio 2020, 16:18
Bitossi ha scritto: ↑giovedì 7 maggio 2020, 9:51
Un'altra notazione semiseria su Tarantino: ieri sera, approfittando della rassegna su Sky (ma sbaglio o "Inglorious..." non si è visto?), mi sono rivisto The hateful eights, di cui ricordavo l'ambientazione western invernale... e basta!
Ebbene, il bello è che, appena vista una scena, mi dicevo, "ah, vero, adesso ricordo!", ma non ero assolutamente in grado di anticipare quello che sarebbe successo pochi istanti dopo.
Chiaro sintomo di quello che il film mi aveva lasciato: niente!
PS: il tema doppiaggio è veramente interessante, ed è un'annosa questione con importanti risvolti, che implicano dei più e dei meno alquanto delicati. Magari ci torniamo su, allargando il discorso ai rumori ambientali ed al ruolo della musica (ho già scritto qualcosa a proposito di serie televisive...
).
Mi sfuggono completamente i più del doppiaggio. Forse avere abituato gli italiani - e solo gli italiani - ad accettare senza nemmeno accorgersene che i movimenti della bocca non sono in sincrono con quello che dicono ?
E comunque the hateful heights è il film più orrido di Tarantino, se la gioca con Kill Bill parte seconda. Due film fatti tanto per farli, e si nota.
Be', via, Cthu, nel dopoguerra ci fu un dibattito bello acceso (ricordo un intervento di Antonioni, quando era giornalista), anche di tipo ideologico. Fermo restando che in generale per capire pienamente le sfumature di significato del parlato di un film straniero, bisogna essere in pratica un bilingue (per noi italiani soprattutto se non recitato in lingue neolatine, ma anche con queste ultime, il più delle volte. E poi vogliamo parlare della gente di… facciamo Timbuctu, di fronte ad un film cecoslovacco, per fare un esempio?), si pone allora la questione dei sottotitoli.
Problemi spicci: ti voglio vedere a rendere un battibecco a più voci, coi sottotitoli!
Quand'anche ciò sia possibile, e comunque anche nei dialoghi "normali", questi giocoforza vanno ad occupare uno spazio abbastanza importante del fotogramma; fra l'altro, dovendoli leggere, distraendo in parte lo spettatore dai movimenti di macchina, attoriali, ecc.
Cioè dall'essenza stessa del cinema, no?
Quindi, il più delle volte, vengono fatte delle specie di "riassunti". La cosa è molto evidente soprattutto quando i due lavori (doppiaggio e sottotitolazione) vengono fatti in tempi o da persone diverse. Lo si vede spesso nelle serie televisive, nei canali con scelta di lingua audio e sottotitoli, ma anche a volte nei DVD. Se si sceglie il doppiaggio, questo dice una cosa; se si scelgono i sottotitoli, spesso ne scrivono un'altra, ovviamente non agli antipodi, ma ogni tanto con rilevanti sfumature di senso. Quindi? A chi va dato più credito?
Riassumendo: non si può parlare e capire tutte le lingue del mondo. Inglese, francese e spagnolo molto raccomandati, ma bisogna essere ad un livello molto alto, se non "proficiency".
I sottotitoli rubano spazio e attenzione al fotogramma. Nel Wort-Ton-Drama del 20° secolo, chi l'ha detto che il "Wort" sia la parte più importante?
Ed un doppiaggio professionale non aiuta forse a rendere meglio quello che vogliono dire i dialoghi e di conseguenza gli artisti coinvolti?
Claro che il doppiaggio porta con sé altri problemi, ma nel succitato dibattito (Antonioni era ovviamente per il non-doppiaggio, grazie, pure io in teoria!), magari datato, c'era pure la voce che affermava che il "popolo", mediante una buona resa dei dialoghi, potesse essere maggiormente attratto da questa nuova forma d'arte, che proprio nel dopoguerra stava vivendo il suo boom, a livello planetario.
Non sono sicuro che tale impostazione molto ideologica, almeno in linea teorica e generale, non sia valida ancor oggi, anche se il mercato mondiale ormai è quasi completamente occupato da prodotti anglosassoni.