A parte l’OT prolungato sulla sicurezza in bici (c’è un thread apposito), a me pare la solita solfa, che fa nascere la domanda realistica che ci siamo già posti: il ciclista è assimilabile ad un “veicolo”? Oppure ad un pedone, sia pur “meccanizzato”?il_panta ha scritto: ↑sabato 12 settembre 2020, 16:39Io pedalo sempre col casco, e non ho minimamente i problemi di Herbie, di inverno mi vesto poco e di solito non mi ammalò. Però non capisco perché si dovrebbe impedire ad Herbie di assecondare le proprie esigenze, dato che non crea rischi a nessuno. L'obiezione sul sistema sanitario e le spese per la comunità non mi convincono, perché si applicherebbero solo in questo caso. Sarebbe giusto imporre a tutti un'alimentazione bilanciata, uno stile di vita ideali, la rinuncia a ogni forma di vizio? Oppure è meglio educare alla prevenzione, accettando la presenza di persone che per caratteristiche personali sono particolarmente intolleranti a determinate misure di sicurezza, quali il casco?herbie ha scritto: ↑sabato 12 settembre 2020, 12:28ti rispondo da persona che fa intorno ai 10000 km. l'anno in bici da circa 20 anni.Krisper ha scritto: ↑sabato 12 settembre 2020, 0:03
Chiarisco meglio la mia posizione.
Non sono contro l'uso del casco, anzi.
Nella mia squadra nelle uscite di gruppo chi è senza casco viene fatto tornare a casa.
Il problema è che l'obbligatorietà allontanerebbe molte persone dall'utilizzo della bici per brevi spostamenti. (Forse ci sono studi in merito, ma non li conosco direttamente).
Ad esempio, penso di quanto si ridurrebbe il bike sharing con l'obbligatorietà del casco.
Poi andare in bdc o mtb senza casco è da stupidi.
Una buona educazione alla sicurezza è la soluzione migliore.
Così come rompere le scatole agli amici ciclisti senza casco, fino a quando non li convinci.
Se uno si provoca un trauma cranico non crea danno solo a se stesso, ma anche alla famiglia ed alla comunità, con importanti costi diretti ed indiretti.
Il casco è un dispositivo di protezione molto efficace per i piccoli infortuni, quando vai contro qualcosa a velocità basse, oppure cadi da solo, ma che in caso di incidenti veramente pericolosi non aggiunge un gran che all'incolumità e soprattutto alla salvezza del ciclista.
Con temperature mediterranee non eviterei mai di indossarlo comunque.
Tuttavia, da 20 anni a questa parte, purtroppo d'inverno non l'ho mai messo, tranne che per i giri molto brevi da due o tre ore. Dovrei limitarmi a quelli, se volessi indossare il casco anche d'inverno, e sinceramente mi scapperebbe la voglia di uscire.
Purtroppo il casco impedisce di indossare qualcosa sulla testa e sulle orecchie avente una consistenza realmente efficace contro il freddo invernale prolungato, e non solo per un fatto semplicemente di "spessore", ma anche e soprattutto per il fatto che qualunque cosa indossi SOTTO il casco, questo te lo tiene premuto e bagnato contro la testa, impedendoti di toglierlo ad esempio quando fai della salita, facendoti prendere un sacco di freddo in discesa, essendo appunto intriso di sudore e strettamente premuto addosso.
Uscire con casco e sottocasco (in quello che si vuole, Gore, Windtex, ecc.ecc., sempre troppo leggero e sottile per la testa e le orecchie qualunque sia il materiale) per una uscita invernale con distanza e dislivello per me in una percentuale intorno al 50% significa avere un raffreddore il giorno dopo e sinceramente è una cosa che crea notevoli fastidi.
Il fisico e la vita dei corridori (non vanno a lavoro dopo l'uscita....) ce l'abbiamo in pochi...
Vediamo le due opzioni principali.
È un veicolo: Tesi giustificata dal fatto che occupa la sede stradale (attualmente invitato a farlo nel modo meno invasivo possibile, almeno nelle strade extraurbane), che effettua sorpassi, gira a destra e a sinistra, ecc.
In questo caso non mi pare ci siano ‘azzi; allora deve munirsi dei dispositivi minimi per poter circolare. Parlo di luci (anche quelle di arresto e direzione?), avvisatore acustico (cose del resto già previste dall’attuale pensionando codice della strada); per me poi, per coerenza, ci vorrebbe anche una targhetta/codice immediatamente rimandabile ad un proprietario.
In questo senso il casco non sarebbe altro che l’adeguamento a quanto previsto per motocicli e ciclomotori.
Senza contare problemi assicurativi, non a caso obbligatori per tutti gli altri soggetti con cui si condivide la strada, almeno come detto se extraurbana.
È un pedone, provvisto di un dispositivo meccanico a ruote (così ci facciamo stare dentro anche pattini, monopattini, skateboard, ed altre diavolerie similari): bene, in questo caso non ditemi che, da automobilisti, non arcuiamo il sopracciglio se ci capita di vedere uno di quelli appena descritti tra parentesi scorrazzare su di una arteria a medio/grande scorrimento. Da ciclisti, ci viene da pensare che il caso bici sia diverso, ma se ci pensiamo bene non lo è poi tanto, anzi forse per niente...
Infatti i pedoni, a “scarpa” o a ruote, nella sede stradale non ci dovrebbero stare, almeno nella parte delimitata da righe/corsie, e se devono ad esempio attraversare lo devono fare in corrispondenza di appositi attraversamenti segnalati e regolati, appunto.
Bueno, considerazioni razionali, che paradossalmente sembrano provocatorie. Il che ci suggerisce che per la bicicletta vadano forse pensate soluzioni intermedie.
La mia idea rimanda ai concetti di ambito urbano ed extraurbano.
Nel primo, fatto salvo quanto stabilisce il codice della strada (confesso di non aver ancora letto quello in approvazione, e sono curioso di vedere quante e quali di queste proposte conterrà), si può pensare ad un uso “domestico” o anche ludico della bici. Quindi ovviamente niente casco e niente assicurazione per la sciura Maria che va a fare la spesa. Da pensare bene invece il caso dei minorenni. Il casco obbligatorio non mi parrebbe una cosa fuori dal mondo, eh!
Quando poi la sciura Maria, sempre in Graziella, va a trovare al cimitero il sciur Mario (magari ucciso in bici da un pirata della strada, e mi scuso per il cinismo... ), sarebbe necessario lo facesse in totale sicurezza, al di fuori della famigerata sede stradale. Ovviamente sto parlando di piste ciclabili, soprattutto se il camposanto non è all’interno dell’ambito urbano.
Per delimitare quest’ultimo, a volte basta già la segnaletica esistente, altrimenti, visto il proliferare di segnaletica spesso inutile, non ci sarebbe niente di strano ad aggiungere segnaletica di avviso della fine dell’ambito.
È così abbiamo sistemato anche tutta l’altra casistica, diavolerie di recente introduzione comprese.
E fuori dall’ambito urbano, jungla?
Io continuo a pensare che in ambito extraurbano la bici sia un veicolo, e rimanderei quindi come minimo agli accorgimenti già presenti attualmente, in attesa di quelli nuovi.
Da buon azzeccagarbugli mancato, avrei però già pensato alla soluzione nel caso dell’uso della bicicletta con finalità sportive ad amatoriali: per giustificare tale status, dare facoltà di iscriversi ad un ente/società, che preveda anche una assicurazione. Così Nibali e Ulissi, quando passano dalla Colma di Sormano, potranno usare la loro bici da competizione, e lo stesso potranno fare le migliaia di amatori, col vantaggio di godere anche di una protezione verso danni civili subiti e procurati. (Wow, ho trovato il sistema per rimpinguare le casse degli enti della consulta, cosa per cui mi saranno grati in eterno! )
Resta inteso che il casco in questi casi sarebbe obbligatorio sempre e comunque.
Su quest’ultimo punto, mi pare non ci si renda conto di una questione giuridico/morale, con risvolti molto delicati anche in ambito assicurativo.
Non è un segreto, ad esempio, che in alcune zone del sud il casco non venga usato neppure dai motociclisti. Mi ha sempre fatto sorridere quanto sento spesso dire al proposito: “‘azzi loro, se fanno un incidente se scassano ‘a capa!”
‘azzi loro un bel niente, rispondo: io come cittadino, automobilista, camionista, tranviere ecc., ho il diritto di arrecare QUANTO MENO DANNO POSSIBILE, soprattutto in caso di mio comportamento colposo. E non è che poi, anche avendo ragione, mi dia particolarmente sollievo il fatto di aver ammazzato qualcuno che, munito di dispositivi di protezione, si sarebbe invece salvato...
Ditemi voi se tali considerazioni non debbano essere valide anche per sinistri che riguardano i ciclisti!
In sintesi, nella mia Repubblica di Utopia: casco sempre indossato fuori dagli ambiti urbani, bici da corsa ammessa sulle strade extraurbane se si è nello status di assicurato e iscritto ad un ente, essendo in qualche modo riconoscibile (documenti sempre con sé, “targhetta”?).
Non sei iscritto? Luci, altri accorgimenti previsti dal codice della strada, e fatti un’assicurazione, se sei “furbo” (io ad esempio ce l’ho). Sulla “riconoscibilità” ci sarebbe da ragionare, ma scommetto che quanto da me previsto (minitarga?) prima o poi diventerà obbligatorio.
Casco sempre e comunque, alla luce di quanto detto prima.
Non ci stai dentro? Allora stattene in ambito urbano, e va’ a fare evoluzioni nel parchetto sotto casa!