AntiGazza ha scritto: ↑martedì 6 luglio 2021, 10:37
Krisper ha scritto: ↑martedì 6 luglio 2021, 10:06
Interessante questo paragone.
Senza togliere l'importanza della narrazione fatta allora e poi fatta negli anni 90 e 00, è il modo di vivere e concepire lo sport da parte del pubblico che è cambiato. E soprattutto è cambiato il pubblico (società)!
Il pubblico allora era meno ossessionato dai dati, ma interessato all'impresa in sé.
Ma l'impresa in se quale è , se non andare più degli altri ?
Il pubblico di allora sapeva cogliere il valore del ciclista oltre lo stymul, oltre al simpamina. Indipendentemente dal fatto che l'esordio dell'antidoping sia solo nel 1968.
Questo perché nello sport, in particolare nel ciclismo, vi si riconosceva e riconosceva i valori.
Ma come si fa a cogliere il valore del ciclista, in uno sport dove bisogna resistere più degli altri, se ci sono sostanze che mi fanno resistere di più?
Cosa è questo famoso valore del ciclista?
Perché a sentire queste cose sembra quasi che il doping non faccia effetto, sia solo una sorta di dipendenza dei ciclisti.
Invece no , il doping esiste perché cambia il tuo valore.
Oggi domina la cultura del sospetto, che va ben oltre le positività all'antidoping. E non domina solo nello sport, pensiamo alla politica ed alla scienza.
Sospetto che impedisce il giusto senso critico e di distinguere il grano dal loglio.
In linea generale hai ragione ,esiste questa cultura del sospetto , alimentata dalla diffusione di teorie che 30 anni fa rimanevano confinate nei bar.
Ma per quello che riguarda il ciclismo non si parla solo di cultura del sospetto, qua si hanno avuto certezze su certezze negli anni.
Sicuri che siamo più furbi oggi? Che allora erano con i paraocchi e a noi invece non ci fregano?
Io non sono sicuro per nulla di essere più furbo di nessuno.
Dico solo che chissà se nel tempo si fosse trattato Coppi come è stato trattato Landis , cosa sarebbe stato del ciclismo.
Siamo sicuri di amare il ciclismo?
Finché io esco e mi faccio a zero km/h il mio giro in bici ,e questo mi da delle belle emozioni, si , sono sicuro di amare il ciclismo.
Ha senso seguire il ciclismo se non è credibile?
Ne più ne meno che seguire un qualsiasi altro prodotto di intrattenimento.
Per me che sono spettatore.
Ma il problema non sono io.
Il problema sono quei ragazzi che al tempo di una scelta han detto no.
O anche quei ragazzi che al tempo han detto si , ignari di cosa rischiavano.
E ora a 50 anni rischiano di ritrovarsi il corpo sputtanato per nulla.
il ciclismo non è andare solo più degli altri. C'è il coraggio, la fiducia nei compagni di squadra, la furbizia del saper stare a ruota, rivalità che diventano simboliche, ect... C'è una letteratura ricchissima a testimoniarlo.
il doping esiste, ma non è un tumore estraneo allo sport.
Se la cultura del limite è l'essenza dello sport moderno, il doping non può che far parte di questa cultura, per quanto ne rappresenti un estremo.
Poi diamo per scontato cosa sia doping e cosa non lo sia, e così non è!
Il confine tra lecito e non lecito è un confine arbitrario, culturale, non assoluto. Cambia nel tempo.
E cambia anche la percezione del fenomeno.
E' una questione culturale e la cultura del sospetto non migliora le cose.
certezze che si siano utilizzate sostanze dopanti? sì.
Certezze scientifiche su queste, molte meno.
certezze che sia stato solo tutto un inganno, molto molto meno.
Su Coppi e Landis è una bella osservazione, perché coglie la dimensione culturale dello sport
Lo sport non è semplice intrattenimento, neanche per chi crede che lo sia, talmente è "organico" alla nostra società.
Sul discorso salute. E' il cuore della questione, ma permettimi di dire che in tutta la cultura del sospetto della salute non c'è traccia.
Non solo, ma l'atteggiamento moralista della WADA, parente stretto della cultura del sospetto, è andata in direzione contraria alla salute dell'atleta.
Il passaporto biologico è il primo passo nella giusta direzione.
Il doping non si combatte con il dito puntato, ma con la cultura della salute e con la giusta cultura del limite.
Analizzare il fenomeno doping come un fenomeno a se stante, che inquina lo sport, è a mio parere sbagliato.
Bisogna partire dal chiedersi cosa è stato, è e vogliamo che sia lo sport.
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra