Nonostante l'odio che tutti gli Ottimati nutrivano per lui, Cesare si stava facendo un'ottima reputazione come Pontefice e su come trattava le vestali; esse potevano anche essere tutte innamorate di lui, ma sapevano bene che non potevano neppure pensare a nessun rapporto men che lecito: non c'era mai stato un Pontefice così puntiglioso e ligio al dovere.
In qualità di pretore urbano, Cesare convocò l'Assemblea del popolo il quarto giorno di gennaio e, proprio in quel contesto Catone e Bibulo avevano l'intenzione di provocare la sua caduta. I presenti erano molto numerosi e subito Publio Clodio gli toccò un braccio e gli riferì che ci sarebbero stati disordini e "quelle brutte facce che vedi, non sono uomini miei, non so chi siano, ma sotto la toga, mi par di scorgere brutte sporgenze, fossi in te farei chiamare la milizia e non comincerei la seduta, senza protezione.
Poco dopo comparvero i nuovi consoli, Silano e Murena ed entrambi erano scontenti, perché Cesare era arrivato prima di loro per convocare l'assemblea, lui che era un semplice pretore! Entrambi non avevano ancora avuto l'occasione di rivolgere il discorso di elogio al popolo, intanto il capo littore si rivolse a Cesare per assicurare che la milizia era arrivata e si era nascosta dietro il tempio, come da ordini ricevuti dal pretore urbano (appunto).
La riunione cominciò con preghiere e auspici e Cesare annunciò brevemente che il tribuno della plebe, Quinto Cecilio Metello Nepote desiderava sottoporre una proposta di legge, nella quale si destituiva l'inetto Gaio Antonio Ibrida dal comando contro Catilina, sostituendolo con Gneo Pompeo Magno.
Catone e Termo balzarono in piedi appena udite quelle parole e gridarono all'unisono: Veto! Una grandine di sassi, al contempo fischiò pericolosamente sopra le testa dei magistrati e numerosi teppisti si lanciarono attraverso le file dei senatori! I magistrati dovettero rifugiarsi nel tempio, seguiti dai tribuni della plebe. La milizia si gettò nella mischia e, poco per volta, gli assalitori vennero respinti.
"Questo è uno splendido inizio d'anno!" Esclamò Cesare.

- È pessimo! - ribatté Silano
Prese la parola Bibulo per accusare Cesare e Metello Nepote di violenza pubblica! Solo costoro avevano interesse a scatenare il caos all'assemblea.
"Bibulo dice il vero! gridò Catone, il caos serve ai ruffiani di Pompeo!"
- Né io, né Nepote abbiamo da guadagnare dalla violenza e non era gente nostra quella che ha lanciato i sassi e che ha tentato di invadere il Foro: gli elettori venuti oggi avrebbero votato tutti per togliere il comando a un idiota come Ibrida, quando si offriva loro un Pompeo Magno!

Catone stava per rispondere con un'invettiva contro Cesare, ma Metello Nepote gli si avvicinò e con tutta la forza di cui era capace gli assestò uno schiaffo così violento che tutti i graffi di Servilia si riaprirono e poi aggiunse: "Non m'importa nulla delle conseguenze, il piacere di aver rotto la faccia a Catone merita bene anche di morire nel Tulliano!"


