M. Onfray "Decadenza" - Vita e morte della civiltà giudaico-cristiana - XXXII
L'Occidente (inteso come civiltà g.- c.) dovrebbe ammettere di essere in debito con l'Islam per due semplici ragioni:
a) traduzioni dei testi greci di filosofia, di medicina etc. che i cristiani avevano distrutto
b) l'antagonismo ha modellato le due culture e la Bibbia ci appare tale, solo in rapporto al Corano e viceversa.
Che Carlo Martello abbia fermato gli arabi a Poitiers (o a Tours, dipende dalle fonti) è un tormentone che ci insegue da quando abbiamo conosciuto un po' di storia, anche se poi quasi nessuno saprebbe proseguire a dirci qualcosa di più, per esempio il secolo in cui si svolse.
Una cosa certa, al di là degli scontri fra cristiani e islamici, è che questi ultimi hanno nella loro pratica teologica e politica l'espansionismo: la parte che riguarda le spedizioni militari prova "ad abundantiam" che la Jihad può essere anche una battaglia interiore fra sé e sé, ma è soprattutto una guerra concreta contro qualcun altro, cui si taglierà la testa etc.
Il mito di al-Andalus è servito e serve ancora a dimostrare che nel corso della storia è esistito un grande momento in cui il territorio spagnolo, amministrato dai musulmani, era un luogo di tolleranza per ebrei e cristiani. Questa cartolina si dimentica della "dhimmitudine", vale a dire un'imposta che chiunque non credente in Allah doveva pagare per vivere sul suolo islamico e la tolleranza (sembra chiaro) non si basa sul dover pagare un'imposta speciale.

Inoltre "la legge del taglione" prevista dal Corano non vale per un musulmano che uccide un ebreo o cristiano e i dhimmi non hanno tutta una serie di diritti che spettano invece ai fedeli. Insomma i fatti, per chi vuol conoscerli, dimostrano che in al-Andalus i rapporti non sono mai stati idilliaci.
In ogni modo i rapporti fra i due c.d. monoteisti (perché il cristianesimo non lo è, specie nella versione cattolica) ci sono stati e, come detto, le due civiltà si sono influenzate. Possiamo citare l'imperatore bizantino Manuele II paleologo (1350-1425) che instaura un grande dibattito con i sostenitori di Maometto, perché crede che la retorica e l'argomentazione possano convertire un miscredente al cristianesimo.
Nel corso del dialogo il dotto teologo afferma che le verità dell'Islam si trovano già nel giudaismo e quindi l'slam altro non sarebbe che un tipo di eresia giudaico-cristiana, dopo di che enumera tutta una serie di argomenti per dimostrare l'enorme superiorità intellettuale del cristianesimo.
Il musulmano si dice d'accordo sull'eccellenza della Legge degli ebrei/cristiani, però continua ad affermare la superiorità della propria, perché il punto di vista spirituale, quando è impossibile da realizzare è un "cattivo maestro" e il pensatore enumera le esortazioni cristiane impossibile da praticare...
P.S. Per chi sia interessato a conoscere a fondo questa discussione avvincente, si rimanda ai "Dialoghi con un musulmano", per parte nostra aggiungiamo che, per quanto entrambi procedano dall'identica fonte Mosaica, i primi per superarla, i secondi per tornarci, ci sembra un dialogo fra sordi.
