Il tuo discorso non fa una piega che una, il fatto è che stai parlando di Crosetti, che a sentirlo è di una spocchia assurda, di Capodacqua che anzi non ha messo in mezzo dubbi sul fatto che si è distratto perchè era dopato.rizz23 ha scritto:Purtroppo stamane ho dovuto leggere i quotidiani.
Tante prime pagine per Weylandt, ma il solito pressapochismo.
Ne ho parlato sul mio blog (http://iltrafiletto.wordpress.com per chi vuole), vi copio qua quello che ho scritto
Si potrebbe parlare di come per vedere il ciclismo in prima pagina serva la morte di un corridore, lo sfortunato Wouter Weylandt. O un caso di doping.
Ma su questo punto ci siamo già arresi, io e i milioni (e non due o tre) di appassionati delle due ruote in Italia.
La cosa ancor più deprimente è vedere la totale assenza di competenza nel parlare di ciclismo, anche quando se ne parla.
Prendiamo Repubblica di oggi. Già è una stecca la scelta di assegnare la cronaca all’inviato Eugenio Capodacqua, che ha costruito una carriera da giornalista sportivo sui casi di doping e sul fango immancabilmente tirato contro il ciclista di turno. Ma quello passa il convento.
E allora non c’è da stupirsi che alla riga 10 Capodacqua scriva:
Non doveva nemmeno correre, l’infortunio del compagno Daniele Bennati aveva fatto scattare la sua convocazione all’ultimo istante.
Sbagliato: è stato Brice Feillu (Capodacqua sa chi è?) a sostituire il velocista toscano nel roster Leopard-Trek per il Giro.
E verso la fine:
Ma ovviamente di fermare la corsa almeno un giorno, gesto che ridarebbe un pizzico di umanità e di immagine all’intero movimento, non se ne parla.
E infatti oggi la corsa sarà neutralizzata e interamente in omaggio allo sfortunato atleta belga.
E mentre Crosetti, con pessimo gusto (e pure sbagliando: di corridore propriamente asiatico, ex-Urss a parte, al Giro ce n’è uno, il giapponese Beppu), annota:
Il suo viso aveva i lineamenti deformati, e in molti avranno pensato che si trattasse di un corridore asiatico [...]
finisce che nel bailamme di stronzate incappa anche un maestro come Gianni Mura:
da quando Fabio Casartelli è morto, nella discesa del Portel d’Aspet, il casco è obbligatorio.
Falso, il casco è stato resto obbligatorio a metà del decennio scorso. Nel ’95 fu introdotta l’obbligatorietà con molte eccezioni (Pantani nel ’98 ve lo ricordate col caschetto o con la bandana?).
Se di ciclismo dovete parlarne così, è meglio il silenzio.
Il fatto è che si rivolgono a lettori che di ciclismo, come hai scritto tu, ne sentono parlare solo in casi di doping o quando accadono queste tragedie.
E si sa che in questi casi il popolo magna quello che dall'alto si propone.
E mi raccomando non mandate mail di protesta alle redazioni o scrivete commenti nelle discussioni coi siti.
Non vi risponderanno e i commenti li filtreranno opportunamente...quindi quelle cavolate che scrivono passano per la realtà dei fatti.