Come da copione, il Giro è finito dopo la prima settimana, con in piu' un'appendice di una cronoscalata di 20 km (e Nibali è pure indeciso se andare o no al Tour ..

).
Giro burletta e responsabilità tutta quanta sulle spalle degli organizzatori, ammenochè non si sia disponibili a credere alle coglionerie tipo sfortuna da meteo avverso. Non sono stati presi in benchè minima considerazione eventi che, proprio perchè possibili e, quel che conta, appartenenti alla storia del Giro, era doveroso valutare in sede preventiva.
Sono mille volte dalla parte di Herbie e Winter che, non a caso, oltre che profondi conoscitori di questo sport, sono praticanti di lungo corso. Il principio che ha sempre illuminato la scelta degli organizzatori seri (e dei corridori seri) è sempre stato che si sarebbe corso fintanto che la neve non avesse fatto presa sulla strada, rendendo di fatto impossibile la marcia dei corridori (fatto salvo il rischio slavine che, per fortuna, è individuabile e mitigabile in sede preventiva).
La Sanremo di quest'anno ha rappresentato, oltre che un disastro organizzativo, uno spartiacque tra il ciclismo com'è stato fino ad ora ed un nuovo sport che ha da venire, ma che, in ogni caso, non sarà piu' ciclismo bensi' una via di mezzo tra l'ippica, dove il peso del fantino fa la differenza e il golf, ove due gocce d'aqua fanno sospendedre la gara.
Chi a vent'anni e poco piu' ha corso o anche semplicemente percorso centinaia (migliaia) di km sotto l'acqua (e, a volte, anche sotto la neve) sa di che si parla. Chi vuole fare credere che, con ammiraglie e tutti i supporti possibili al seguito, ciò non sia possibile e possa intaccare la salute dei corridori è un disonesto che persegue fini in completo contrasto con gli interessi del ciclismo. Sic et simpliciter. Tutta da valutare, sotto questo aspetto, la longevità dei campioni e meno campioni del passato.
Se poi si preferisce l'ideologia del nessun rischio sotto il sole, di fatto impraticabile data la natura umana, imperfetta per definizione, e l'esistenza di ciò che gli anglosassoni con il loro proverbiale pragmatismo chiamano
acts of God, allora a che serve sacrificrasi per accedere ad una vita migliore ? Il ciclismo professionale andrebbe semplicemente bandito e non dovrebbe, in ogni caso, dare adito ad un miglioramento economico e sociale in chi lo pratica.