cycling decadence

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
cassius
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Re: cycling decadence

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herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:48 in compenso, gli amatori vanno mediamente il triplo....c'è qualcosa che non torna...
Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:56 sono d'accordo. perché dici che non ti torna?
Il fatto della professionalizzazione dello sport amatoriale è una cosa recente, a me torna come discorso. I cinquantenni vanno più forte oggi di 30 anni fa. I ragazzini vanno più piano di 30 anni fa.
herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 13:07 quest'anno poi dopo sei mesi di lavoro (stipendiato quasi regolarmente) del tutto saltuario (tipo due giorni di lavoro settimanali) e "smartworking", un numero indefinito di cicloamatori è letteralmente impazzito con carichi di lavoro e distanze mai visti... :pc: :sedia: :sedia:
Lo dico da sportivo amatoriale: tutto ciò si definisce in una parola e cioè NARCISISMO.
Si dedica un sacco di tempo e di pensieri e di energie a fare qualcosa che ci fa apparire fighi nel mondo.
Un po' di narcisismo ce l'abbiamo tutti, ma occhio solo a non scivolare nel patetico.
Quando della gente della mia età posta su FB trionfante il proprio 74° posto alla Fausto Coppi, un po' di cringe mi viene.
Se invece riesci a parlare della tua VAM solo a chi è direttamente interessato, va bene.
herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:48 Ritornando in tema, io credo che il discorso dei test fisici più scarsi sia semplicemente dovuto alle abitudini, non credo sia una questione di indebolimento strutturale, di base, della popolazione.
Se scendi per tutta la primavera e l'estate a giocare a pallone o nascondino in strada, il fisico per forza di cose muscolarmente si allena, se passi tutte le tue giornate con in mano il telefonino o la playstation, quando ti fanno fare 12 minuti di corsa blanda non arrivi a metà. Ma questo era abbastanza prevedibile.
Beh, quello a casa mia si chiama indebolimento fisico della popolazione.

herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:48 Il problema mi pare, se vogliamo parlare di mentalità, è che il viaggio, in libertà, per il mondo, su una bici, non ha più alcuna attrattiva sul bambino.
Questo invece era il fascino che aveva questo sport su di me e , credo, su moltissimi altri che poi hanno cominciato negli anni 80 o 90, o prima, anche a correre in bici.
Questo è veramente strano, perchè significherebbe che è avvenuta una profonda trasformazione sull'essere umano a livello di DESIDERI, di come percepisce ciò lo farebbe star bene.
Da quello che so anche il motorino frega ormai relativamente ai 14enni.
Il prossimo oggetto del desiderio che tramonterà sarà la gnocca?

sagittario1962 ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 12:42
Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:23 Mi diceva la stessa cosa chi allena ragazzini nel mezzofondo: la media si è alzata di tanto. Vediamo se la frase "non ci sono più i giovani di una volta" col conforto dei tempi oggettivi non è bollata come passatista.
confermo, la base fisica te la facevi da bambino (sono quasi sessantenne) camminando a piedi da quando muovevi i primi passi, l'auto era impensabile usarla se non per andare fuori porta era parcheggiata in caserma dove mio padre faceva servizio, correndo avanti e indietro dietro a un pallone in ogni spazio, strada, vicolo, a scuola educazione fisica con insegnanti che non guardavano in faccia nessuno, oggi ai ragazzi manca questo la base della fatica della resistenza fisica, a scuola in autobus o portati in auto dai genitori, educazione fisica a scuola esoneri a gogò perle motivazioni più assurde ma in genere asma e allergie, giocare a pallone si fa fatica, atletica che era lo sport dei poveri di chi non sapeva calciare il pallone, no meglio la play si fa meno fatica..... vi dico solo una cosa per portare un esempio lampante nel 2015 in piscina nel residence dove ero in ferie per gioco facciamo una gara io al tempo già ultracinquantenne di 105 kg cardiopatico (ancora nn mi avevano operato al cuore ma avevo già dei grossi problemi) fumatore, fermo da un decennio abbondante, con un gruppo di ragazzotti dai 16 ai 20 anni a chi resisteva più sott'acqua fermi senza nuotare ne nulla immobili in piedi sul fondo con le braccia alzate ....... li ho stracciati tutti il massimo 33 secondi, sfiatati, spolmonati senza un minimo di resistenza e tutti a ripetere la solita solfa, e ma non siamo abituati ....... ai miei tempi se non superavi il minuto era considerato una nullità.......
Alla scrivania ho superato il minuto di apnea. Meno male :D
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anche la Patente B non la pigliano più in tanti. Io e la mia compa a 18 e un giorno iscritti. E come scarrozzi le ragazzine se no? Come vai al mare se no? Senza Panda 600 non si va da nessuna parte :diavoletto:

Il discorso è molto ampio, e son d'accordo con Herbie che è un problema nei grandi numeri di cambiamento (affievolimento?) del desiderio. Ma qua rischio l'OT pesante.

Le bocce e il lancio del peso: lacrima di nostalgia.
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cassius
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Re: cycling decadence

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Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 17:19 anche la Patente B non la pigliano più in tanti.
Se uno a 18 anni non vuol prendere la patente c'è qualcosa di grave, tipo che forse deve terminare lo svezzamento.
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herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 15:21
galliano ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 15:16

avevo tentato anche un esperimento di lancio del giavellotto, ma era stato ben presto vietato

ps: mi scuso con krisper per l'OT, prometto che non succederà più



per curiosità, quale arma impropria utilizzavate come giavellotto?
io avrei utilizzato un manico di scopa, ma mi sembrerebbe già un po' fuori luogo, considerata la quantità di anziani che circola nel pomeriggio in certi paesini del Trentino...
Manico di scopa anch io..
Il triplo lo facevamo da fermo

Vedevi uno sport alla TV e cercavi di imitarlo
Io e mio fratello gemello avevamo provata la catapulta infernale dei gemelli derrick (di Holly e benji) con risultati disastrosi..

Ogni tanto penso alle bocce
Da piccolo lo consideravo uno sport per vecchi
Probabilmente gli under 30
Considerano il ciclismo cosi

Ho passato un po di tempo con un 14enne .. son rimasto sorpreso dal fatto che non sapeva chi fosse ronaldo (quello vero il fenomeno)..pensava ci fosse solo cr7 :hammer:
Io alla sua età, con mezzi limitati..conoscevo la storia dei mondiali a memoria
Altra era
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Re: cycling decadence

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cassius ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 16:39
herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 11:48 Ritornando in tema, io credo che il discorso dei test fisici più scarsi sia semplicemente dovuto alle abitudini, non credo sia una questione di indebolimento strutturale, di base, della popolazione.
Se scendi per tutta la primavera e l'estate a giocare a pallone o nascondino in strada, il fisico per forza di cose muscolarmente si allena, se passi tutte le tue giornate con in mano il telefonino o la playstation, quando ti fanno fare 12 minuti di corsa blanda non arrivi a metà. Ma questo era abbastanza prevedibile.
Beh, quello a casa mia si chiama indebolimento fisico della popolazione.
eh no, "indebolimento fisico" , per come è stato usato in questa discussione, significa precisamente che muscolarmente il ragazzo di oggi ha valori strutturalmente inferiori, non che va semplicemente più piano per motivi contingenti. A questo , come ho scritto nel testo citato, non credo.
Altrimenti non si capisce nemmeno quando si scrive di modificazioni antropologiche del desiderio...quella invece credo che sia una cosa reale.
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Re: cycling decadence

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Winter ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 21:03
Vedevi uno sport alla TV e cercavi di imitarlo
Questo è un punto fondamentale. Alla tv puoi vedere di tutto, ma nei fatti non vedi nulla tranne il calcio e i motori. Spostare su Raisport una manifestazione sportiva vuol dire oscurarla. Chi è interessato la guarda, chi non ne conosce l'esistenza non la vedrà mai. L'occasione di entrare in contatto con uno sport nuovo è bassa rispetto a prima. Del ciclismo passa tutto in tv, ma gli ascolti di Raisport ed Eurosport sono ridicoli rispetto a una tappa del Giro di 25 anni fa. Le Olimpiadi sarebbero andate solo sul player di ES che conta ben 160mila abbonamenti. Certo la Rai ha i secondi diritti e ben 200 ore di trasmissione che equivale a trasmettere gli ultimi 20km di una Parigi-Roubaix.
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È OT al massimo, ma non posso non menzionare le nostre Olimpiadi di Pitokio degli anni 60 sullo sfondo pasoliniano dei palazzoni partoriti dalla speculazione edilizia dell' epoca. Per la gioia di Gianluca Avigo, non avendo percorsi praticabili in bici avevamo inventato l' Uomo-cross! Che non era semplicemente una corsa campestre, ma un accidentato percorso con ringhiere e cancelli da scavalcare, scale e, ostacolo quasi insormontabile, sfuggire al portiere dello stabile quando penetravamo nell' area condominiale. I giavellotti erano ricavati dai canneti sul greto del Tevere e la prova di ciclismo consisteva nel buttarsi da una rampa di garage raggiungendo la massima velocità per scalare la rampa successiva senza l' utilizzo dei pedali, vinceva ovviamente chi arrivava più lontano. Spesso ciò causava alle nostre ginocchia una conformazione tipo crosta lunare, ma sono convinto che se da ragazzino Remco si fosse cimentato in questa specialità, sabato non sarebbe caduto. :velocipede:
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cassius ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 19:10
Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 17:19 anche la Patente B non la pigliano più in tanti.
Se uno a 18 anni non vuol prendere la patente c'è qualcosa di grave, tipo che forse deve terminare lo svezzamento.
addirittura?! io ne ho più di 40 e la patente non l'ho mai presa, nemmeno ci ho mai provato. avendo una bicicletta con cui spostarmi, la cosa non mi ha mai provocato problemi, però questo aspetto dello svezzamento non l'avevo mai considerato :)
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Gimbatbu ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 22:56 È OT al massimo, ma non posso non menzionare le nostre Olimpiadi di Pitokio degli anni 60 sullo sfondo pasoliniano dei palazzoni partoriti dalla speculazione edilizia dell' epoca. Per la gioia di Gianluca Avigo, non avendo percorsi praticabili in bici avevamo inventato l' Uomo-cross! Che non era semplicemente una corsa campestre, ma un accidentato percorso con ringhiere e cancelli da scavalcare, scale e, ostacolo quasi insormontabile, sfuggire al portiere dello stabile quando penetravamo nell' area condominiale.
in pratica avevate inventato il parkour :D
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Re: cycling decadence

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cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 10:43
cassius ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 19:10
Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 17:19 anche la Patente B non la pigliano più in tanti.
Se uno a 18 anni non vuol prendere la patente c'è qualcosa di grave, tipo che forse deve terminare lo svezzamento.
addirittura?! io ne ho più di 40 e la patente non l'ho mai presa, nemmeno ci ho mai provato. avendo una bicicletta con cui spostarmi, la cosa non mi ha mai provocato problemi, però questo aspetto dello svezzamento non l'avevo mai considerato :)
Cauz tu abiti a Milano vero?Più la città é grande e più è facile avere alternative alla macchina,come é giusto che sia.
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Re: cycling decadence

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In un bel libro, "Il corpo dell'antropocene" di Vybarr Cregan-Reid, è descritto di come il mondo che l'uomo ha creato ci stia cambiando ed ad una velocità impressionante in termini evolutivi.
Questa era geologica si chiama (non ancora ufficialmente credo) "Antropocene" non per caso.

Ci sta quindi di un indebolimento della popolazione giovanile, esclusi gli estremi.

Ma credo che questo abbia una scarsa affinità con la decadenza del ciclismo.

Sì, i bambini sono poco invogliati allo sport ed al ciclismo in particolare, e questo non aiuta alcuno sport; ma forse sono interessati ad un racconto diverso che il ciclismo non sa soddisfare.

Nel racconto sportivo main stream, il ciclismo è trattato malissimo.
Non si perde occasione di citare il doping, anche quando non ci sono casi in quel momento, si è persa completamente l'epica del racconto.

Sono proprio quei valori che il ciclismo trasmette che alla maggior parte della gente di oggi non interessano più.
Come può un narcisita del XXI secolo amare un gregario?

Chi è rimasto, come me, ancorato al '900 non può non amare questo sport, ma l'uomo del XXI secolo ha altri gusti.

"le merendine di quand'ero bambino non torneranno più" "i pomeriggi di maggio"



Dopo questa botta nostalgica, perdonatemi, bisogna dire che negli ultimi anni sono fioriti giovani e originali narratori del ciclismo (presenti anche nel forum).
Forse davvero questo revival delle due ruote ci sorprenderà, ma io sono troppo vecchio dentro per capirlo.
Sono ancora convinto di trovare i paracarri a bordo strada :hammer:
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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Re: cycling decadence

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cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 10:43
cassius ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 19:10
Maìno della Spinetta ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 17:19 anche la Patente B non la pigliano più in tanti.
Se uno a 18 anni non vuol prendere la patente c'è qualcosa di grave, tipo che forse deve terminare lo svezzamento.
addirittura?! io ne ho più di 40 e la patente non l'ho mai presa, nemmeno ci ho mai provato. avendo una bicicletta con cui spostarmi, la cosa non mi ha mai provocato problemi, però questo aspetto dello svezzamento non l'avevo mai considerato :)
e no cauz, ma vuoi mettere arrivare in auto e dire "cambio programma, si va a Camogli a fare tuffo e focaccia", o un gelato a Sirmione.
"Ciao, cambio programma: ho due biglietti ATM e due biglietti del treno per Genova, poi abbiamo 20 minuti per un cambio e alle 16:30 siamo a Camogli. Bagno, gelato. Alle 18:30 treno di ritorno..." Auto, ragazze, amici, libertà... No no, io vivo in bici in città da quando ho 14 anni, ma la patente non si tocca, anche a NY mordevo il freno per recuperarne una e godermi un ristorante diverso sulle Catskills o a Staten Island. Nel midwest proprio non ci vivi senza (benché anche lì, per un semstre usai l'autobus e tutti mi guardavano come un pazzo. Unico bianco con neri e latini. Poi una ragazza aveva l'auto, mi diede un passaggio in aeroporto... Vabbé, alcuni figli dopo dico che è andata bene non avere l'auto in quella circostanza :) Ma uno dei due deve averla.
“Our interest’s on the dangerous edge of things.
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Maìno della Spinetta ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:39
cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 10:43
cassius ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 19:10

Se uno a 18 anni non vuol prendere la patente c'è qualcosa di grave, tipo che forse deve terminare lo svezzamento.
addirittura?! io ne ho più di 40 e la patente non l'ho mai presa, nemmeno ci ho mai provato. avendo una bicicletta con cui spostarmi, la cosa non mi ha mai provocato problemi, però questo aspetto dello svezzamento non l'avevo mai considerato :)
e no cauz, ma vuoi mettere arrivare in auto e dire "cambio programma, si va a Camogli a fare tuffo e focaccia", o un gelato a Sirmione.
"Ciao, cambio programma: ho due biglietti ATM e due biglietti del treno per Genova, poi abbiamo 20 minuti per un cambio e alle 16:30 siamo a Camogli. Bagno, gelato. Alle 18:30 treno di ritorno..." Auto, ragazze, amici, libertà... No no, io vivo in bici in città da quando ho 14 anni, ma la patente non si tocca, anche a NY mordevo il freno per recuperarne una e godermi un ristorante diverso sulle Catskills o a Staten Island. Nel midwest proprio non ci vivi senza (benché anche lì, per un semstre usai l'autobus e tutti mi guardavano come un pazzo. Unico bianco con neri e latini. Poi una ragazza aveva l'auto, mi diede un passaggio in aeroporto... Vabbé, alcuni figli dopo dico che è andata bene non avere l'auto in quella circostanza :) Ma uno dei due deve averla.
senza auto ti farei vivere dove sto io entroterra delle 5 terre ..... autobus due la mattina e due al pomeriggio, esclusi i festivi e il sabato che finiscono con l'orario scolastico, nessun supermercato, città a 15 km con una bella salita di circa 3km con belle pendenze (punte oltre il 10%) se non vuoi farti un traforo di 2km e morire gassato (sopratutto al ritorno che sono 2 km in ascesa), perfino per andare a lavorare è necessaria l'auto.......
corsu anima e core corsu, anima e core corsu, corsu sempre di più
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Re: cycling decadence

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Maìno della Spinetta ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:39 Nel midwest proprio non ci vivi senza (benché anche lì, per un semstre usai l'autobus e tutti mi guardavano come un pazzo. Unico bianco con neri e latini.
A me risulta che i veri latini siamo noi!
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Re: cycling decadence

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jerrydrake ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 12:33
Maìno della Spinetta ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:39 Nel midwest proprio non ci vivi senza (benché anche lì, per un semstre usai l'autobus e tutti mi guardavano come un pazzo. Unico bianco con neri e latini.
A me risulta che i veri latini siamo noi!
giuro che feci questa notazione ad un HR Office, al momento dell'assunzione. Anzi, a dirla tutta andò così

"Excuse me 'mam, I've a question. Here where it says "Race" I don't know where to put the X: Latino, I guess, Latio is in Italy..."

"Uhm!?" sollevando la testa annoiata.

"I was asking: I guess I've to mark Latino, Latio is in Italy..."

"Are you from South of Central America?"

"No"

"You are white, mark Caucasian"

"But I am not from the Caucasus, I am from Italy, I am more latino than anybody else"

"You are white, mark Caucasian".
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ko
galliano ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 10:54
in pratica avevate inventato il parkour :D
Esatto, in un passaggio salendo su una cancellata si arrivava al tetto di un officina per poi catapultarsi su un mucchio di terra nella parte opposta. Per la gioia delle nostre mamme tornavamo a casa non proprio pulitissimi...
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Re: cycling decadence

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jerrydrake ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 22:54
Winter ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 21:03
Vedevi uno sport alla TV e cercavi di imitarlo
Questo è un punto fondamentale. Alla tv puoi vedere di tutto, ma nei fatti non vedi nulla tranne il calcio e i motori. Spostare su Raisport una manifestazione sportiva vuol dire oscurarla. Chi è interessato la guarda, chi non ne conosce l'esistenza non la vedrà mai. L'occasione di entrare in contatto con uno sport nuovo è bassa rispetto a prima. Del ciclismo passa tutto in tv, ma gli ascolti di Raisport ed Eurosport sono ridicoli rispetto a una tappa del Giro di 25 anni fa. Le Olimpiadi sarebbero andate solo sul player di ES che conta ben 160mila abbonamenti. Certo la Rai ha i secondi diritti e ben 200 ore di trasmissione che equivale a trasmettere gli ultimi 20km di una Parigi-Roubaix.
Concordo
Il problema che l'under 20 non guarda la tv..
La Guardiamo io e te ;)
Anni 80.. io e mio fratello seguivamo tutto il calcio per minuto alla radio
adesso.. non guardano nemmeno le partite
Si parla del ciclismo.. ma l'età media di chi va a vedere le partite allo stadio si è notevolmente alzata
Anni 90 il pulman del nostro inter club aveva un'eta' media under 30..
Adesso non son piu' abbonato pero' vado 3-4 volte.. l'età media è over 40..
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Re: cycling decadence

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Gianluca Avigo - bove ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 16:04 Fantastico
Mi hai fatto tornare in mente giochi inventati e piuttosto crudeli. Oggi le mamme chiamerebbe i servizi sociali. Vi dico solo che il mio preferito si chiamava "spingi cadi e vinci". Le regole? Non c'erano. Punto.

Tornando in tema, oggi devo costringere mia figlia di quasi 14 anni ad uscire di casa. Lei giustamente mi risponde "e dove vado da sola? Non c'è in giro nessuno"
La verità è che abbiamo semplicemente sbagliato. Abbiamo preconfezionato le attività ludiche dei nostri figli, privandoli così di stimoli, creatività e fantasia. La condizione fisica, come giustamente avete fatto notare, è una inevitabile conseguenza. La vita sedentaria non fa bene a nessuno e in nessuna fascia di età.
Mia figlia fa sport con impegno e costanza, perché sia io che mia moglie crediamo fortemente nella formazione e crescita che lo sport da, ma credetemi a parte qualche lodevole eccezione, tutto intorno c'è terra bruciata.
Il problema siamo noi. La nostra generazione ha buttato addosso ai nostri figli ansie, paure, frustrazioni e cattivo esempio. Spendiamo 4000 euro per una bici, ma ci lamentiamo dei 250 euro di iscrizione annuale alla squadretta di paese. Spendiamo tempo e denaro per andare a fare la gran fondo a 300 km da casa, ma non abbiamo voglia di dare una mano per organizzare la corsetta sotto casa. I ragazzini di oggi sono il nostro specchio.
Le gare non si organizzano da sole e le squadre non nascono sulle piante.
Personalmente ci ho provato ed anche con discreti risultati a fronte di tanto impegno e pochi soldi (non nel ciclismo). Sapete quanti genitori hanno seguito l'esempio e si sono prestati? Zero o quasi. A parte i soliti 4 gatti.

Tocca a noi
Buona parte del discorso è qui, almeno per certi aspetti.

Poi, vabbè, parlo io che sono da sempre inadatto a qualsiasi attività agonistica (son proprio una pippa in tutto), nonostante gli sforzi dei miei. A calcio raccoglievo margherite, nuoto lo facevo, mi ha sempre fatto ca*are, e parevo una balenottera spiaggiata, pallavolo e basket avevo paura di farmi male, in corsa mi superavano le lumache, in salita mi viene uno sciopone dopo 100 m anche a farla a piedi (sono uomo di pianura, io). Diciamo che me la sono sempre cavata meglio sui libri, e quindi per passarmi il tempo ho sempre letto molto (videogiochi pochi, anche perchè ero scarso come la puzza pure lì).

Ecco, uno degli aspetti importanti al giorno d'oggi è la scuola: 30-40 anni fa erano pochi coloro che, specie nei paesini, frequentavano il liceo. Buona parte degli adolescenti non faceva neppure le superiori, o si dava a studi più leggeri (istituto professionale o al limite tecnico). Buona parte andava a lavorare. Tutte queste attività, finito l'orario scolastico o quello lavorativo, lasciavano molto più tempo libero rispetto a chi doveva anche studiare come un matto per rimanere all'altezza delle richieste della scuola. E anche il ciclismo, rispetto alle condizioni di lavoro, non era poi uno sforzo molto peggiore: il caldo d'estate in officina come in bicicletta lo pativi comunque, il freddo d'inverno idem, la fatica comunque dovevi farla... Con la bici, se ti diceva culo ed eri dotato, potevi anche farti un nome, ricevere qualche gloria personale, far su qualche soldo magari oppure trovarti un fine carriera più agevole (magari aprirsi un negozio di bici, sempre meglio che sfacchinare nei campi!). Oggi molti adolescenti studiano al liceo, magari provano la strada dell'università: il tutto lascia molto poco spazio allo sport e all'allenamento, specie se poi per gareggiare devi spostarti ogni weekend. E non venitemi a dire che la scuola incoraggia sempre la pratica di una disciplina sportiva.

Una base di partenza meno ampia, con meno tempo libero a disposizione e con molte più alternative e distrazioni: il ciclismo pare molto meno appetibile oggi rispetto a un tempo. Poi questa voglia di disconnessione si riscopre, magari in tarda età.

Però gli aspetti dell'audience televisiva e della pratica sono 2 aspetti che io tenderei a separare. Si congiungono, certamente, in più punti, ma non necessariamente si influenzano l'un l'altro.
La pratica del ciclismo su strada oggi vanta una crescita considerevole e sostanziale, specie tra gli amatori: questi però non si mettono a guardare una corsa in TV: perchè? Secondo me è quello il pubblico in cui potrebbe essere più facile sfondare, ed è anche un pubblico prezioso dal punto di vista pubblicitario, dato che in genere è ben disposto a spendere. I giovani di oggi, tra qualche anno, riscopriranno la libertà della bicicletta e la vivranno come una novità, un po' come i 5 stelle che scoprirono con piacere le feste di partito, una roba vecchia come la democrazia. Anche l'uomo tecnologico, dopo un po', riscopre il piacere di essere il frutto della terra, e ci ritorna. Non in tempo per diventare un atleta, ma per comprare bici e accessori sì. Con qualche scelta politica adeguata secondo me si potrebbe portare questo cinquantenne a seguire le gesta degli atleti professionisti.
Winter
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Bomby ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 14:31
Ecco, uno degli aspetti importanti al giorno d'oggi è la scuola: 30-40 anni fa erano pochi coloro che, specie nei paesini, frequentavano il liceo. Buona parte degli adolescenti non faceva neppure le superiori, o si dava a studi più leggeri (istituto professionale o al limite tecnico). Buona parte andava a lavorare. Tutte queste attività, finito l'orario scolastico o quello lavorativo, lasciavano molto più tempo libero rispetto a chi doveva anche studiare come un matto per rimanere all'altezza delle richieste della scuola. E anche il ciclismo, rispetto alle condizioni di lavoro, non era poi uno sforzo molto peggiore: il caldo d'estate in officina come in bicicletta lo pativi comunque, il freddo d'inverno idem, la fatica comunque dovevi farla... Con la bici, se ti diceva culo ed eri dotato, potevi anche farti un nome, ricevere qualche gloria personale, far su qualche soldo magari oppure trovarti un fine carriera più agevole (magari aprirsi un negozio di bici, sempre meglio che sfacchinare nei campi!). Oggi molti adolescenti studiano al liceo, magari provano la strada dell'università: il tutto lascia molto poco spazio allo sport e all'allenamento, specie se poi per gareggiare devi spostarti ogni weekend. E non venitemi a dire che la scuola incoraggia sempre la pratica di una disciplina sportiva.
Sei sicuro ?
A me pare l'opposto (parlo dei paesini)
Una volta oltre ad andare a scuola dovevi dare una mano in famiglia
D'estate , nella mia classe delle superiori , lavoravano tutti (e la maturità l'ho presa nel 94)
eri gia' abituato alla fatica
Adesso con il fatto che non bocciano quasi nessuno , anche la scuola è molto piu' semplice
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Re: cycling decadence

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Winter ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 14:43
Bomby ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 14:31
Ecco, uno degli aspetti importanti al giorno d'oggi è la scuola: 30-40 anni fa erano pochi coloro che, specie nei paesini, frequentavano il liceo. Buona parte degli adolescenti non faceva neppure le superiori, o si dava a studi più leggeri (istituto professionale o al limite tecnico). Buona parte andava a lavorare. Tutte queste attività, finito l'orario scolastico o quello lavorativo, lasciavano molto più tempo libero rispetto a chi doveva anche studiare come un matto per rimanere all'altezza delle richieste della scuola. E anche il ciclismo, rispetto alle condizioni di lavoro, non era poi uno sforzo molto peggiore: il caldo d'estate in officina come in bicicletta lo pativi comunque, il freddo d'inverno idem, la fatica comunque dovevi farla... Con la bici, se ti diceva culo ed eri dotato, potevi anche farti un nome, ricevere qualche gloria personale, far su qualche soldo magari oppure trovarti un fine carriera più agevole (magari aprirsi un negozio di bici, sempre meglio che sfacchinare nei campi!). Oggi molti adolescenti studiano al liceo, magari provano la strada dell'università: il tutto lascia molto poco spazio allo sport e all'allenamento, specie se poi per gareggiare devi spostarti ogni weekend. E non venitemi a dire che la scuola incoraggia sempre la pratica di una disciplina sportiva.
Sei sicuro ?
A me pare l'opposto (parlo dei paesini)
Una volta oltre ad andare a scuola dovevi dare una mano in famiglia
D'estate , nella mia classe delle superiori , lavoravano tutti (e la maturità l'ho presa nel 94)
eri gia' abituato alla fatica
Adesso con il fatto che non bocciano quasi nessuno , anche la scuola è molto piu' semplice
Mi sento tirato in causa, da ragazzo di paesino di montagna...
Ogni giorno bisognava svegliarsi alle 5.45 e si arrivava a casa anche alle 15.30 e poi bisognava comunque studiare. Dove lo trovi il tempo per dedicarti al ciclismo (altri sport sono fattibili alla sera col buio, anche inverno), aiutare in famiglia, e ottenere buoni risultati a scuola?
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Re: cycling decadence

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Gianluca Avigo - bove ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 16:04 Fantastico
Mi hai fatto tornare in mente giochi inventati e piuttosto crudeli. Oggi le mamme chiamerebbe i servizi sociali.
Se c'erano i telefoni quando ero piccolo andavo in carcere....
“Our interest’s on the dangerous edge of things.
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Re: cycling decadence

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Oggi la scuola è più facile, probabilmente è vero. Ma molta più gente va a scuola e magari sceglie il liceo.
Non conosco i numeri, ma facciamo un esempio sul percepito. Prendiamo 100 studenti che hanno finito le medie.
Negli anni '70-'80, 60 andavano subito a lavorare, 22 andavano al professionale, 13 al tecnico, 5 al liceo. Quei 5 che facevano il liceo e buona parte di quei 13 del tecnico probabilmente avevano anche i loro pomeriggi interamente o quasi impegnati dallo studio (i liceali forse anche le serate), tutti gli altri, finita la scuola o le ore di lavoro, potevano andarsene a fare quello che gli pareva, magari se impiegati in piccole aziende artigiane con datori di lavoro comprensivi, anche allenarsi nelle ore di luce.
Oggi, che va direttamente a lavorare saranno in 20 (dipende dalle aree del paese e sappiamo che l'abbandono scolastico è un problema), 30 vanno al professionale (che è scaduto molto), 25 al tecnico e 25 al liceo, se non di più. Al professionale grossomodo ci va chi vuole avere un pezzo di carta senza studiare o, per la mia esperienza a scuola, figli di immigrati stranieri (anche essi senza voglia di studiare), al tencico che è poco disposto a studiare o non è certo di voler fare l'università (ho finito il tecnico 10 anni fa e sono andato all'università, a scuola avevo un'ottima media pur studiando non troppo); ormai ci va anche chi non vuole finire nella bolgia infernale che sono diventati molti professionali (purtroppo) pur non essendo molto portato allo studio. Al liceo ci andavano tutti gli altri e i fighetti, anche se non avevano un granchè voglia di studiare (ma, insomma, dire di aver fatto il tecnico è un disonore per la famiglia). Al tecnico comunque qualche ora di studio devi dedicarla ogni giorno, al liceo (e dipende dall'impostazione, quello nella mia scuola era particolarmente esigente) il carico di studio è ancora notevole (anche se meno del passato), e difficilmente si combina con una attività agonistica "seria". Il fatto è che, pur essendo più semplice, molti più ragazzi scelgono il liceo, e se non vogliono venir bocciati.
Ah, non si viene più bocciati: falso, almeno nel mio caso. In 3a superiore eravamo in 30 in classe, dopo che già una notevole scrematura era stata fatta alla fine del biennio. Quell'anno da me ne furono bocciati 10, e rimandati 5 (perchè non potevano bocciarne di più), buona parte bocciati l'anno successivo. Ci fu pure qualche bocciatura prima della maturità e un mio compagno venne bocciato dopo la prova orale. Mi pare sufficiente come tasso di bocciatura, o no?
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Maìno della Spinetta ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:39 e no cauz, ma vuoi mettere arrivare in auto e dire "cambio programma, si va a Camogli a fare tuffo e focaccia", o un gelato a Sirmione.
"Ciao, cambio programma: ho due biglietti ATM e due biglietti del treno per Genova, poi abbiamo 20 minuti per un cambio e alle 16:30 siamo a Camogli. Bagno, gelato. Alle 18:30 treno di ritorno..." Auto, ragazze, amici, libertà... No no, io vivo in bici in città da quando ho 14 anni, ma la patente non si tocca, anche a NY mordevo il freno per recuperarne una
uh beh, ma mica discuto il tema, credo che ogni scelta abbia i suoi pro e i suoi contro. Mi viene solo naturale sottolineare come i tempi siano cambiati e l'accesso all'automobile non sia più da tempo una scelta irrinunciabile, proprio perché il tuffo a camogli o il gelato a sirmione sono ampiamente "rinunciabili" :)

tutto questo ovviamente in determinate circostanze, perché come dice bene Sagittario ci sono zone d'italia pressoché irraggiungibili senza un mezzo motorizzato, e in tal caso non c'è nemmeno discussione.

io dalla mia ho la fortuna/sfortuna di vivere in città, in pianura, single e senza figli, e tutto questo mi ha permesso di arrivare oltre i 40 anni con la libertà di non dover nemmeno prendere la licenza. Non mi stupisce affatto che anche nelle nuove generazioni questa necessità sia cambiata, e se guardiamo bene è uno sviluppo che ha persino lati positivi (quanto spazio e quanta sicurezza guadagnerebbero le città riducendo le auto?): non penso sia solo questione di svezzamento, tutto qua.
fine dell'OT, che questo penso abbia proprio poco a che vedere con il futuro del ciclismo.
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Krisper ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:30 In un bel libro, "Il corpo dell'antropocene" di Vybarr Cregan-Reid, è descritto di come il mondo che l'uomo ha creato ci stia cambiando ed ad una velocità impressionante in termini evolutivi.
Questa era geologica si chiama (non ancora ufficialmente credo) "Antropocene" non per caso.

Ci sta quindi di un indebolimento della popolazione giovanile, esclusi gli estremi.

Ma credo che questo abbia una scarsa affinità con la decadenza del ciclismo.
io invece non credo affatto ad un indebolimento fisico strutturale dell'essere umano, quando ad alcune anche pericolose modificazioni del sentire e del desiderare, che indirizzano ad esempio verso altre forme di "diversione" dalla vita quotidiana. Non va più un granchè di moda nemmeno lo "sballo" della fine del secolo scorso, ad esempio. Per certi versi forse un bene, per altri tuttavia un segno di un certo impoverimento dell'intensità del percepire, e della sensibilità più in generale.

I record continuano ad essere battuti, perfino meglio di prima. L'essere umano non è affatto meno prestante muscolarmente.
IL ciclismo è penalizzato del suo racconto attuale? Certo gli interessi mediatici si sono spostati piuttosto lontano. Ma più in generale c'è una bassissima attrazione per ciò che è da raccontare, da vivere e godere progressivamente, come un pomeriggio passato insieme, come una cena dove i piatti di fanno attendere lasciando il gusto di parlarsi alle persone. Il tanto decantato slow food, la slow life, non i pare abbiano avuto alcuna presa...
Fateci caso, uno dei peggiori difetti rimarcati di un ristorante, enfatizzati nelle odierne trasmissioni culinarie, è l'effetto di quell'ansia da prestazione che vuole che il piatto venga servito entro 10 minuti.
A me se vengo servito troppo in fretta, salta la mosca al naso: perchè immediatamente ho la sensazione che vogliano liberare il tavolo in fretta e che quindi non avrò il tempo di intrattenermi piacevolmente a tavola.
Considerazioni sparse, ma il gusto di seguire il ciclismo in tv, ad esempio, sta anche in quel gusto di passare un pomeriggio in compagnia di qualcosa che ti diverte "leggermente", sottilmente, e soprattutto senza guardare l'orologio.
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jerrydrake ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 22:54
Winter ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 21:03
Vedevi uno sport alla TV e cercavi di imitarlo
Questo è un punto fondamentale. Alla tv puoi vedere di tutto, ma nei fatti non vedi nulla tranne il calcio e i motori. Spostare su Raisport una manifestazione sportiva vuol dire oscurarla. Chi è interessato la guarda, chi non ne conosce l'esistenza non la vedrà mai. L'occasione di entrare in contatto con uno sport nuovo è bassa rispetto a prima. Del ciclismo passa tutto in tv, ma gli ascolti di Raisport ed Eurosport sono ridicoli rispetto a una tappa del Giro di 25 anni fa. Le Olimpiadi sarebbero andate solo sul player di ES che conta ben 160mila abbonamenti. Certo la Rai ha i secondi diritti e ben 200 ore di trasmissione che equivale a trasmettere gli ultimi 20km di una Parigi-Roubaix.
Tra l'altro RaiSport oggi trasmette eventi che una volta andavano sulle TV generaliste. Certo la rete tematica copre più ore, dedica qualche approfondimento in più, non sempre interessante.
Sulla vecchia RaiSport sat per il poco che ricordo andavano tanti più sport minori, oppure tanti eventi giovanili o minori (gare di corsa in montagna , gare giovanili di atletica e nuoto tanto per fare qualche esempio). Con la conseguenza che questi ultimi non hanno più visibilità mentre quella delle gare ciclistiche o degli sport invernali si è fortemente ridotta.
Se il tuo modo di lavorare è questo qui, compragli un casco a Sgarbozza e fallo fare a lui il Giro, perché io non lo faccio più (P.S.)

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cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 16:42 Non mi stupisce affatto che anche nelle nuove generazioni questa necessità sia cambiata, e se guardiamo bene è uno sviluppo che ha persino lati positivi (quanto spazio e quanta sicurezza guadagnerebbero le città riducendo le auto?): non penso sia solo questione di svezzamento, tutto qua.
fine dell'OT, che questo penso abbia proprio poco a che vedere con il futuro del ciclismo.
Il problema è che non prendono la patente..non come facevi tu per bici e mezzi pubblici..ma perché non si muovono di casa..
Non lo trovo molto positivo
Come puoi trovare nuovi ciclisti , maratoneti , fondisti , sport di fatica in genere?
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Winter ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 21:03
Ho passato un po di tempo con un 14enne .. son rimasto sorpreso dal fatto che non sapeva chi fosse ronaldo (quello vero il fenomeno)..pensava ci fosse solo cr7 :hammer:
Io alla sua età, con mezzi limitati..conoscevo la storia dei mondiali a memoria
Altra era
Pensa che se vedevi un ciclista per strada, anche da uno che non vedeva gare, una volta sentivi dire "toh arriva Pantani/Cipollini" (stessa epoca di Luis Nazario). Dopo non ho mai sentito "toh arriva Nibali/Contador/Sagan".
E se guardi una gara ciclistica che affronta salite mitiche partono le clip e un'impresa di Pantani si può considerare praticamente ciclismo contemporaneo, perché spesso ti fanno vedere Coppi e Bartali, Anquetil, Merckx... Come se a margine di una partita di pallone ti facessero vedere Valentino Mazzola, Pelé, Rivera...
Se il tuo modo di lavorare è questo qui, compragli un casco a Sgarbozza e fallo fare a lui il Giro, perché io non lo faccio più (P.S.)

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Purtroppo è vero
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Winter ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 19:25
cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 16:42 Non mi stupisce affatto che anche nelle nuove generazioni questa necessità sia cambiata, e se guardiamo bene è uno sviluppo che ha persino lati positivi (quanto spazio e quanta sicurezza guadagnerebbero le città riducendo le auto?): non penso sia solo questione di svezzamento, tutto qua.
fine dell'OT, che questo penso abbia proprio poco a che vedere con il futuro del ciclismo.
Il problema è che non prendono la patente..non come facevi tu per bici e mezzi pubblici..ma perché non si muovono di casa..
Non lo trovo molto positivo
Come puoi trovare nuovi ciclisti , maratoneti , fondisti , sport di fatica in genere?
mah, anche qui penso dipenda molto dal territorio.
io i giovani li frequento e ho l'impressione che si facciano un gran culo, altro che non muoversi da casa. molto di più di quanto me ne facessi io alla loro età, sia come attività fisica che come "impegni". certo, vale sempre l'ipotesi che io alla loro età non facessi una mazza :diavoletto:
quello su cui mi viene da ridire è lo scopo di cotanto impegno, ma qui andremmo ancora più off topic.
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cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 19:53
quello su cui mi viene da ridire è lo scopo di cotanto impegno, ma qui andremmo ancora più off topic.
La Fi.. losofia???
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Re: cycling decadence

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cauz. ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 16:42
Maìno della Spinetta ha scritto: venerdì 21 agosto 2020, 11:39 e no cauz, ma vuoi mettere arrivare in auto e dire "cambio programma, si va a Camogli a fare tuffo e focaccia", o un gelato a Sirmione.
"Ciao, cambio programma: ho due biglietti ATM e due biglietti del treno per Genova, poi abbiamo 20 minuti per un cambio e alle 16:30 siamo a Camogli. Bagno, gelato. Alle 18:30 treno di ritorno..." Auto, ragazze, amici, libertà... No no, io vivo in bici in città da quando ho 14 anni, ma la patente non si tocca, anche a NY mordevo il freno per recuperarne una
uh beh, ma mica discuto il tema, credo che ogni scelta abbia i suoi pro e i suoi contro. Mi viene solo naturale sottolineare come i tempi siano cambiati e l'accesso all'automobile non sia più da tempo una scelta irrinunciabile, proprio perché il tuffo a camogli o il gelato a sirmione sono ampiamente "rinunciabili" :)

tutto questo ovviamente in determinate circostanze, perché come dice bene Sagittario ci sono zone d'italia pressoché irraggiungibili senza un mezzo motorizzato, e in tal caso non c'è nemmeno discussione.

io dalla mia ho la fortuna/sfortuna di vivere in città, in pianura, single e senza figli, e tutto questo mi ha permesso di arrivare oltre i 40 anni con la libertà di non dover nemmeno prendere la licenza. Non mi stupisce affatto che anche nelle nuove generazioni questa necessità sia cambiata, e se guardiamo bene è uno sviluppo che ha persino lati positivi (quanto spazio e quanta sicurezza guadagnerebbero le città riducendo le auto?): non penso sia solo questione di svezzamento, tutto qua.
fine dell'OT, che questo penso abbia proprio poco a che vedere con il futuro del ciclismo.
Figurati se faccio ancora ste cose, ora sono cose rinunciabilissime e rinunciate e le improvvisate le lascio ai giovani :)
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Il mio parere espresso in modo molto politicamente corretto (diciamo gentile come un'entrata di Materazzi) ha scatenato il forum 😁

Contestualizzo: tutti gli adulti non patentati che ho conosciuto (un discreto numero), in realtà si riducono a scroccare la patente degli altri sotto forma di passaggi. O se ne stanno rintanati nella loro città.
Per questo ho anche tirato in ballo lo svezzamento.
Se qualcuno riesce a non fare così, buon per lui/lei.
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cassius ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 9:26 Il mio parere espresso in modo molto politicamente corretto (diciamo gentile come un'entrata di Materazzi) ha scatenato il forum 😁

Contestualizzo: tutti gli adulti non patentati che ho conosciuto (un discreto numero), in realtà si riducono a scroccare la patente degli altri sotto forma di passaggi. O se ne stanno rintanati nella loro città.
Per questo ho anche tirato in ballo lo svezzamento.
Se qualcuno riesce a non fare così, buon per lui/lei.
In zone non urbane infatti è proprio così
Se il tuo modo di lavorare è questo qui, compragli un casco a Sgarbozza e fallo fare a lui il Giro, perché io non lo faccio più (P.S.)

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Re: cycling decadence

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https://m.huffingtonpost.it/2017/01/25/ ... 85746.html

Questo è il motivo di fondo del successo del calcio islandese negli ultimi anni.

Se a questo si aggiungessero: politiche di motilità sostenibile con la bici protagonista, prescrizione attività fisica come farmaco (organizzata dai comuni e ASL a tutti ed in particolari a popolazioni a rischio, diabetici, obesi, ect), programmi scuola e sport, sicurezza, strategie per prevenire i furti (quanti non vanno al lavoro in bici per paura del furto?), bike park liberi in ogni città, cicloturismo, ect. (Teatro, musica, istituzioni politiche giovanili a livello comunale-regionale, ...)

Forse questo scenario ideale, ma fattibilissimo politicamente, non riporterà il ciclismo ai fasti del passato, ma sarebbe una vera rivoluzione culturale che trasformerebbe in positivo le nostre società.

Come si evince da questo 3d, la decadenza del ciclismo (sport) riflette la decadenza di culturale della società.
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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Re: cycling decadence

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eliacodogno ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 9:51
cassius ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 9:26 Il mio parere espresso in modo molto politicamente corretto (diciamo gentile come un'entrata di Materazzi) ha scatenato il forum 😁

Contestualizzo: tutti gli adulti non patentati che ho conosciuto (un discreto numero), in realtà si riducono a scroccare la patente degli altri sotto forma di passaggi. O se ne stanno rintanati nella loro città.
Per questo ho anche tirato in ballo lo svezzamento.
Se qualcuno riesce a non fare così, buon per lui/lei.
In zone non urbane infatti è proprio così
il mio ex maestro di piano, che era però organista di professione, andava tutti i giorni in treno al Conservatorio di Milano, ovviamente senza il minimo problema.
Le sue ferie consistevano nel girare le sacrestie di piccole chiese di paesi della Castiglia per riscoprire antiche composizioni per organo di anonimi maestri del 600 spagnolo, che amava molto. Il tutto con gli orari degli autobus spagnoli alla mano. Non so come facesse a procurarseli in anticipo,ma anche senza internet, questo era possibilissimo.
Se vivi nelle grandi città, chi è senza patente ha mille modi di viaggiare, e anzi , per la mia esperienza è mediamente assai più organizzato e brillante nel gestire i propri spostamenti.
Io ho la comodità dell'auto, ma non utilizzo per principio alcun navigatore, essendomi sempre trovato benissimo nella consultazione delle carte topografiche, gestendo i miei spostamenti assai meglio di chi si affida ai navigatori, che spesso ti fanno fare l'itinerario che a te interessa meno.
Diametralmente opposta la situazione per chi vive lontano dalle città. Lì sì che la patente è quasi necessaria.
Per dire, altro che "svezzamento"...il "mammone" è quello che usa l'auto, chi se sa arrangiare senza normalmente è avanti anni luce quanto a capacità di vario genere. Sempre che non si riduca a scroccare i passaggi, of course. Ma questo mi sembra il minimo sindacale.
cassius
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Re: cycling decadence

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Krisper ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 9:51 https://m.huffingtonpost.it/2017/01/25/ ... 85746.html

Questo è il motivo di fondo del successo del calcio islandese negli ultimi anni.

Se a questo si aggiungessero: politiche di motilità sostenibile con la bici protagonista, prescrizione attività fisica come farmaco (organizzata dai comuni e ASL a tutti ed in particolari a popolazioni a rischio, diabetici, obesi, ect), programmi scuola e sport, sicurezza, strategie per prevenire i furti (quanti non vanno al lavoro in bici per paura del furto?), bike park liberi in ogni città, cicloturismo, ect. (Teatro, musica, istituzioni politiche giovanili a livello comunale-regionale, ...)

Forse questo scenario ideale, ma fattibilissimo politicamente, non riporterà il ciclismo ai fasti del passato, ma sarebbe una vera rivoluzione culturale che trasformerebbe in positivo le nostre società.

Come si evince da questo 3d, la decadenza del ciclismo (sport) riflette la decadenza di culturale della società.
La questione della sicurezza da furti è vitale. Forse un sistema di immatricolazione? Parcheggi con telecamere a circuito chiuso? Stimolare le forze dell'ordine e la magistratura a colpire i giri di ricettazione?
Per ora l'unica soluzione è avere bici usate di basso costo, così se te la rubano non è un dramma.

Ma al netto dei furti, la questione vitale è la sicurezza.
Io ho avuto la fortuna di macinare migliaia di km in provincia e in sicurezza, prima di andare a vivere in una grande città (Torino) e usare la bici come principale mezzo di trasporto. Ma si corrono troppi rischi, peggio di cosí solo i primi km delle granfondo quando le facevo.
Ci vogliono più piste ciclabili.
E altra cosa, là dove non c'è più una prospettiva di ripristinare la tramvia, si rimuovano le rotaie del tram. Da noi a Torino ne hanno dismesse un discreto numero ma le rotaie sono ancora tutte lí!
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Re: cycling decadence

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Sui furti di bici io abito in zone molto tranquille/morte, ma negli anni di biciclette me ne hanno fregate 3. Una in un supermercato dove avevo lavorato un estate durante l'università e due direttamente dal cortiletto di mio nonno dove le tenevo per evitarmi i km di salita da lì fino a casa. Dopo l'ultima volta c'ero rimasto talmente di ehm.. sasso che per 5 o 6 anni non l'ho neanche più comprata una bella MTB come piace a me. Ora me la tengo a casa e la uso solo per boschi perchè sinceramente per strada ho paura, la "ciclovia" è una sorta di slalom gigante tra gente che corre o passeggia e se devo farmi male o peggio preferisco che sia per una cavolata mia e non frantumato da qualche macchina o ammazzando pedoni. In più così non me la fregano abitando isolato :mrgreen:

PS: sulla strada io dico così e qui non c'è poi sto traffico, a Milano ho visto gente in bici in situazioni che per me richiedono uno sprezzo del pericolo non indifferente
O figliuolo il meglio d'altri tempi/non era che la nostra giovinezza
Krisper
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Krisper »

cassius ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 12:32
Krisper ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 9:51 https://m.huffingtonpost.it/2017/01/25/ ... 85746.html

Questo è il motivo di fondo del successo del calcio islandese negli ultimi anni.

Se a questo si aggiungessero: politiche di motilità sostenibile con la bici protagonista, prescrizione attività fisica come farmaco (organizzata dai comuni e ASL a tutti ed in particolari a popolazioni a rischio, diabetici, obesi, ect), programmi scuola e sport, sicurezza, strategie per prevenire i furti (quanti non vanno al lavoro in bici per paura del furto?), bike park liberi in ogni città, cicloturismo, ect. (Teatro, musica, istituzioni politiche giovanili a livello comunale-regionale, ...)

Forse questo scenario ideale, ma fattibilissimo politicamente, non riporterà il ciclismo ai fasti del passato, ma sarebbe una vera rivoluzione culturale che trasformerebbe in positivo le nostre società.

Come si evince da questo 3d, la decadenza del ciclismo (sport) riflette la decadenza di culturale della società.
La questione della sicurezza da furti è vitale. Forse un sistema di immatricolazione? Parcheggi con telecamere a circuito chiuso? Stimolare le forze dell'ordine e la magistratura a colpire i giri di ricettazione?
Per ora l'unica soluzione è avere bici usate di basso costo, così se te la rubano non è un dramma.

Ma al netto dei furti, la questione vitale è la sicurezza.
Io ho avuto la fortuna di macinare migliaia di km in provincia e in sicurezza, prima di andare a vivere in una grande città (Torino) e usare la bici come principale mezzo di trasporto. Ma si corrono troppi rischi, peggio di cosí solo i primi km delle granfondo quando le facevo.
Ci vogliono più piste ciclabili.
E altra cosa, là dove non c'è più una prospettiva di ripristinare la tramvia, si rimuovano le rotaie del tram. Da noi a Torino ne hanno dismesse un discreto numero ma le rotaie sono ancora tutte lí!
Esser costretti ad usare semirottami per il trasporto urbano per paura dei furti disincentiva l'utilizzo.
Io penso a parcheggi custoditi, almeno nei luoghi di lavoro.


Capitolo ciclabili.
Spesso sono marciapiedi dove deve passare pedone e bici (pensa al primo tratto di corso Moncalieri a Torino, chiedo scusa per i non torinesi), altre non hanno una continuità in sicurezza una volta che finisce la ciclabile, talora nemmeno la discesa per scendere dal rialzo marciapiedi.

Le bici devono andare sulla strada in una corsia a loro dedicata.
Altrimenti le pseudociclabili servono a dare solo una multa se vai in strada in bici in quel tratto.

Poi si corre troppo in macchina. Se sei a 50 km/h in un viale di Torino, dietro ti suonano e ti sorpassano a destra.

Scarponi ha straragione a porre il problema velocità al centro della questione sicurezza.
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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Re: cycling decadence

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Krisper ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 13:10 Esser costretti ad usare semirottami per il trasporto urbano per paura dei furti disincentiva l'utilizzo.
Io penso a parcheggi custoditi, almeno nei luoghi di lavoro.
Vero. Ogni volta che mi rubano la bici e ne devo cercare un'altra, divento piciu (tanto ormai è una discussione tra piemontesi :D ) a trovarne una sufficientemente economica ma che freni come si deve e non abbia tutto quanto che fa gioco. E sufficientemente grande dato che sono 1.88 m :boh:
Krisper ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 13:10 Capitolo ciclabili.
Spesso sono marciapiedi dove deve passare pedone e bici (pensa al primo tratto di corso Moncalieri a Torino, chiedo scusa per i non torinesi), altre non hanno una continuità in sicurezza una volta che finisce la ciclabile, talora nemmeno la discesa per scendere dal rialzo marciapiedi.

Le bici devono andare sulla strada in una corsia a loro dedicata.
Altrimenti le pseudociclabili servono a dare solo una multa se vai in strada in bici in quel tratto.
In numerose ciclabili ad uso esclusivo (cioè solo con il disegnino della bici) c'è la gente che porta il cane a pisciare.
Ma se non è troppa...alla fine una corsia dove andare ai 20 km/h senza farmi arrotare andrebbe già bene. In Italia tocca accontentarsi.
Il problema è che finiscono nel nulla.
Altre ciclabili meriterebbero almeno 2-3 stellette alla Parigi-Roubaix.
Krisper ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 13:10 Poi si corre troppo in macchina. Se sei a 50 km/h in un viale di Torino, dietro ti suonano e ti sorpassano a destra.
Scarponi ha straragione a porre il problema velocità al centro della questione sicurezza.
Vero, ma generalmente nei viali centrali (richiedo scusa ai non turineis) non ci vai in bici, a meno che la vita ti abbia già stancato un po'.
L'alta velocità è alla base di numerosi incidenti tra auto, o di auto con mezzi pubblici.
Gli incidenti per noi ciclisti avvengono con le auto che escono dai parcheggi o da strade laterali nel controviale, per i cretini che aprono la portiera senza guardare.

Tornando al discorso principale, poter iniziare a usare la bici come mezzo di locomozione è fondamentale per acquisire poi una passione sportiva.
Ben difficile è il viceversa.
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Maìno della Spinetta
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Re: cycling decadence

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da Saveriofattori.it

pezzo del 2015

I NUMERI DEL DECLINO*
Saverio Fattori
Saverio Fattori
On 29 Ottobre 2015





Michele Belluschi, buon atleta e studente di Statistica, è nato il primo febbraio millenovecentonovantadue, è solo per questo andrebbe punito, la giovinezza è di per sè un affronto, ma è nato con un marchio di fabbrica che lo redime, il padre è Elio Belluschi, uno della generazione dei “Fuoriclasse lavoratori”, gente capace di farsi otto ore di ufficio ogni giorno ma di correre anche i diecimila in 29’28. Per Michele la passione è nel sangue, fortissima, ma non è facile arrivare a emulare papà. Non hai nemmeno la miglior prestazione del pianerottolo anche se i diecimila li corri in 31’26. Allora vuole capire, capire perchè lui non va forte come il padre, e perchè la sua generazione sembra infinitivamente più debole rispetto alle vecchie leve, decide allora di impostare la tesi di laurea su questa analisi, oggettivare matematicamente il declino.
E allora arriva la domanda perfetta da fare a Michele:
Al di là dei soliti piagnistei e delle solita ricerca delle cause della crisi, quali sono i numeri della deriva, che dati hai raccolto e come?
Complesso, navigando su internet è impossibile trovare informazioni approfondite sui dati del precedente millennio. Mi sono servito delle graduatorie in cartaceo raccolte in primis grazie all’archivio ASAI (nella persona di Gustavo Pallicca) e in seconda battuta da Silvio Garavaglia, il quale mi ha girato dati sui 10.000 metri che stimo abbiano in mano meno di 10 persone in Italia.
Le informazioni raccolte sono molte e mi hanno permesso di redigere una graduatoria che elenca gli 889 atleti italiani più forti di sempre sulla distanza dei 10.000 metri. Si arriva fino al tempo di 30’50″00.
I numeri che fanno più effetto sono sicuramente quelli relativi alla “quantità”.
Nel 1991 ci sono stati 148 atleti che hanno corso la distanza sotto il limite dei 30’50”.

Come un poliziotto che cerca nei vecchi archivi il colpevole di un nuovo reato. L’annata migliore è stata quindi quella che ha preceduto il tuo anno di nascita. Curioso. L’anno nero della corsa in Italia invece?
Il 2010, solo 23 atleti sotto questo limite, ma pessimo anche l’anno passato, sono stati solo 28.
Le nidiate migliori?
Abbiamo avuto una nidiata dei nati nel 1960 spaventosa. La classe 1963 (quella di Panetta, Mei e Nicosia) ha prodotto 31 atleti capaci di fare meno di 30’50”. In particolare i primi 10 per ordine di tempo restituiscono una media cronometrica di 28’30″7 (con deviazione standard di 35 secondi). Significa che mediamente avevamo 10 classe 1963 capaci di fare 28’30” sui 10.000.
Sai quant’è la media dei 1983, nati quindi 20 anni dopo? Non so dirtela: solo 7 atleti han fatto meno di 30’50” e non ci sono i numeri sindacali per fare una media su 10. E non è l’annata peggiore. Non c’è un nato nel 1981 che abbia corso un 10.000 sotto i 30’00”. E dubito ci sarà mai a questo punto.

Ti sei interrogato sulle cause?
Certo, mi sono interrogato sulla cause. Come sempre non si può incanalare il crollo delle prestazioni su una sola causa. E’ sicuramente una sommatoria di fattori.
Tra questi quello che mi affascina molto è il dato del “chilometraggio in età evolutiva”. In letteratura scientifica purtroppo non è stato possibile reperire una serie storica su questa tipologia di dati.
Ma sono piuttosto sicuro del fatto che i bambini nati negli anni ’50 e ’60, nonché primi anni ’70, nella fascia di età 5-15 anni, accumulavano una mole di chilometri largamente superiore a quella delle generazioni ’80 – ’90 e ora (sempre peggio) 2000.
Sostanzialmente tra giochi all’aperto e spostamenti vari (scuola, commissioni ecc.) i bambini che sono poi diventati fuoriclasse nella corsa sviluppavano un curriculum aerobico altamente funzionale a quello che avrebbero poi fatto da adulti.
Dimostrare a livello numerico tale supposizione sarebbe stata la ciliegina sulla torta per la mia tesi, ma come detto non sono stati rilevati dati concreti e ufficiali (almeno in Italia) da poter utilizzare. La mia rimane pertanto è una teoria confutabile. Altre cause sono sicuramente ricercabili nel declino d’appeal della pista a favore delle corse strada e dalla modifica delle metodiche di allenamento nelle categorie giovanili, dove la tendenza è quella di sviluppare uno scarso chilometraggio settimanale facendo però intensità di ritmo, contro un volume più elevato a livello chilometrico con tanta percentuale di lavoro a bassa intensità (corsa lenta).
La nostra federazione a tuo parere ha bruciato talenti, atleti che hanno espresso tempi importanti da giovanissimi?
Direi di no, il trend è invariato nel tempo, solo i numeri di base praticante sono drammaticamente calati, il crollo totale dei numeri interessa nella stessa proporzione anche le categorie giovanili. Tanto per dare altri numeri, abbiamo avuto 37 atleti nati nel 1964 che da juniores correvano i 5000 sotto i 15’00”. I classe 1995 usciti quest’anno dalla categoria sono solo 3.
No future quindi?
In generale posso dirti che è un problema che a mio parere difficilmente invertirà la tendenza. In federazione giustamente interessa più “la qualità”. Attualmente abbiamo Meucci, La Rosa e Chatbi che sulla distanza non sono proprio scarsi e tutto sommato non sminuiscono in modo esagerato a confronti con big della passato (Meucci sopratutto). Stessa cosa tra gli junior: abbiamo appena vinto gli europei di cross a squadre.
Il problema è dietro. Mancano atleti solidi che corrano nell’intervallo [29’00”, 30’00”], tempi lontani da qualsiasi medaglia ma che permettevano di dare lustro al movimento nazionale.
Tutto chiarissimo, il tuo spirito logico matematico non lascia scampo. Ora voglio uscire un attimo dai numeri. Hai scavato, riesumato fantasmi con cui dovrai confrontarti, da atleta evoluto come la vivi questa cappa che arriva da un passato così importante e così diverso rispetto al presente?
Non ti senti anche un privilegiato? Tu sei oggettivamente un buon atleta, ma se oggi ci fosse il livello degli anni Novanta raccoglieresti risultati meno importanti anche tu…
Sono molto contrastato.
Attualmente con il livello imbarazzante che c’è arrivo sempre davanti. Correndo la mezza attorno a 1h8′ arrivo davanti e spesso addirittura vinco…Vinco addirittura, ma se avessi corso in passato a quest’ora avrei tempi migliori. Le gare per fare i tempi erano eccezionali, specialmente in pista dove il tempo è quasi sempre più importante rispetto al piazzamento, a meno che non si tratti di gara da titoli o punti di società. Oggi invece mi capita di raccogliere meno in termini cronometrici di ciò che valgo perché si è spesso da soli, ci sono i buchi maledetti tra gli atleti, non c’è quasi mai la fila indiana che ti consentiva di scegliere al decimo di secondo, i treni giusti sono rari oggi.
Immagino la tua tesi di laurea vada ben oltre quello di cui abbiamo detto, avrai proposto tu l’argomento al tuo docente, come l’ha presa?
Ho scelto come relatore Piero Quatto, mente matematica eccezionale. In lui avevo apprezzato, ai tempi in cui avevo sostenuto l’esame di Calcolo delle probabilità, la grande disponibilità nel venire incontro alle esigenze dello studente. In sostanza se c’era un docente che poteva acconsentire alla stesura di quella che a pieno titolo può essere definita una “tesi estemporanea” (per l’argomento trattato) quello era lui.
Mi sono presentato dal dottor Quatto con i “compiti già fatti a casa”, cioè con una struttura già solida del lavoro per essere convincente. Lui di atletica leggera aveva un’infarinatura minima, ma è rimasto colpito dal fatto che avevo raccolto i dati e costruito il mio database in modo autonomo, al contrario di quanto accade nella maggioranza delle tesi di laurea da cui si attinge da fonti “già pronte”.
Ha pertanto dato via libera al lavoro, dandomi dritte fondamentali su come indirizzare la tesi affinché potesse avere una “valenza statistica” per farmi laureare.
Gli sono grato perché mi ha fatto realizzare un sogno. Quando mi ero iscritto a statistica, un mio amico mi disse scherzando “Ci sarò alla tua laurea quando discuterei una tesi sui 10.000 (già all’epoca, 2011, la mia passione)”. E’ successo davvero.
*Articolo già uscito sulla rivista Correre
“Our interest’s on the dangerous edge of things.
The honest thief, the tender murderer, the superstitious atheist”.
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Maìno della Spinetta ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 13:47 da Saveriofattori.it

pezzo del 2015

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Michele Belluschi, buon atleta e studente di Statistica, è nato il primo febbraio millenovecentonovantadue, è solo per questo andrebbe punito, la giovinezza è di per sè un affronto, ma è nato con un marchio di fabbrica che lo redime, il padre è Elio Belluschi, uno della generazione dei “Fuoriclasse lavoratori”, gente capace di farsi otto ore di ufficio ogni giorno ma di correre anche i diecimila in 29’28. Per Michele la passione è nel sangue, fortissima, ma non è facile arrivare a emulare papà. Non hai nemmeno la miglior prestazione del pianerottolo anche se i diecimila li corri in 31’26. Allora vuole capire, capire perchè lui non va forte come il padre, e perchè la sua generazione sembra infinitivamente più debole rispetto alle vecchie leve, decide allora di impostare la tesi di laurea su questa analisi, oggettivare matematicamente il declino.
E allora arriva la domanda perfetta da fare a Michele:
Al di là dei soliti piagnistei e delle solita ricerca delle cause della crisi, quali sono i numeri della deriva, che dati hai raccolto e come?
Complesso, navigando su internet è impossibile trovare informazioni approfondite sui dati del precedente millennio. Mi sono servito delle graduatorie in cartaceo raccolte in primis grazie all’archivio ASAI (nella persona di Gustavo Pallicca) e in seconda battuta da Silvio Garavaglia, il quale mi ha girato dati sui 10.000 metri che stimo abbiano in mano meno di 10 persone in Italia.
Le informazioni raccolte sono molte e mi hanno permesso di redigere una graduatoria che elenca gli 889 atleti italiani più forti di sempre sulla distanza dei 10.000 metri. Si arriva fino al tempo di 30’50″00.
I numeri che fanno più effetto sono sicuramente quelli relativi alla “quantità”.
Nel 1991 ci sono stati 148 atleti che hanno corso la distanza sotto il limite dei 30’50”.

Come un poliziotto che cerca nei vecchi archivi il colpevole di un nuovo reato. L’annata migliore è stata quindi quella che ha preceduto il tuo anno di nascita. Curioso. L’anno nero della corsa in Italia invece?
Il 2010, solo 23 atleti sotto questo limite, ma pessimo anche l’anno passato, sono stati solo 28.
Le nidiate migliori?
Abbiamo avuto una nidiata dei nati nel 1960 spaventosa. La classe 1963 (quella di Panetta, Mei e Nicosia) ha prodotto 31 atleti capaci di fare meno di 30’50”. In particolare i primi 10 per ordine di tempo restituiscono una media cronometrica di 28’30″7 (con deviazione standard di 35 secondi). Significa che mediamente avevamo 10 classe 1963 capaci di fare 28’30” sui 10.000.
Sai quant’è la media dei 1983, nati quindi 20 anni dopo? Non so dirtela: solo 7 atleti han fatto meno di 30’50” e non ci sono i numeri sindacali per fare una media su 10. E non è l’annata peggiore. Non c’è un nato nel 1981 che abbia corso un 10.000 sotto i 30’00”. E dubito ci sarà mai a questo punto.

Ti sei interrogato sulle cause?
Certo, mi sono interrogato sulla cause. Come sempre non si può incanalare il crollo delle prestazioni su una sola causa. E’ sicuramente una sommatoria di fattori.
Tra questi quello che mi affascina molto è il dato del “chilometraggio in età evolutiva”. In letteratura scientifica purtroppo non è stato possibile reperire una serie storica su questa tipologia di dati.
Ma sono piuttosto sicuro del fatto che i bambini nati negli anni ’50 e ’60, nonché primi anni ’70, nella fascia di età 5-15 anni, accumulavano una mole di chilometri largamente superiore a quella delle generazioni ’80 – ’90 e ora (sempre peggio) 2000.
Sostanzialmente tra giochi all’aperto e spostamenti vari (scuola, commissioni ecc.) i bambini che sono poi diventati fuoriclasse nella corsa sviluppavano un curriculum aerobico altamente funzionale a quello che avrebbero poi fatto da adulti.
Dimostrare a livello numerico tale supposizione sarebbe stata la ciliegina sulla torta per la mia tesi, ma come detto non sono stati rilevati dati concreti e ufficiali (almeno in Italia) da poter utilizzare. La mia rimane pertanto è una teoria confutabile. Altre cause sono sicuramente ricercabili nel declino d’appeal della pista a favore delle corse strada e dalla modifica delle metodiche di allenamento nelle categorie giovanili, dove la tendenza è quella di sviluppare uno scarso chilometraggio settimanale facendo però intensità di ritmo, contro un volume più elevato a livello chilometrico con tanta percentuale di lavoro a bassa intensità (corsa lenta).
La nostra federazione a tuo parere ha bruciato talenti, atleti che hanno espresso tempi importanti da giovanissimi?
Direi di no, il trend è invariato nel tempo, solo i numeri di base praticante sono drammaticamente calati, il crollo totale dei numeri interessa nella stessa proporzione anche le categorie giovanili. Tanto per dare altri numeri, abbiamo avuto 37 atleti nati nel 1964 che da juniores correvano i 5000 sotto i 15’00”. I classe 1995 usciti quest’anno dalla categoria sono solo 3.
No future quindi?
In generale posso dirti che è un problema che a mio parere difficilmente invertirà la tendenza. In federazione giustamente interessa più “la qualità”. Attualmente abbiamo Meucci, La Rosa e Chatbi che sulla distanza non sono proprio scarsi e tutto sommato non sminuiscono in modo esagerato a confronti con big della passato (Meucci sopratutto). Stessa cosa tra gli junior: abbiamo appena vinto gli europei di cross a squadre.
Il problema è dietro. Mancano atleti solidi che corrano nell’intervallo [29’00”, 30’00”], tempi lontani da qualsiasi medaglia ma che permettevano di dare lustro al movimento nazionale.
Tutto chiarissimo, il tuo spirito logico matematico non lascia scampo. Ora voglio uscire un attimo dai numeri. Hai scavato, riesumato fantasmi con cui dovrai confrontarti, da atleta evoluto come la vivi questa cappa che arriva da un passato così importante e così diverso rispetto al presente?
Non ti senti anche un privilegiato? Tu sei oggettivamente un buon atleta, ma se oggi ci fosse il livello degli anni Novanta raccoglieresti risultati meno importanti anche tu…
Sono molto contrastato.
Attualmente con il livello imbarazzante che c’è arrivo sempre davanti. Correndo la mezza attorno a 1h8′ arrivo davanti e spesso addirittura vinco…Vinco addirittura, ma se avessi corso in passato a quest’ora avrei tempi migliori. Le gare per fare i tempi erano eccezionali, specialmente in pista dove il tempo è quasi sempre più importante rispetto al piazzamento, a meno che non si tratti di gara da titoli o punti di società. Oggi invece mi capita di raccogliere meno in termini cronometrici di ciò che valgo perché si è spesso da soli, ci sono i buchi maledetti tra gli atleti, non c’è quasi mai la fila indiana che ti consentiva di scegliere al decimo di secondo, i treni giusti sono rari oggi.
Immagino la tua tesi di laurea vada ben oltre quello di cui abbiamo detto, avrai proposto tu l’argomento al tuo docente, come l’ha presa?
Ho scelto come relatore Piero Quatto, mente matematica eccezionale. In lui avevo apprezzato, ai tempi in cui avevo sostenuto l’esame di Calcolo delle probabilità, la grande disponibilità nel venire incontro alle esigenze dello studente. In sostanza se c’era un docente che poteva acconsentire alla stesura di quella che a pieno titolo può essere definita una “tesi estemporanea” (per l’argomento trattato) quello era lui.
Mi sono presentato dal dottor Quatto con i “compiti già fatti a casa”, cioè con una struttura già solida del lavoro per essere convincente. Lui di atletica leggera aveva un’infarinatura minima, ma è rimasto colpito dal fatto che avevo raccolto i dati e costruito il mio database in modo autonomo, al contrario di quanto accade nella maggioranza delle tesi di laurea da cui si attinge da fonti “già pronte”.
Ha pertanto dato via libera al lavoro, dandomi dritte fondamentali su come indirizzare la tesi affinché potesse avere una “valenza statistica” per farmi laureare.
Gli sono grato perché mi ha fatto realizzare un sogno. Quando mi ero iscritto a statistica, un mio amico mi disse scherzando “Ci sarò alla tua laurea quando discuterei una tesi sui 10.000 (già all’epoca, 2011, la mia passione)”. E’ successo davvero.
*Articolo già uscito sulla rivista Correre

Molto interessante.

E complimenti ai Belluschi
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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Re: cycling decadence

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chinaski89 ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 12:54 Sui furti di bici io abito in zone molto tranquille/morte, ma negli anni di biciclette me ne hanno fregate 3. Una in un supermercato dove avevo lavorato un estate durante l'università e due direttamente dal cortiletto di mio nonno dove le tenevo per evitarmi i km di salita da lì fino a casa. Dopo l'ultima volta c'ero rimasto talmente di ehm.. sasso che per 5 o 6 anni non l'ho neanche più comprata una bella MTB come piace a me. Ora me la tengo a casa e la uso solo per boschi perchè sinceramente per strada ho paura, la "ciclovia" è una sorta di slalom gigante tra gente che corre o passeggia e se devo farmi male o peggio preferisco che sia per una cavolata mia e non frantumato da qualche macchina o ammazzando pedoni. In più così non me la fregano abitando isolato :mrgreen:

PS: sulla strada io dico così e qui non c'è poi sto traffico, a Milano ho visto gente in bici in situazioni che per me richiedono uno sprezzo del pericolo non indifferente
Occorre anche legare le bici come si deve. Per muovermi a Milano ho sempre avuto una gamma semiminima - city bike con 5/6 cambi, ma soprattutto pedali con cuscinetti a sfera e non in teflon. Se me la rubano ci rimetto poc., OK, non dà nell'occhio, e poi soprattutto le l'ego con bloster attraverso la ruota e il carro posteriore, così non c'è posto per inserire il crick, che è il metodo rapido per fare saltare il bloster. In 26 anni di bici in città non me lo hanno mai fatto saltare.
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Re: cycling decadence

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herbie ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 15:21
galliano ha scritto: giovedì 20 agosto 2020, 15:16

avevo tentato anche un esperimento di lancio del giavellotto, ma era stato ben presto vietato

ps: mi scuso con krisper per l'OT, prometto che non succederà più



per curiosità, quale arma impropria utilizzavate come giavellotto?
io avrei utilizzato un manico di scopa, ma mi sembrerebbe già un po' fuori luogo, considerata la quantità di anziani che circola nel pomeriggio in certi paesini del Trentino...
Io usavo una palina da geometra offerta gentilmente da un mio amico la cui famiglia aveva una impresa di lavori stradali..... così come una pesante boccia da “gioco delle bocce” per il lancio del peso.... :cincin:
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Road Runner »

Piccolo contributo con mio punto di vista sull'argomento.
La differenza tra me e mio figlio per come la vedo io viene fuori negli anni tra i 5 e i 15, miei verso i suoi.
Io sono cresciuto alla stato brado in un piccolo paese in Brianza, dove, senza regole, appena finiti i compiti scappavamo per i prati a correre, giocare a pallone, fare giri in bici, ecc... e questo per tre o quattro ore al giorno, e se ti sbucciavi un ginocchio non rompevi le balle sennò le prendevi anche...
Nel frattempo i prati sono spariti, il traffico è decuplicato, le mamme sono tutte impaurite e figli crescono in casa, sui pc e sulle consolle...
Michele ha iniziato a fare atletica a 12 anni, ma con cose ridicole... e guai a fare di più...
Intanto Gebreseillasie a 10 anni faceva 20 km. di corsa al giorno solo per andare a scuola.
Quando il suo allenatore è venuto a sapere che ogni tanto lo portavo a fare il giro del Colle Brianza + Lissolo, l'ha estromesso dalla squadra...
Lui ci ha messo tutto il suo impegno ma secondo me ha ancora da colmare gli anni di fine infanzia passati a fare pochino...
Però ad onor di cronaca va detto che nel frattempo due miei personali li ha battuti: la cronoscalata del Civiglio e dell'Alpe del Viceré; per gli altri ci sta lavorando !!
Poi ricordo il periodo della sua tesi di Laurea: abbiamo svuotato il solaio con tutti i risultati di cui disponevo (cartacei, ovviamente), e nel frattempo arrivavano plichi da ogni parte d'Italia da tutti i "topi" di statistica di atletica interpellati, tra cui il "sommo" Quercetani, decano della materia. E dulcis in fundos la tesi ha avuto l'onore della presentazione e prefazione del Prof. Giorgio Rondelli !!
Krisper
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Krisper »

Road Runner ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 16:30 Piccolo contributo con mio punto di vista sull'argomento.
La differenza tra me e mio figlio per come la vedo io viene fuori negli anni tra i 5 e i 15, miei verso i suoi.
Io sono cresciuto alla stato brado in un piccolo paese in Brianza, dove, senza regole, appena finiti i compiti scappavamo per i prati a correre, giocare a pallone, fare giri in bici, ecc... e questo per tre o quattro ore al giorno, e se ti sbucciavi un ginocchio non rompevi le balle sennò le prendevi anche...
Nel frattempo i prati sono spariti, il traffico è decuplicato, le mamme sono tutte impaurite e figli crescono in casa, sui pc e sulle consolle...
Michele ha iniziato a fare atletica a 12 anni, ma con cose ridicole... e guai a fare di più...
Intanto Gebreseillasie a 10 anni faceva 20 km. di corsa al giorno solo per andare a scuola.
Quando il suo allenatore è venuto a sapere che ogni tanto lo portavo a fare il giro del Colle Brianza + Lissolo, l'ha estromesso dalla squadra...
Lui ci ha messo tutto il suo impegno ma secondo me ha ancora da colmare gli anni di fine infanzia passati a fare pochino...
Però ad onor di cronaca va detto che nel frattempo due miei personali li ha battuti: la cronoscalata del Civiglio e dell'Alpe del Viceré; per gli altri ci sta lavorando !!
Poi ricordo il periodo della sua tesi di Laurea: abbiamo svuotato il solaio con tutti i risultati di cui disponevo (cartacei, ovviamente), e nel frattempo arrivavano plichi da ogni parte d'Italia da tutti i "topi" di statistica di atletica interpellati, tra cui il "sommo" Quercetani, decano della materia. E dulcis in fundos la tesi ha avuto l'onore della presentazione e prefazione del Prof. Giorgio Rondelli !!
Grazie :cincin:

La vostra esperienza è un chiaro esempio di Epigenetica.
Codici genetici simili ma con "ambiente" differente hanno risultati (fenotipi) diversi.
Solo il tempo ed il duro allenamento possono colmare la differenza.
L'espressione genica deve esser stimolata. Credo anch'io che gran parte del lavoro avvenga nell'infanzia e prima adolescenza.
Poi è dura, ma non impossibile.

Ecco perché l'indebolimento fisico non è slegato dalla "cultura" e diviene strutturale.
La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
Winter
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Winter »

Road Runner ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 16:30
Intanto Gebreseillasie a 10 anni faceva 20 km. di corsa al giorno solo per andare a scuola.
A 8 anni miguel angel lopez si alzava alle cinque del mattino carico di legna in spalla..con il padre andavano poi a venderla
Per km
Nairo quintana abita in vetta all alto de soto (3150 mt)..la prima curva in discesa verso tunja
Ogni giorno per andar al suo collegio..scendeva verso arcabuco (2700 mt) .. 16 km con l sua mtb da 15 kg
A pranzo non aveva i soldi per la mensa tornava a casa..
Alle 1430 ritornava al collegio
E alla sera tornava a casa
64 km e quasi mille metri di dislivello ogni giorno
In più con la sua bici andava a vendere la verdura
Loro hanno il senso della fatica
herbie
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da herbie »

Winter ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 20:14
Road Runner ha scritto: sabato 22 agosto 2020, 16:30
Intanto Gebreseillasie a 10 anni faceva 20 km. di corsa al giorno solo per andare a scuola.
A 8 anni miguel angel lopez si alzava alle cinque del mattino carico di legna in spalla..con il padre andavano poi a venderla
Per km
Nairo quintana abita in vetta all alto de soto (3150 mt)..la prima curva in discesa verso tunja
Ogni giorno per andar al suo collegio..scendeva verso arcabuco (2700 mt) .. 16 km con l sua mtb da 15 kg
A pranzo non aveva i soldi per la mensa tornava a casa..
Alle 1430 ritornava al collegio
E alla sera tornava a casa
64 km e quasi mille metri di dislivello ogni giorno
In più con la sua bici andava a vendere la verdura
Loro hanno il senso della fatica
in realtà oggi se fai fare questi dislivelli ad un bambino ti dicono che stai sbagliando tutto e che stai addirittura rovinando irreparabilmente il suo sviluppo muscolare.
I preparatori/ medici sportivi te lo dicono eh.. ovvero la scienza applicata allo sport.
Tanto per parlare di scienza e di quanto siano effettivamente calcolabili le variabili che entrano in gioco quando si parla del corpo umano.
Io sono totalmente d'accordo con te e con Road Runner, per altro. Quello che "rovina" lo sviluppo muscolare sono i problemi di salute e le condizioni di vita poco salubri,le poche ore di sonno, non gli sforzi di fondo e di resistenza.
Gianluca Avigo - bove

Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Gianluca Avigo - bove »

Più che di indebolimento fisico, sarebbe più corretto paralare di indebolimento mentale alla fatica. Ne parlavo con mia figlia proprio poco tempo fa. Lei ha iniziato con l'atletica 6 anni fa, e che lo si voglia o no in gara ( pista 400/600/1000 o campestri ) se sei un minimo competitivo, di fuori giri ne fai eccome. Più di una volta l'ho vista all'arrivo con la fatica disegnata in volto.

Dopo 4 anni di Atletica ha deciso di provare con il basket. Pur avendo inizialmente il gap tecnico da colmare, correva e resisteva il doppio se non oltre, rispetto alle sue compagne. Compagne che praticavano basket già da 5/6 anni e dopo 5/10 minuti di partita erano letteralmente bollite (per chi non lo sapesse le partite durano 40 minuti effettivi, vi lascio quindi immaginare i risultati ). Il motivo era evidente. 2 (due) allenamenti a settimana di 1h30 prevalentemente di tecnica e simulazione gioco, e se l'allenatore proponeva/imponeva 4 (quattro) scatti andata e ritorno, partiva il borbottio, lamentele, dolori improvvisi, giramenti di testa, crisi esistenziali.

Ora mia figlia è tornata a fare Atletica. Allenamento tipo: 3/4 km solo per il riscaldamento e poi 1h piena tra allunghi, ripetute ed esercizi di tecnica. Un'altro pianeta. È vero che non bisogna spremere sti ragazzini, ma se non si abituano mentalmente alla fatica ora, non lo faranno più o comunque sarà molto più difficile.

Non so voi ma io alla loro età ( cat esordiente 12/13 anni ) facevo la preparazione invernale per un mese e mezzo TUTTI i giorni in bici e la domenica lungo. Quando iniziava la stagione 3/4 allenamenti a settimana da 1h30 / 2h e tutte le Domeniche gara ( una trentina circa in totale ). Ovviamente poi da Allievo stesso programma ma si alzava il chilometraggio fino a 90/100 km. i
In estate dopo l'allenamento mattutino spesso nel pomeriggio andavamo a giocare infinite partite di tennis sotto il sole su un campo dismesso di cemento. La rete? Nastro da imballo. Quello marrone, proprio lui.

Mia moglie da ragazzina fino a 18 anni (nuoto agonistico) allenamenti 6 giorni la settimana. Praticamente per tutto l'anno.
cassius
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da cassius »

A prescindere dalle velleità agonistiche, fare sport e faticare è utile anche a livelli di bravura infimi.
Io da bambino ero abbastanza sovrappeso e fisicamente scarsissimo.
A un certo punto, a 13-14 anni, ho deciso che volevo darmi un giro. Ho cominciato ad andare in bici allungando sempre più la gittata, poi qualche granfondo, poi ho affiancato anche podismo.
Al di là dei risultati sul grasso corporeo, acquisire un po' di vigore fisico mi ha dato una enorme iniezione di autostima. Ero già un bravo studente ma avrei potuto rimanere uno di quei posapiano che nella vita reale raccolgono molto meno del loro voto, e invece è proprio quel vigore fisico acquisito che poi mi ha reso più grintoso nel lavoro.

Questo è il messaggio più importante che può passare lo sport, quello del rinforzare una persona non solo fisicamente. Che pure serve: non dimentichiamoci che dovremo lavorare fino a 70 anni e forse oltre, e mantenersi bene fisicamente sarà fondamentale.
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Road Runner
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Re: cycling decadence

Messaggio da leggere da Road Runner »

Sono pienamente d'accordo con gli ultimi interventi di Herbie, Avigo e Cassius. Il problema è che poi si passa per "negrieri"...
Vero poi che non si può neanche obbligare un giovane a fare fatica. Io ho anche una figlia più piccola di Michele che semplicemente mi dice
che a lei fare fatica non piace e che noi (due) siamo matti a fare ste corse!!!
Pur spiegando tutti i benefici dell'attività fisica non ne vengo a capo.
Amen, le ho solo detto infine che quando a trent'anni le si allargherà il sedere, potrebbe anche essere troppo tardi..!!
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